Ghiaccio vetrone





Anche nel nostro paese – il paese del sole – giunge prima o poi l’inverno. Inevitabilmente.

Sebbene si alternino giornate di pioggia intensa a periodi di caldo fuori stagione, l’inverno ci ricorda che esiste ancora. Non solo nei ricordi degli anziani.

Nonostante sia ormai ufficialmente sfasato dal calendario, con la sua aria gelida, la nebbia ghiacciata, il vento tagliente, le temperature abbondantemente sotto lo zero termico l’inverno ci ricorda puntualmente che è e sempre rimarrà una delle quattro stagioni; sembra quasi volerlo sottolineare ogni volta all’inizio della primavera che – già da diversi anni – ci ha abituato a colpi di coda dell’inverno ben più fredde o nevose dell’inverno stesso.

Qualche giorno fa, io imbacuccato all’inverosimile, lui fasciato da un cappotto sportivo dal taglio elegante, ne parlavo giusto con il com.te Antonino Desti.

– Che ghiacciata, stamattina! Visto che roba, command? – dicevo mentre abbassavo ulteriormente il bordo del cappello fin quasi a coprire le ciglia.

– Ghiaccio oggi? … mai quanto alla Malpensa!

– Malpensa? – Gli chiesi interlocutorio.

Quella mattina io m’ero impressionato del prato dell’aeroporto completamente bianco e dell’asfalto sdrucciolevole delle strade della mia città al centro dell’Italia … egoisticamente il pensiero non m’era certo andato  alla distesa gelata della Padana, alla famosa galaverna che imperversava sicuramente in tutte le regioni del Nord.

– Sì, una volta che atterrai a Linate …

– Ah, ecco … atterrando alla … – gli feci eco, fiducioso che mi avrebbe spiegato il perchè, il per come, quando, con chi e in mancanza di cosa gli era capitato quello che mi aveva appena accennato.

I piloti di secolare esperienza come il comandante Desti sono così: hanno una storia per ogni situazione, per ogni luogo, per ogni epoca. Beati loro! Solo che non è facile farsi spiegare, farsi raccontare o meglio: ti devi guadagnare il loro racconto mostrando loro sincero interesse altrimenti si richiudono a riccio e allora addio!

Devo confessare che, di mia natura, sono sfacciatamente curioso. Almeno per quanto riguarda le questioni aeronautiche. Mi piace apprendere spezzoni della vita aerea altrui o delle persone che, come il comandante Desti, presumo abbiano trascorso più tempo in volo che a terra. Amo immedesimarmi nelle avventure che riesco ad estorcere ai piloti militari, commerciali o sportivi che siano perchè è un po’ come vivere tante vite contemporaneamente. Mica male, eh?

Insomma drizzai tutte le antenne, accesi il registratore della memoria e pungolai il comandante affinchè mi confidasse la sua esperienza.

Quello che mi descrisse, dopo aver toccato terra sulla pista della Malpensa, mi impressionò molto più del più terrificante film horror. E sappiate con sono così facilmente impressionabile.

Le foto che gli ho poi estorto ne sono la testimonianza visiva. Incontestabile.

Anche l’articolo che gli ho sottratto minacciandolo fisicamente ne è la conferma. A quelli vi rimando e lascio a voi i commenti.

Articolo in .pdf: Ghiaccio vetrone articolo Alitalia 




Fotografie del Com.te Antonino Desti

Testo liberamente tratto dal racconto

del Com.te Antonino Desti

e scritto dalla Redazione di Voci di hangar





L’articolo pubblicato sulla rivista interna dei piloti Alitalia. Il command Desti, un poco contrito, mi confessò che nel testo è presente un imperdonabile piccolissimo refuso: l’EPR dei motori era 1,57 anzichè 1,5. Il linguaggio pilotese usato dall’autore è piuttosto  tecnico … d’altra parte l’articolo non era nient’altro che una relazione tecnica riservata ai colleghi e non a poveri “terricoli” come noi; fortunatamente le foto sono piuttosto eloquenti e non abbisognano di commenti, vero?  

Ed ecco la foto originale che è stata utilizzata nell’articolo. Il com.te Desti la scattò fortunosamente a mezzo di una macchina fotografica (all’epoca c’erano ancora solo quelle a rullino) che, da buona abitudine, portava sempre con sè in cabina. Secondo noi per ritrarre le hostess di bell’aspetto … lui dice per motivi di servizio. Bah … La sua attenzione fu richiamata dal personale di terra che – ce lo immaginiamo – potrebbe avergli urlato in dialetto linatese: “Venga, venga Comandà, venga un po’ a vedè c’ha fatto!?”  Chiaramente si trattava di personale romano in trasferta a Linate.

La disavventura occorsa al nostro comandante poteva passare inosservata? Certo che no … e infatti, alcuni anni dopo, facendone tesoro, lo scatto è stato scelto addirittura per la copertina di un libro che trattava appunto l’argomento del ghiaccio che si accumula e si può accumulare in certe condizioni particolari sugli aeromobili. Diciamoci la verità: alle nostre latitudine è probabile che nella lunga carriera di un pilota commerciale, statistiche o non statistiche,  non gli accada mai un evento del genere. Viceversa il com.te Desti può dirlo: a me è capitato e queste sono le prove incontestabili! Che la sua esperienza sia utile a tutti i piloti, commerciali e non nonchè un grazie sincero agli autori del libro per aver posto la loro attenzione a questo raro ma possibile fenomeno meteorologico 

 

L’immagine raccapricciante che è stata – e meritatamente – scelta per la copertina del libro dedicato al ghiaccio aeronautico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ruotino anteriore poteva essere risparmiato dal ghiaccio vetrone? Niente affatto … ed eccolo qui immortalato dall’occhio impietoso della fotocamera del comandante-fotografo.

In questo scatto il ghiaccio si è già sciolto per lo più: pericolo scampato! Quyalcuno sostiene che i passeggeri, resisi conto, abbiano festeggiato brindando con dell’ottimo spumante italiano. Per rinfrescare le borttiglie indovinate un po’ dove hanno preso il ghiaccio?

Una vita per l’aviazione

titolo: Una vita per l’aviazione – Ricordi di un costruttore di aeroplani

autore: Giuseppe Gabrielli

editore: Bompiani

anno di pubblicazione: 1982

ISBN: non presente




 

Nella storia delle costruzioni aeronautiche del nostro paese si annoverano numerosi nomi di progettisti eccellenti, geniali o addirittura visionari ma solo alcuni di loro possono ritenersi “completi” sotto tutti i punti di vista. Inutile ricordarlo: progettare un velivolo richiede immaginazione, perizia, intuizione e, di base, competenze specifiche; costruire davvero e commercializzare con grande successo (di vendite) le macchine volanti che si sono ideate è invece appannaggio di ben pochi ingegneri. E allora, senza nulla togliere agli altri, sono davvero pochi i nomi di progettisti che ci vengono in mente. Tra loro c’è sicuramente Giuseppe Gabrielli.

Egli unì alle sue indubbie doti ingegneristiche anche una spiccata attitudine all’insegnamento universitario nonché innate capacità di gestione aziendale e, non ultimo, fu personalità di respiro internazionale giacché avviò, già in età giovanile, rapporti con suo omologhi stranieri, mantenuti peraltro nel corso di tutta la sua lunga vita professionale.

Il risguardo interno sinistro del libro autobiografico di Gabrielli

Giuseppe Gabrielli, classe 1903 siciliano di Caltanissetta ma torinese di adozione, fu indubbiamente l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto. Per posto giusto intendiamo Torino e la Fiat mentre al momento giusto ci riferiamo al periodo di grande sviluppo delle costruzioni aeronautiche che avvenne ante e durante la II Guerra Mondiale.

Egli conobbe grandi personaggi della storia dell’aviazione, dell’industria aeronautica nazionale e non solo, oltre che del mondo accademico divenendone meritatamente a sua volta membro illustre.

Il risguardo interno destro di “Una vita dedicata all’aviazione”

A lui vengono accreditati ben 142 progetti di velivoli sebbene la sua matita da disegno abbia contraddistinto la sua ultima creazione con il numero progressivo 222. Alcuni di questi realizzati in grandi numeri, altri giunti a una produzione in piccola serie, altri ancora allestiti solo allo stadio di prototipo e, in alcuni casi, rimasti allo stadio embrionale di progetto. La storia statistica ci enumera poi anche trenta brevetti e circa duecentocinquanta pubblicazioni scientifiche. La sua attività iniziò nel 1927 e terminò a metà degli anni ’80 … in definitiva un’intera vita per l’aviazione.

Il titolo di questo libro a carattere autobiografico non poteva essere dunque più pertinente. Gabrielli lo pubblicò nel settembre 1982 quasi ottantenne.

Ci consente di attingere alla viva memoria dell’autore e rivivere assieme alla lui i numerosi episodi della sua carriera professionale e, inevitabilmente, della sua vita. L’arco temporale è quello che va dal 1925, anno del conseguimento della laurea in ingegneria meccanica presso il Politecnico di Torino, fino al 1982, data in cui avvenne il suo rientro in FIAT per volere dell’allora amministratore delegato Cesare Romiti che lo volle fortissimamente quale presidente della FIAT Aviazione dopo un allontanamento durato tredici anni.

Un’altro ottimo progetto dell’ingegner Gabrielli fu il FIAT G-46 qui ritratto presso il Museo Storico dell’AMI a Vigna di Valle. Da notare la linea filante e il carrello retrattile tipico di un caccia. Foto scattata da Rebus Belli nel 2015 e disponibile a link: https://www.flickr.com/photos/131974570@N05/26499916752/. 

In questo volume ritroveremo perciò la fitta galleria di progetti e personaggi che hanno fatto la storia delle costruzioni aeronautiche italiane ma anche francese, tedesche e statunitensi, incontreremo capitani d’industria, piloti collaudatori e presidenti della repubblica, Lydia (la compagna della sua vita), gli operai della Fiat e illustrissimi colleghi di lavoro come Celestino Rosatelli o il diretto antagonista, al secolo l’ingegner Alessandro Marchetti. E questo solo per citarne alcuni.

Il progetto del G-46 riprendeva la logica dei caccia FIAT della II Guerra Mondiale: agile e maneggevole. Fu prodotto tra il 1948 ed il 1952 nella versione monoposto e biposto addestratore. Fu il primo velivolo della FIAT dopo la fine del conflitto e – tutto sommato – ottenne un buon successo commerciale giacchè fu acquistato dalle forze armate aeree di Italia, Austria, Argentina e Siria. Già nel 1959 fu dismesso dall’AMI e dunque ceduto agli Aeroclub italiani che lo utilizzarono per diversi anni tanto che gli esemplari oggi volanti riportano spesso le matricole militari e quelle civili dell’epoca (generalmente I-AE??). Foto disponibile al link: https://www.flickr.com/photos/131974570@N05/26592528965/in/photostream/. Quello ritratto è sempre l’esemplare presente all’interno del Museo storico dell’AMI. Da notare sullo sfondo, appena dietro le luminosissime pareti vetrate dell’hangar, il lago di Bracciano sulle cui rive sorge il museo. Ad oggi volano in Italia diversi G-46 restaurati, alcuni secondo le livree originali, altri oggetto di fantasie cromatiche di dubbio gusto e sicuramente di nessuna veridicità storica.

In effetti leggere un’autobiografia è il pretesto per il lettore di rivivere da un punto di vista previlegiato – quello del biografo, appunto – non solo un’esistenza intensa ma anche e soprattutto un’epoca che non c’è più o che non gli è propria per ovvi motivi anagrafici. E Gabrielli ci riesce perfettamente benché – occorre ricordarlo – si tratti di una persona scolarizzata nientemeno che nel primo decennio del ‘900. Certo, stiamo parlando di un famoso docente universitario avvezzo alla scrittura sebbene mirata alla stesura di relazioni a carattere tecnico e non necessariamente incline alla cronaca storica in forma narrativa; invece Gabrielli riesce ad appassionare il lettore, a coinvolgerlo nelle sue intuizioni creative, a farlo palpitare come egli stesso palpitò in occasione dei voli di collaudo o degli incidenti di volo che pure capitarono ai velivoli frutto della sua inventiva. Ci sono poi le grandi soddisfazioni professionali come la progettazione e realizzazione del S.55 metallico che dimostrò inequivocabilmente la bontà delle costruzioni in metallo anziché in legno o del G-91, vincitore di un concorso internazionale che sancì il successo della FIAT Aviazione e del suo progettista per antonomasia.

Dunque un libro che si legge rapidamente salvo qualche interruzione fisiologica, giusto per andare a sbirciare le numerose foto disposte in due blocchi all’interno del volume. Originali dell’epoca, rigorosamente in bianco e nero, esse visualizzano le macchine volanti o i personaggi evocati nel corso della narrazione. A loro si aggiungono pregevoli disegni a supporto del testo.

Prezioso poi l’elenco dettagliatissimo che si trova in coda al libro e che riporta tutta la produzione di velivoli dell’autore. Utilissimo anche l’indice dei nomi (meglio personalità) che si trovano seminati sempre all’interno del volume.

Il G91 è probabilmente il progetto meglio riuscito di Gabrielli. E ha costituito anche il velivolo della rinascita dell’industria aeronautica del nostro paese. I dati storici-statici ci riportano il ragguardevole numero di 756 esemplari nelle sue varie versioni, prototipi e preserie. Fu utilizzato principalmente dalle forze aeree italiane, tedesche e portoghesi sebbene effettuò valutazioni negli Stati Uniti (che non ebbero seguito) mentre i francesi – neanche a dirlo – gli preferirono prodotti nazionali. Quello qui ritratto era un G-91 nella versione “R” in forza al 2° Stormo immortalato nel piazzale dell’aeroporto  Pisa San Giusto nel 1981. La foto fu scattata da Pentakrom ed è disponibile all’indirizzo:  https://www.flickr.com/photos/59455242@N07/7351166842/. Ovviamente un esemplare è conservato al Museo storico dell’AMI di Vigna di Valle, presso il museo Volandia e in numerose altre città italiane come “gate guardian” o al centro di rotatorie stradali. Uno è dislocato anche a Caltanissetta, la cittò del suo padre ingegneristico.

Intendiamoci: non tratta di un libro di memorie fine a sé stesse, né l’occasione di togliersi sassolini dalla scarpa; non troverete svelati i grandi segreti industriali della FIAT o le confessioni di una matita geniale semmai, pagina dopo pagina, avrete occasione di essere partecipi di una lunga catena di ricordi ordinatamente disposti ed esposti come solo un vero ingegnere saprebbe fare ossia con sintesi, senza lasciarsi andare a inutili romanticismi. D’altra parte il sottotitolo del libro è appunto: “Ricordi di un costruttore di aeromobili”

La copertina del libro (disegnata da certo Giovanni Mulazzani) riprende le classiche copertine dei libri per ragazzi che venivano pubblicate una volta in collane specifiche e dunque lascia inizialmente interdetti; idem per la IV di copertina che, anziché riportare le canoniche note biografiche dell’autore o una brevissima sinossi del libro, mostra i cinque velivoli forse di maggior successo dell’ing Gabrielli.  O forse cui teneva di più. Disegnati impeccabilmente a colori, per carità, ma pur sempre viste laterali. Fortunatamente i risguardi interni della sovracopertina sono prodighi di numerose anticipazioni per l’eventuale lettore/acquirente. Sono stati curati da certo Giancarlo Masini cui si ascrive anche l’opera di editing del volume.

 

La forma e l’architettura generale del G-91 ricorda moltissimo il North American F-86 Sabre che la FIAT produceva all’epoca su licenza. In effetti il G91 è ben più piccolo e leggero del F-86 tanto che – non a caso – gli fu affibbiato il nomignolo “piccolo Sabre”. I piloti tedeschi gli attribuirono invece il nome affettuoso di “Gina”. Quando il velivolo fu presentato al concorso internazionale indetto dalla NATO per la scelta di una nuova macchina d’attacco e appoggio tattico il G91 vinse facile in quanto rispose brillantemente ai tutti requisiti stabiliti. Anche se Gabrielli si era liberamente ispirato al Sabre statunitense – è vero – egli aveva creato un velivolo quasi perfetto ben migliore del suo padre putativo. Il velivolo volò la prima volta il 9 agosto 1956 all’aeroporto di Torino-Caselle alla presenza dello stesso Gabrielli. In cabina di pilotaggio sedeva il collaudatore Riccardo Bignamini. Ne verranno costruite le versioni R,T, Y e tra queste anche la PAN, ossia quella opportunamente modificata allo scopo e adottata dalla nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale. Proprio di questa versione riportiamo un’immagine artistica scattata nel 2014 presente nella pagina: https://www.flickr.com/photos/128921789@N04/16124473740/ ad opera del sig Urbano Ubertino. Ovviamente non si tratta di un velivolo volante bensì dell’esemplare esposto in mostra statica a Caselle, all’ingresso del paese. I G91 dell’AMI rimasero in servizio operativo fino al 1993. Non male per un progetto nato per scommessa.

Un’ultima nota a carattere editoriale: prefazione di Gianni Agnelli. Ecco, Gianni Agnelli è l’unica personalità illustre nei confronti del quale, praticamente nelle ultime pagine, l’autore svela un sottile accenno di risentimento. Motivo? Perché Gianni, il famoso “avvocato” con l’orologio sopra il polsino, a partire dal suo insediamento, avviò in FIAT un processo di rinnovamento che comportò la rimozione di Gabrielli da capo dello studio di progettazione e la proposta di ricoprire il ruolo pressoché simbolico di “sovrintendente” della FIAT Aviazione. Proposta rifiutata da Gabrielli. Ebbene, il nostro ingegnere addebita al rampollo della famiglia Agnelli la responsabilità di non aver fatto nulla affinché ciò non accadesse o comunque di non avergli comunicato in modo diretto e schietto la sua decisione. Ricordiamolo: stiamo parlando di un Gabrielli che tanto aveva dato alla FIAT e in particolare alla persona di Giovanni Agnelli, nonno di Gianni. E invece apprendiamo che l’ingegnere verrà interpellato dell’Ufficio del personale alla stregua di un qualsiasi operaio. Da qui il rammarico dell’autore. Che comprendiamo e condividiamo.

Dal punto di vista tipografico, il libro è davvero ineccepibile: carta di ottima qualità (grammatura generosa e opaca bianca), rilegatura prestigiosa (in brossura cucita) margini abbondanti, testo formattato in modo impeccabile con caratteri di dimensioni medio-piccoli, testo sillabato e indice del contenuto di ciascun capitolo. In definitiva un volume curatissimo in tutti i dettagli come solo un grande editore (Bompiani) saprebbe fare.

La retrocopertina del libro dell’ingegner Giuseppe Gabrielli con un quintetto di suo progetti. Forse quelli cui teneva di più?

L’acquisto di questo volume, disponibile facilmente nel mercato dell’usato, non può essere casuale ed è appannaggio di un lettore di nicchia, ossia orientato verso il mondo industriale aeronautico.

Chi vi scrive vide per la prima volta quella copertina e lesse la recensione del volume nelle pagine di una famosa rivista aeronautica che ha interrotto la pubblicazione ormai da anni. All’epoca, giovane studente con una limitatissima “paghetta” settimanale già spesa per acquistare la rivista in questione e le dispense di una celebre enciclopedia di aviazione, non potei neanche avvicinarmi alla libreria. Anche perché il prezzo di copertina era davvero notevole. Oggi l’ho finalmente acquistato usato sebbene allo stesso prezzo (ma in euro, sigh!) sull’onda della curiosità di conoscere il racconto dell’autore a proposito di un illustre collega di lavoro, come già anticipato, quale Celestino Rosatelli.

Breve inciso: Giovanni Agnelli, allora a capo della FIAT, volle con fermezza che Gabrielli entrasse nella sua azienda. La stessa fermezza con cui, anni prima, aveva voluto Celestino Rosatelli. Con la differenza che la FIAT aveva già un capo progettista: Rosatelli appunto. Ebbene Agnelli creò un ufficio progettazione parallelo e indipendente da quello di Rosatelli. Così, benché a capo di due uffici distinti, i due geniali ingegneri si trovarono da subito faccia a faccia. Scintille? Niente affatto. Così racconta Gabrielli il rapporto con il collega Celestino:

“Il mio ingresso, a parità di grado, non dovette certo fargli piacere; ma la limpidezza del suo animo non gli consentì né invidia né rancore verso il giovanissimo collega che veniva ad affiancarlo in un campo che l’aveva visto per molti anni incontrastato padrone”

Nonostante tutte le sue frequentazioni internazionali che possono farlo apparire erroneamente come un esterofilo convinto, Giuseppe Gabrielli fu un ingegnere che tenne alto il nome dell’ingegneria aeronautica italiana. Lo vogliamo onorare con un grande tricolore creato in aria dai suoi G-222 in volo con formazione a tre. L’immagine scattata a Pisa-San Giusto nel settembre 1995, a detta dell’autore, Zombo78, è stata rpresa da scansione da stampa (https://www.flickr.com/photos/zombo78/2316497313/)

In verità, così come per altri personaggi illustri, l’autore non è poi così prodigo di ricordi a beneficio di Rosatelli, pur dedicandogli un intero capitolo. Ad ogni modo chiunque leggerà questo libro rimarrà colpito dalla delicatezza con cui Gabrielli racconta di un anziano e affaticato Giovanni Agnelli in visita al suo Celestino. Ed è con queste poche righe che vogliamo concludere la nostra recensione:

“[…] quando apprese della morte improvvisa di Celestino Rosatelli, avvenuta il 23 settembre 1945, mi pregò di accompagnarlo per dargli un estremo saluto. Rosatelli abitava in una casa di via Massena al terzo piano. Quando vi giungemmo mi accorsi che l’ascensore non funzionava. Volevo convincere il senatore a rinunciare alla visita, ma egli rifiutò e appoggiato al mio braccio fece lentamente i tre piani di scale. Volle baciare la salma, disse alcune parole di conforto ai familiari e uscì sempre in mia compagnia.

Dopo qualche settimana Giovanni Agnelli si mise a letto e non fu più in grado di alzarsi. […] Dopo pochi giorni spirò. Era il 15 dicembre 1945.”





Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR