Ci siamo.
Sta avvenendo tutto esattamente come avevo previsto.
La decisione l’avevo maturata già da qualche mese. Non avrei potuto sopportare che tutto potesse finire in modo diverso.
Avevo sognato fin da bambino di percorrere la strada che avrei intrapreso. Ogni Natale e ogni compleanno erano per me una festa soltanto se i miei genitori mi regalavano un aereoplanino.
Quando qualche anno fa me ne sono andato a vivere da solo, ho portato con me soltanto tutti i modellini, lasciando nella mia vecchia camera gli altri regali che avevo ricevuto con gli anni.
Regali che mi avevano sempre lasciato contrariato quando, per una qualsiasi ragione, li avevo ricevuti in sostituzione del nuovo modello che avevo desiderato. Fino ai dieci anni avevo sempre dato in escandescenze. Il più delle volte distruggendoli. Dopo, in quelle due o tre volte che è capitato, sono riuscito a reprimere il furore, mi sono limitato a ringraziare formalmente e prendendo spunto dal doverli riporre mi chiudevo nella mia camera senza più uscirne fino al giorno successivo.
Hai voglia per mio padre a bussare alla porta pregandomi di aprire perché partecipassi alla festa. Una volta ha anche tentato di buttarla giù, la porta, ma io non ho mai ceduto, rinunciando anche a quei dolci e a quella torta al cioccolato che mia madre preparava e che mi piacevano tanto.
Ciao mamma! Ti voglio bene.
Quando ho detto alla mia ragazza che sarei diventato famoso, in verità non sapevo ancora neanch’io in che modo.
Ero riuscito, è vero, a ottenere ciò che volevo: il brevetto da pilota. Ma pilotando non si diventa famosi. A meno che…
E’ vero anche che avevo nascosto le tremende depressioni a cui ero soggetto e la conquista del brevetto era frutto della mia abilità a pilotare, certamente, ma anche a dissimulare i miei malesseri.
Che sensazioni meravigliose quando ai miei esordi in cielo mi misi ai comandi dell’aliante! Silenzio assoluto rotto soltanto dal fruscio dell’aria sulla fusoliera. Mi pareva di essere il nuovo Icaro. Io, ali e sole. Viti al posto della cera, però.
La cera invece si sta sciogliendo, ora. La cera del mio cervello. Perché l’ho voluto io, d’accordo con quell’altro che mi parla nel cervello quando sono solo e depresso. O no?
Ogni tanto, quando la depressione non se ne andava neanche con il Lorazepam, sentivo la voce di quell’altro che mi incitava a fare un gesto, un gesto per cui sarei diventato famoso. L’hai promesso alla tua ragazza!
Un sacco di giovani in tante parti del mondo fanno gesti irreversibili e disastrosi. Ma chi ricorda il loro nome per più di cinque minuti? Di certuni non lo si sa nemmeno, come quello di quei ragazzini che si lasciano esplodere in un mercato. Credono davvero che li aspettano 100 vergini nel paradiso? O sono 1000? Boh!
E poi che fatica con tutte quelle vergini!
Non credo a queste ricompense. Ma veramente non credo a nulla, se non alla grandezza di ciò che sto facendo. State pur certi che non sarò dimenticato.
Porca miseria! Il fumo che avevo nella testa ero riuscito a nasconderlo bene, anche perché ho sempre contato sulla superficialità dei controlli ufficiali. I miei medici privati sono tenuti al riserbo e quindi non hanno mai detto niente. Che coglioni!
Ma quando mi hanno diagnosticato i problemi alla vista non ci ho visto più. Ahahah! che bel gioco di parole. Sono stato sempre bravo a farli e questo è perfetto.
Dicevo che tutto è nato da quella diagnosi. La depressione sapevo come nasconderla, ma i disturbi agli occhi non sarebbero passati inosservati alla visita che avrei dovuto fare con i medici della Compagnia. E quindi via brevetto, fine dei voli come pilota, anonimato e nulla più.
E allora mi sono deciso: avrei fatto il “gesto”, così la mia ragazza sarebbe stata orgogliosa di me.
Ho avuto un gran culo quando sono riuscito a sciogliere il Lasix nel caffè del primo pilota. Se non ci fossi riuscito avrei dovuto sopraffarlo, ma non ero certo di riuscirci. E così è andato tutto liscio.
Appena è uscito mi sono barricato dentro la cabina, ho scollegato tutti i contatti con i controllori di volo e finalmente ho innestato il comando per l’atterraggio. Non sarebbe stato un atterraggio morbido!
Eravamo a dieci minuti delle Alpi francesi.
Mi direte: ma non hai pensato a tutti quei passeggeri. Loro non avrebbero voluto che finisse così! Ci sono un sacco di ragazzi di ritorno da una vacanza! Cazzo! Non ci hai pensato?
Beh si, quando li ho visti salire allegri e spensierati, per un momento ci ho pensato. Ma non c’era più tempo per i ripensamenti e poi più orrore avessi provocato più indelebile sarebbe stato il mio nome. Era questo che volevo, no? E questo sta per succedere.
Appena dato il comando per l’anomalo atterraggio mi sono tolto la cuffia collegata alla radio e mi sono messo i miei auricolari e ora sto ascoltando a pieno volume Jimi Hendrix in una versione speciale di Little Wing. Dura più di nove minuti, più di quanto servirà per troncarla prima della fine.
Già Jimi Hendrix! Anche lui come me uno del club dei 27. Avrei potuto ascoltare The End di Jim Morrison (anche lui del Club), sarebbe stato più attinente alla situazione, ma Jimi Hendrix fa più casino e mi copre le urla dei passeggeri che sicuramente saranno già iniziate. Sento soltanto qualche colpo sordo alla porta come quelli di mio padre.
Papà è inutile che bussi, non apro!
Ecco le montagne.
Mi viene da ridere perché ho in mente la scena del Dottor Stranamore in cui il comandante dell’unico aereo rimasto in missione si immola cavalcando la Bomba. Che buffo con quel cappello da cowboy!
Ci siamo.
Chiudo gli occhi e: tre, due, uno.
Bum!
Signore, signore! Si ricorda come si chiamava quel secondo pilota che l’anno scorso ha provocato quel disastro aereo sulle Alpi Francesi?
Boh! Era tedesco, mi pare, ma il nome proprio non lo ricordo!
Non è servito neanche a questo.
§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§
# proprietà letteraria riservata #
Alessandro Berardelli |
Non è facile narrare in poche pagine la follia, il cinismo e la fredda lucidità che hanno caratterizzato il tragico epilogo del volo della Germanwings.
Come non deve essere stato facile per l’Autore immedesimarsi nel protagonista.
Ma Alessandro Berardelli è ben riuscito nell’intento, con una narrazione fluida e ordinata, che cattura il lettore e lo invita a riflettere.
Un dramma nel dramma, raccontato con apparente leggerezza.
Il dramma per la morte di tante persone, di giovani ragazzi, e il dramma di una persona malata.
Assolutamente un bel racconto, che meritava un posto nell’antologia.
La pubblicazione in “Voci di hangar” ci permette di parlarne … complimenti Alessandro
Agghiacciante, è l'unica parola di commento che mi viene in mente.
Certo, se avessi fatto parte delle giuria, avrei votato per farlo inserire nell'antologia ma, siamo tutti consci che, quando voliamo siamo appesi a un filo .... e questa lucida tragedia della follia forse, avrebbe gelato il sangue a più d'uno.
Comunque, complimenti all'autore!