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Intervista ad Arianna Bettin





Il suo racconto “L’uomo delle mongolfiere” non è il vincitore della XII edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE.

E non è neanche tra i venti racconti finalisti che troveremo all’interno dell’antologia del Premio.

Eppure … ci ha colpito per sua semplicità geniale, ci ha così piacevolmente ammaliato per la sua capacità evocativa che … è stato più forte di noi: abbiamo commissionato al nostro servizio d’intelligence di sequestrare la sua autrice per interrogarla a fondo, anzi nel profondo fondo!

Questo è il verbale del suo interrogatorio.


Bettin Arianna, lei è davvero l’autrice del racconto “L’uomo delle mongolfiere”? Confessi!

Lo confesso

Anzitutto si presenti. Si guardi allo specchio e si descriva. Prima di truccarsi, s’intende.

La scrittrice a New York, precisamente nel quartiere chiamato “Dumbo”. Ci ha confessatro che: “In un quartiere con questo nome ci si può presentare solo vestiti a tema cartoon/fumetti, no?” Ha poi aggiunto: “Questa in particolare era la mia settima volta a New York: continuo ad andarci sperando di incontrare le Tartarughe Ninja ma finora non ho avuto successo.” Facciamo il tifo per lei!

In realtà mi trucco poco perché sono bellissima (e modesta) già così … 😆

Occhi scuri, capelli scuri, carnagione che non ha niente a che vedere con la nobiltà ottocentesca. In base alla parte del mondo in cui mi trovo vengo apostrofata come mediorientale, portoricana o brasiliana. Un cucciolo meticcio, insomma …

La sua biografia è un po’ anoressica. Un tentativo di depistaggio, è chiaro! Cominciamo dal cognome … l’intelligence ci dice essere tipicamente siculo, mentre il nome certifica che non perde mai il filo. E’ così?

Mi hai scoperta! Ebbene, sono veneta. Con una spruzzata di croato, narra la leggenda. E confermo che non perdo mai il filo…

Preferisco che siano i miei personaggi e la mia storia a parlare per me. E’ innegabile che nelle nostre parole mettiamo sempre una parte di noi, e io sono sempre molto presente tra le righe.

Non si chiede mai l’età a una gentildonna ma, giusto per non passare da pedofili, ella è maggiorenne?

Sembra che io dimostri una decina d’anni in meno. Non dirò altro se non in presenza del mio avvocato.

Bene, abbiamo appurato che è lei è nata negli anni ’80. Ora le chiedo: a parte la sua persona, cosa resterà degli anni ’80? Non può rispondere Raf!?

Nulla, mi auguro, per quanto riguarda la moda. Io ero piccola – ovviamente – ma la ricordo e ne sento parlare come una decade di spensieratezza. Sarebbe bello rimanesse un po’ di leggerezza, come con le mongolfiere.

Ah, guarda caso il suo racconto s’intitola “L’uomo delle mongolfiere” … ma “l’uomo del cuore” l’ha già incontrato? Se sì, in quale negozio? Lo chiediamo per aggiungerlo al verbale …

Se l’ho incontrato ero probabilmente distratta a fare altro.

Ha 40 parole per fare la sintesi del tuo racconto. Non bari perché le conto! E non sia reticente …

E questa chi è? Non sia reticente! “Veramente … sarei io a nove anni, a cavallo: la mia grande passione da sempre. Quando mi si chiedeva cosa avrei fatto da grande rispondevo: sarò la prima donna a correre il Palio di Siena. Ovviamente non è mai successo, e ho anche riconsiderato il Palio nel corso degli anni. Ma l’amore per i cavali è rimasto inalterato nel tempo. Tanto che la foto in basso mi ritrae in Trentino, mentre mi cimento con la monta western scoprendo che non fa per me, e cerco di convincere Django (il cavallo) che, per quanto sia avvezza ai voli dalla sella, preferirei mantenere la mia carriera nel pre agonismo … pertanto non è necessario volare anche nel burrone.”

Arianna Bettin e il cavalloUn negozio, un vecchio artigiano e una giovane ragazza. Quella che sembra una normale transazione diventa una lezione di vita. Perché la meraviglia si nasconde nelle cose più piccole, e ogni incontro ci permette di crescere, se solo lo vogliamo.

Ora la sottoporrò a un test.

Deve raggiungere il Giappone. Ha quattro possibili soluzioni. Ci va utilizzando:

1) La mongolfiera del “Giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne

2) Il pedalò del “Bagno 31” di Rimini

3) Il teletrasporto dell’astronave Enterprise

4) Lo SVA-5 di Ferrarin appena restaurato.

Ah, breve nota a margine: Ferrarin non era il figlio minore di Enzo Ferrari.

Scelgo la #3 senza esitazione. In effetti continuo a chiedermi perché il teletrasporto non sia stato ancora inventato …

Va bene … la nostra intelligence ha scoperto che il negozio in cui si svolge il suo racconto esiste davvero … c’è mai stata? Si ricorda quanto costa una mongolfiera? E non menta al ribasso!

Ho scoperto dell’esistenza di questo negozio grazie a voi. La mia storia nasce dall’incontro ad una fiera dell’artigianato con il signor Roberto Fiorin, un paio di anni fa. Il signor Roberto non è vecchio quanto l’artigiano del mio racconto, ma come lui possiede un’immensa saggezza e una fiducia smisurata nei confronti del prossimo. E’ una di quelle persone con cui condividi pochi minuti della vita, ma te le porti dietro per sempre. E magari le catapulti in un racconto.

Arianna Bettin giapponese
Bettin Arianna, ma è proprio sicura che questa fosse lei? “Certo che sono io! Qui faccio cosplay, vestita da Miko giapponese.” Continuiamo a non capire: Ci spieghi. “Ho cominicato con il cosplay solo negli ultimi anni, nonostante il Giappone e la sua cultura siano da sempre uno dei miei grandi amori. Nella foto in questione mi diletto nel cosplay di Kikyo, una sacerdotessa dell’epoca Sengoku, coprotagonista di un manga che per quanto mi riguarda è il più bello di sempre, in quanto al suo interno racchiude tutte le cose importanti della vita: l’accettazione di sé, l’amore, l’odio, il rimorso, la crescita, il perdono, la comprensione dell’altro e del diverso, l’amicizia, il destino, l’andare contro al destino, le scelte che cambiano tutto, l’egoismo e l’altruismo, la brama di potere… tutto e molto altro condensato in una storia profonda e a tratti demenziale. Il manga in questione è Inuyash”. Tutto chiaro. Allora lo mettiamo a verbale!

Ah, quindi ammette la tresca con l’artigiano!? Apriremo un nuovo filone d’indagine … ma intanto risponda a questa domanda: la maggior parte delle donne sono convinte che gli uomini siano dei palloni gonfiati. Si è ispirata a questa certezza per la stesura del racconto?

Non direi. Ma è indubbio che nel mio racconto è la ragazza ad avere i “palloni”.

Domanda a bruciapelo: il generale Umberto Nobile le telefona e le propone di fargli da interprete durante una missione al Polo Nord a bordo del dirigibile Italia. Accetta?

Ho la valigia pronta!

Ci dica la verità: ha mai volato in mongolfiera? E a bordo delle lanterne?

Il volo in mongolfiera è sulla mia lista delle cose da fare. Non ho mai volato sulle lanterne, però mi sono lanciata con il paracadute e faccio moltissimi voli pindarici. Ultimamente il volo a cui mi dedico maggiormente è quello da cavalli in corsa. E non è mai volontario.

Uhmmm, risposta ambigua. Ne terremo conto!

Ci spieghi almeno questo: nelle mongolfiere l’abitacolo si chiama “cesta” … a salirci a bordo non si sente un po’ un serpente a sonagli? Ma soprattutto se qualcuno suonasse lo zufolo riuscirebbe a fare le movenze del rettile?

Ah… quindi sono l’unica che associa la parola “cesta” al picnic, alla raccolta dei funghi, e più in generale al cibo?

Non faccia la sciocca: non ce la racconta giusta! E allora si becca ancora un test.

E’ a casa e ti citofonano i fratelli Montgolfier. Le chiedono di collaudare la loro ultima invenzione. Risponde loro:

1) Non sono la zavorra di nessuno

2) Telefonate a Laika

3) Ingaggiate una pecora, un’oca e un gallo4

4) La vostra palla di carta non volerà mai

Sceglierei la risposta #1, anche se devo ammettere che la #3 li potrebbe aiutare nell’impresa.

Altra domanda a bruciapelo: nella vita quotidiana si sente più mongolfiera o più aeroplano?

Mi sento più il Pony 10 delle Frecce Tricolori: sempre un po’ dentro, sempre un po’ fuori …

“… confesso: qui ero al salone del libro di Torino dove sono stata invitata alla premiazione del primo concorso letterario a cui o partecipato. In quel caso sono arrivata in finale e il mio racconto è stato pubblicato in un’antologia. E già che c’ero ne ho approfittato per abituarmi all’idea che prima o poi sarò una dei grandi protagonisti del Salone 😆”. Sia messo a verbale: ogni riferimento a cose, persone e Premi letterari è puramente casuale

Ha dichiarato che adora i congiuntivi … solo perché hai discusso con i gerundi? Solo perché non crede nel futuro prossimo?

I congiuntivi sono gli eterni incompresi e bullizzati: mi fanno tenerezza.

Seeeee, vabbè …

Nel suo racconto ripeti più volte l’espressione di ”il ragazzo e tutto il resto” … scusi, ma cosa pensa che ci sia dentro a un ragazzo? E cos’è per lei “tutto il resto”? Ha problema con gli spiccioli?

Ahahahah! Ammetto che non amo i contanti.

Quando scrivo parto con un’idea, ma poi la storia prende vita e va dove vuole lei. Un po’ come le mongolfiere. Non so come sia nato il personaggio del ragazzo. Ad un certo punto me lo sono ritrovato lì, a contorno della protagonista.

Ah, dunque lei ammette che considera gli uomini come “un contorno” … e le donne sarebbero il primo piatto, eh?

Veramente …

Ok, non vogliamo entrare in questa storia torbida: lei, la protagonista, il ragazzo.

Risponda a un altro test.

L’intelligence ci dice che lei è amante dei viaggi. Stavolta deve raggiungere gli Stati Uniti. Ha sempre quattro possibili soluzioni di viaggio:

1) Il Titanic

2) L’Hindenburg

3) Lo Spirit of Saint Louis

4) Il Nautilus del Capitano Nemo

Cosa preferisce?

#5, Delta Airlines. Grazie.

Eh no, Bettin Arianna. La quinta risposta non è contemplata. Lei sta deliberatamente fuorviando le indagini. Faccia attenzione … riprendiamo l’interrogatorio.

Arianna Bettin a Osaka
Ricapitolando: lei è amante del Giappone e questa foto dovrebbe dimostralo? “Esatto! La vede? … beh, qui sono a Osaka che cerco di capirci qualcosa: è lì che ho capito che avrei dovuto fare qualcosa in merito alla mia conoscenza del giapponese. Alla fine sono riuscita a tornare a casa viva, con la grande consapevolezza che l’inglese non ti salva sempre e comunque 😇”

Il volo delle mongolfiere simboleggia un’esistenza vissuta a ritmi lenti ma anche in balia degli eventi. I suoi trisavoli erano di origini napoletane o messicane?

Arianna Bettin Appunti
E questi, ci vuol dare a intendere che dovrebbero essere appunti di giapponese? “E’ tutto vero, lo giuro. Visto che la vita non è abbastanza complicata ho deciso di complicarla ulteriormente frequentando dei corsi di lingua giapponese. La mia conoscenza della lingua è mooooolto limitata, ma ho imparato tantissimo sulla cultura e le tradizioni, che inevitabilmente sono legate a doppio filo alla lingua.” Ma perchè, l’italiano non le basta? 

Non che io sappia. Ma non mi illudo di sapere tutto.

Ancora reticente … va bene, tanto la sua posizione criminale si sta delinenado chiaramente. Le farò un ultimo test.

E’ a bordo di una mongolfiera assieme al segretario e ai giurati/giurate del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE. Improvvisamente una fortissima discendenza rischia di farvi precipitare. Per alleggerire la mongolfiera chi butti di sotto?

1) Il Segretario (è davvero pesante!)

2) Tutti i giurati/giurate(perché non l’hanno premiata)

3) Si lancia fuori. Col paracadute.

4) Attiva il bruciatore a tutta fiamma, a costo di mandare a fuoco tutti

La risposta giusta è la #3. Un po’ per l’adrenalina del momento, un po’ perché ho molto altro da scrivere. Mentre sono in caduta libera urlo: “Lasciatevi portare dal ventooooooooo”

Basta! Non ne posso più … se ne vada! Ma non lasci il paese. Sappia che la terremo d’occhio e che, sulla base delle sue ammissioni, dovrà sicuramente riapparire davanti alla giuria della XIII edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE.

Tempo marzo 2025 dovrà di nuovo testimoniare le sue doti narrative, intesi?

Intesi. 😆

Ah, un’ultima informazione: come si chiamava l’artigiano che crea le mongolfiere in terracotta dipinta? Fio …

Fiorin, si chiama Roberto Fiorin!

Ho capito! E mica dobbiamo fargli la pubblicità!? Roberto Fiorin. Vada, vada. E’ ancora qui? Vada dai suoi manga, vada!



§§§§

Intervista a cura del Segretario del Premio, didascalie sempre del Segretario (ma non ha altro da fare?).

In esclusiva per VOCI DI HANGAR

L’uomo delle mongolfiere


In Abruzzo c’è una festa, il 16 agosto, a Vasto; è la festa delle lanterne, migliaia di lanterne bianche costituite da una leggera sacca di carta che avvolge la fiammella vengono lanciate vero il cielo attorno alla mezzanotte, tutte insieme, creando una danza incantevole e suggestiva simile a quella delle libellule, ma più in alto, quasi a voler competere con il manto di stelle che punteggia le calde notti agostane sopra il golfo sottostante, quando ancora qualcuna, ritardataria a San Lorenzo, cade giù lasciandosi dietro la sua piccola scia di luce guizzante. E si esprimono in silenzio i desideri.

Non ci è dato sapere se l’autrice, letteralmente folgorata alla vista e poi dalla visita – presumiamo del tutto casuale – di un negozio che vendeva realmente mongolfiere multicolori, abbia trovato ispirazione nella stesura di un racconto così visionario … possiamo invece confessarvi il nostro stupore quando, lanciata la ricerca tra le pieghe multiformi di Flickr, è apparso sotto ai nostri occhi lo scatto che ritrae questo negozio … dunque esiste! E anche noi, come l’autrice, ne siamo rimasti basiti!! (foto proveniente da www.flickr.com)

Ecco a cosa è corsa la mia mente leggendo le prime righe di questo piccolissimo racconto, tanto contenuto nella lunghezza quanto ampio nelle suggestioni che riesce a suscitare. E mentre fuori del piccolo negozio di questo vecchio artigiano senza nome, si svolge appunto una danza delle lanterne, lui all’interno, crea piccole mongolfiere di creta, di mille colori, di mille dimensioni, e le vende (o così ci fa credere), mentre probabilmente regala invece storie, le storie che ognuna di esse “racconta” agli avventori che entrano ad ammirarle e osservarle, magari con occhi che sembrano stelle.

Alcuni anni orsono, sull’onda emotiva della folta schiera di feriti a causa di giochi pirotecnici inesplosi, petardi di fabbricazione improbabile e mini bombette dagli effetti devastanti, anche nel nostro paese fu introdotta l’idea di festeggiare il nuovo anno a mezzo delle lanterne volanti. Suggestive, poetiche, non c’è che dire ma – qualcuno se ne rese conto – altrettanto pericolose rispetto ai classici “botti” … e la novità non ebbe seguito se non – lo apprendiamo dalla recensione del racconto – a Vasto dove, presumiamo, le splendide lanterne volanti termineranno il loro volo benauguarale tra i flutti del mare Adriatico. La foto ritrae la selva di lanterne lanciate in occasione del Capodanno cinese nella baia di Jimbaran, sull’isola di Bali (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma soprattutto lancia un messaggio che suona come un monito: l’uomo ha imparato a volare, a creare macchine volanti sempre più sofisticate per andare dove vuole, in un tempo sempre più breve, tanto forte è il suo bisogno di correre, di fare in fretta …ma poi, saprà tornare a seguire i ritmi naturali del tempo? Magari quello del vento che decide quanto, quando, dove, puoi godere della magia di un volo.

C’è stato un momento nella storia dell’umanità in cui, fatto salvo leggende ed episodi non adeguatamente documentati, l’umanità riusciva a volare solo grazie a macchine volanti più leggere dell’aria, i cosiddetti “aerostati” di cui furono inventori (ma non piloti) i fratelli Montgolfier da cui anche il nome “mongolfiera”, appunto. Correvano gli anni ’80 del 1700. Dovremo invece aspettare fino agli anni ’90 del 1800 per vedere solcare una macchina volante più pesante dell’aria (con appeso l’ingegnere/pilota tedesco Otto Lilienthal), antesignana dei moderni alianti e addirittura il 1903 affinché il cielo venga solcato da una macchina sempre più pesante dell’aria ma dotata di organo motopropulsore; rimane tuttavia inalterato il fascino ancestrale dell’incontrollabilità della mongolfiere pionieristiche anche se in realtà le moderne mongolfiere sono assolutamente controllabili, eccome! (“Le mongolfiere” di Antonio Morri proveniente da www.Flickr.com)

E allora ecco che l’autrice amplia di colpo la geografia del suo racconto e ci porta in un attimo dalla piccola dimensione di quella bottega, alla infinita dimensione del cielo parigino, ricordandoci che il primo a solcarlo, dopo gli uccelli, fu un grande pallone colorato nel 1783, perché …

Le mongolfiere, invece, ci ricordano che a volte dobbiamo lasciare che la vita vada dove vuole. A volte dobbiamo lasciarci trasportare dalla corrente ascensionale senza cercare uno scopo, ma solo godendo del paesaggio. A volte dovremmo dimenticarci dei comandi e degli strumenti, e assaporare il viaggio e quello che ci può insegnare.

Complimenti ad Arianna Bettin (anche perché ama i congiuntivi!).




Narrativa / Medio – lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione a cura di Rossana Cilli e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


Nota della Redazione.

In copertina della vetrina di un negozio che, da quanto narra Arianna Bettin potrebbe essere tranquillamente quello in cui si svolge il suo racconto (foto di Maria Vittoria Argenti, “La favola”, scatto del 30 gen 2009, www.flickr.com)

L’uomo delle mongolfiere


Un tripudio di lanterne volanti illuminava il cielo. Si libravano nella notte in un viaggio senza mèta che sarebbe inevitabilmente terminato con il loro ritorno alla terra da cui erano partite.

La carta sottile regalava alla luce un colore caldo, rassicurante. Leggiadra fragile meraviglia che sfidava il buio la cui brutale fine sarebbe stata in uno sporco angolo di strada. La pioggia le avrebbe consumate fino a che qualcuno passando le avrebbe rimosse bofonchiando, in nome del decoro urbano.

La ragazza distolse dal cielo i suoi occhi di ghiaccio, per posarli sulla vetrina della piccola bottega alle sue spalle.

Si sarebbe potuto pensare che sarebbe stato il ragazzo a voltarsi per primo, nella comune convinzione che gli uomini siano meno romantici. Invece fu lei. Presto annoiata dall’effimero vagare delle lanterne volanti, cercò con lo sguardo qualcosa di più tangibile. E persistente. La bottega dunque catturò la sua attenzione.

Dalla vetrina colma di vasellame di ogni tipo si poteva scorgere una figura, in fondo alla stanza. La ragazza si avvicinò trascinandosi dietro la mano del ragazzo e anche tutto il resto del ragazzo, fino a schiacciare il naso sulla vetrina per vedere meglio. Era la figura di un uomo. Un vecchio.

Un vecchio uomo seduto al tornio, che lavorava la creta. La sua ombra ricamava sulla parete le movenze fluide e ritmiche di una danza segreta. La creta si modellava docile tra le sue dita in un girotondo di cui solo lui conosceva la canzone. Acqua e polvere  diventavano vasi e piatti e ciotole e tazze.

I suoi movimenti sapevano di amore e dedizione. E la creta sembrava leggergli nel pensiero, assecondando i suoi desideri. Spostava un dito di un niente e la creazione tra le sue mani si trasformava in qualcosa di completamente diverso. E fino alla fine non avresti saputo dire cosa ne sarebbe uscito.

Ultimamente ne uscivano mongolfiere. Mongolfiere di creta.

Si sarebbe potuto pensare che non avessero senso, che fossero un inutile prendipolvere un po’ infantile. Mongolfiere di creta… Che assurdità! Questo, si sarebbe potuto pensare, vedendo un uomo che crea ceste di creta grandi come un ditale, e vasi panciuti che una volta girati sottosopra ricordano palloni aerostatici.

La ragazza entrò nella bottega senza dire una parola al ragazzo che si trascinava dietro con la mano e tutto il resto. Lui non capì. La sua mano neppure. L’uomo alzò lo sguardo dalla creta che gli scivolava tra le dita agli occhi di ghiaccio della ragazza.

Dietro di lei vide un ragazzo, che la teneva per mano. E dietro il ragazzo, che stava sulla porta della bottega, vide le lanterne volanti nel cielo. Lo sguardo gli tornò sugli occhi di ghiaccio della ragazza, che erano più luminosi di qualsiasi lanterna. E la sua voce fu limpida e cristallina al pari dei suoi occhi quando disse

«Buonasera».

«Buonasera» disse anche il ragazzo con lo sguardo un po’ sperduto che non teneva la ragazza per mano. Era lei a tenere il ragazzo, capì il vecchio. E a tenere acceso il mondo, pensò, con quegli occhi di diamante.

«Buonasera a voi. Posso esservi utile?»

«Cosa sta modellando?»

Sorrise, il vecchio. «Si potrebbe pensare che sia un vaso, o un’ampolla dal collo corto» rispose.

«Si potrebbe» disse la ragazza, «ma non sarebbe corretto».

Sorrise di nuovo, il vecchio,  e completò il lavoro in silenzio.

Quando ebbe finito si rivolse alla ragazza, che era rimasta lì, in attesa, con i suoi occhi di ghiaccio e la mano del ragazzo e tutto il resto.

«Credo che dovresti andare di là» le disse, indicando una porta nell’angolo in fondo alla stanza.

La ragazza si mosse in quella direzione, come se stesse camminando verso il suo destino. Attraversò la bottega ed era come se avesse dei binari ad indicarle la strada e un istinto dentro a spingerla verso quella porta e quella stanza e ciò che vi avrebbe trovato. Il ragazzo invece era rimasto dove lei lo aveva lasciato. Senza nessuno a trascinarlo, non sapeva bene cosa fare.

La ragazza attraversò la soglia, ed entrò nella stanza adiacente. Una luce calda illuminava l’ambiente e il pavimento era completamente sgombro. Ma la stanza non era vuota. Fece qualche passo fino ad arrivare al centro e poi, girando lentamente su se stessa, alzò gli occhi di ghiaccio verso il soffitto.

Centinaia di vasi che non erano vasi pendevano dal soffitto, ognuno con il proprio ditale che non era un ditale. Erano mongolfiere. Mongolfiere di creta, ognuna con il proprio piccolo cesto di creta collegato con del sottile filo bianco.

Ce n’erano di ogni colore e dimensione. Grandi come palloni da calcio e piccole come palline da golf. A righe orizzontali, verticali, oblique. Sfumate, a quadri, a pallini. Arcobaleno variopinto e meraviglioso.

Il vecchio entrò nella stanza, seguito dal ragazzo.

«Sono bellissime» disse la ragazza.

«Scegline una», disse il vecchio.

«Non saprei quale scegliere…»

Continuò a guardarsi intorno finché si decise e scelse una minuscola mongolfiera rosa, e una molto grande a righe verticali, multicolore. Il vecchio le incartò con cura con strati e strati di carta velina e le mise in una busta color avana.

La ragazza gli porse la carta di credito, ma lui disse che non accettava pagamenti elettronici. Lei guardò il ragazzo, in una silenziosa richiesta di aiuto.

Lui disse «Non ho contanti».

«Neppure io» si giustificò la ragazza, con la carta di credito ancora in mano, sospesa nel vuoto.

Il vecchio le porse la busta che conteneva le mongolfiere: «Non importa, me li porterai».

«Ma siamo di passaggio… ci sarà una banca qui vicino, no? Vado a prelevare».

«Non preoccuparti, mi è già successo».

«Cosa le è già successo?»

«È già successo che dei clienti non avessero contanti e siano tornati a pagare in un secondo momento. Una volta un cliente ha acquistato tantissime mongolfiere, il conto aveva raggiunto un importo piuttosto alto. Se n’è andato con tutta la merce e ho ricevuto un bonifico qualche giorno dopo».

«E lei si fida?»

«Perché non dovrei?»

«Non so, magari perché la gente tende ad approfittare delle situazioni…»

«Finora nessuno ha preso una mia mongolfiera senza pagarla».

La ragazza lo guardò dubbiosa.

«Perché le mongolfiere?»

Il vecchio posò la busta color avana sul bancone, e cominciò a raccontare.

«Tutto è iniziato con le lanterne volanti, come quelle che vedete lì fuori. Poi, alla fine del 1783, a Parigi migliaia di persone si radunarono per vedere la storia scriversi davanti ai loro occhi. Qualcosa di inimmaginabile stava per succedere: due uomini avrebbero volato. Si sarebbero sollevati dalla terra a bordo di un enorme pallone di seta riempito di un gas più leggero dell’aria. Il sogno proibito dell’umanità si stava realizzando. La mongolfiera si librò a mille metri da terra e attraversò il cielo, percorrendo dodici chilometri. Fu un’impresa epocale che tracciò un confine tra il prima e il dopo.

Le mongolfiere, però, hanno un grave limite: sono guidate solo dalla forza del vento. E dovettero cedere il passo e mezzi più efficienti. Perché l’uomo vuole decidere dove andare.

Tutti noi siamo aerei a motore con le con le nostre belle rotte impostate. Alcuni sono vecchi catorci della prima guerra mondiale, con i motori rotativi e la fusoliera di tela e legno. Altri sono jet a decollo verticale invisibili ai radar, che rompono il muro del suono. Alcuni sono apache pronti alla guerra. Altri sono cargo che si portano in giro il loro pesante carico. A volte siamo i piloti, a volte ci muoviamo con il pilota automatico.

Tutti facciamo il possibile per arrivare in fretta dove dobbiamo arrivare, spesso dimenticandoci perché ci stiamo andando. Abbiamo i satelliti a dirci cosa combinerà il meteo, sappiamo quanto forte soffierà il vento e in che direzione, se la pista sarà ghiacciata, quanto carburante consumeremo e quanti minuti potremo recuperare in caso di ritardo.

Le mongolfiere, invece, ci ricordano che a volte dobbiamo lasciare che la vita vada dove vuole. A volte dobbiamo lasciarci trasportare dalla corrente ascensionale senza cercare uno scopo, ma solo godendo del paesaggio. A volte dovremmo dimenticarci dei comandi e degli strumenti, e assaporare il viaggio e quello che ci può insegnare».

Gli occhi color ghiaccio siderale della ragazza lo fissavano in silenzio.

«Farò in modo di recapitarle quanto le devo», disse poi.

«Lo so» rispose il vecchio, porgendole la busta che conteneva le mongolfiere.

Lei afferrò la busta con una mano, con l’altra mano prese la mano del ragazzo e si voltò verso l’uscita. Le lanterne volanti erano ormai puntini minuscoli nel buio del cielo.

Si confondono con le stelle, pensò la ragazza.

Quella ragazza ha le stelle negli occhi, pensò il vecchio, mentre la guardava uscire trascinandosi dietro la mano del ragazzo e tutto il resto.

Si sarebbero rivisti ancora, ne era certo.

Bastava solo lasciarsi portare dal vento, come fanno le mongolfiere.


§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§

# proprietà letteraria riservata #


Intervista ad Arianna Bettin


NOTA della REDAZIONE.

Sebbene  Flickr sia un contenitore inesauribile d’immagini è sempre difficile scovare una fotografia che visualizzi perfettamente lo specifico scenario evocato in un racconto da un’autrice visionaria o un’autore assai fantasioso; talvolta ci dobbiamo accontentare di scatti che siano appena appena pertinenti ai racconti che andiamo a commentare. D’altra parte è risaputo che la forza della finzione letteraria è pari (e talvolta anche superiore) alla sola costruzione onirica … ma quando ci siamo imbattuti nell’immagine di copertina di questo racconto ci siamo detti subito: “E lei, perbacco!”.

La fotografia in questione non era scaricabile liberamente dal sito e anzi la didascalia a margine minacciava di non utilizzarlo previo esplicito consenso dell’autore, Angelo Cesare Amboldi. Dunque, senza pensarci un solo istante, abbiamo prontamente lo abbiamo contattato.

Eravamo certi che, proclamando il taglio squisitamente culturale del nostro sito e l’assoluta mancanza di fini commerciali, il sig Angelo ci avrebbe concesso il suo benestare senza alcuna restrizione, salvo citare il suo nome e il luogo dello scatto.

E abbiamo atteso. E abbiamo atteso la sua risposta. E abbiamo atteso ancora anche se in cuor nostro nasceva il dubbio che forse l’autore non “voleva” oppure non “poteva” risponderci. 

Purtroppo, alcuni giorni dopo,  la nostra seconda congettura ha avuto una drammatica conferma quando, dando in pasto al noto motore di ricerca il nome del fotografo, ci siamo imbattuti nel titolo. “LA PERSONALE POSTUMA DI ANGELO CESARE AMBOLDI”. La notizia era nella sezione news del giornale della città dove risiedeva sig Angelo. Risaliva al dicembre 2013. 

A questo punto ci siamo sentiti in dovere di pubblicare questo mirabile istante di vita catturata da ANGELO CESARE AMBOLDI e dalla sua macchina fotografica, se non altro per onorarne la memoria nonché le magnifiche capacità di cogliere l’attimo fuggente.

Non ce ne vogliano perciò gli eredi o i legali rappresentanti del sig Angelo se, a margine della suo scatto e nella certezza che nulla avranno da obiettare, ci limiteremo a pubblicare questa didascalia:

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fotografia di ANGELO CESARE AMBOLDI, “Flying lanterns”, scattata il 18 dicembre 2011, dal sito web www.flickr.com 

XII edizione – La premiazione

Logo Racconti Tra Le NuvoleXII edizione Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE – 2024



COMUNICATO STAMPA

nr 9 del 03 settembre 2024





Come preannunciato già in precedenti comunicati, la premiazione della XII edizione del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE – 2024, si terrà presso la sala conferenze del Museo Caproni di Trento, aeroporto di Trento, domenica 6 ottobre con inizio alle 11 e 30, ora locale.

I membri della Segreteria e alcune giurate raggiungeranno il luogo dell’evento già nel pomeriggio di sabato viaggiando a bordo di apposito minibus a nove posti che, partendo da Roma/Rieti, raggiungerà dapprima Terni/Viterbo e poi farà tappa a Forlì, quindi Trento. Al momento sono disponibili ancora dei posti e dunque se eventuali autori/autrici residenti in luoghi dislocati lungo l’itinerario per Trento volessero associarsi alla spedizione … potranno farlo comunicando prima possibile (e fino a esaurimento posti) la propria adesione all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com).

Dovendo pernottare in quel di Trento, organizzatori e alcuni autori/autrici hanno già prenotato diverse stanze dell’albergo FLYBIKE attiguo al museo, tuttavia risultano ancora disponibili alcune stanze matrimoniali e triple/quadruple. Troverete i contatti dell’hotel in questione in coda al presente comunicato.

La sera di sabato 5 ottobre, alcuni autori/autrici nonché organizzatori e giurate consumeranno una cena informale a menù libero presso il ristorante dell’hotel FLYBIKE. Chiunque vorrà partecipare potrà farlo comunicandocelo prima possibile in modo di organizzare al meglio il locale. Sempre all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com).

Subito dopo la cerimonia di premiazione di domenica, sempre presso il ristorante dell’hotel FLYBIKE, la Segreteria del Premio ha organizzato un incontro conviviale nel corso del quale autori/autrici potranno fraternizzare, scambiare pettegolezzi e malignità giocose. Chiunque volesse partecipare al pranzo dovrà semplicemente comunicarlo prima possibile … dove? Ma all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com), che domande!?

Sarà consentito il lancio delle molliche di pane solo se concordato con la torre di controllo di Trento a mezzo di apposito piano di volo presente in coda al comunicato. (Scherzone!)

E’ previsto un costo forfettario di 32 euro per ciascun commensale. Il menù fisso è disponibile in coda al presente comunicato e prevede prodotti e ricette tipici locali. Chi preferirà gli hamburger e le patatina fritte della nota catena statunitense dovrà passare sul corpo del Segretario che provvederà alla requisizione immediata senza restituzione.

Inutile sottolineare che alla premiazione potranno accedere tutti gli autori/autrici nonché i loro accompagnatori non meglio definiti, ossia: mogli e mariti, compagni/e, amanti e concubine, all’occorrenza figli legittimi e non, suocere/i, simpatizzanti varie, vicini/e di casa oltre che sostenitrici o ammiratori a vario titolo.

Non sono ammessi bande di sciamannati con al seguito: bandiere, trombe da stadio, fumogeni e petardi assortiti. Non verranno tollerati cori inneggianti partiti politici o squadre di calcio giacché si tratterà di una festa dedicata al volo e alla scrittura creativa.

Non è previsto un abbigliamento particolare tuttavia, sebbene siano molto apprezzati bikini e bicipiti scolpiti, siamo certi che – in considerazione della latitudine e delle clima “montagnoso” – le signore faranno sfoggio della loro naturale beltà adeguatamente celata, viceversa i signori eviteranno rigorosamente di presentarsi con i sandali e calzini bianchi pena essere spediti oltre confine a dorso di mulo e senza sella. Saranno apprezzate le cravatte, certamente, ma solo se in tema aeronautico.

Come da regolamento, procederemo a “fare la festa” alla vincitrice Ersilia Torello, tuttavia, benché il suo cognome evochi le corride, la infilzeremo solo con le congratulazioni più appuntite e domande impertinenti circa i suoi numerosi fidanzati.

Ogni occasione è utile ad Arturo Arveni, titolare dell’azienda farmaceutica VR Medical, per utilizzare il velivolo “aziendale”, ivi compresa la premiazione di RACCONTI TRA LE NUVOLE di cui è un fattivo sostenitore ormai da anni 

Ha già dato conferma della sua partecipazione alla premiazione quel gran manicaccio di Giancarlo Gusso, nome di battaglia: Captain Gux! Non ha ancora rivelato se ci raggiungerà a mezzo del suo nuovo aeroplano; non ci risulta che  abbia prenotato stanze d’albergo in città e dunque presumiamo che ci dormirà dentro. Giusto per non lasciarlo da solo di notte! Chissà se il pesante premio speciale VR MEDICAL riuscirà a entrare nel bagagliaio del velivolo!?

Nazarena De Angelis, in attesa che le venga conferita d’ufficio l’associazione onoraria all’ADA – Associazione Donne dell’Aria, verrà a ritirare il premio speciale conferitole per la seconda volta consecutiva. Che abbia stipulato un abbonamento con ADA?

Una rondine ci recherà invece Federica Merlo, la vera e propria rivelazione di questa XII edizione. Di certo porterà seco un paio di cuffie perché non se ne separa mai, anche quando vola a bordo di un aliante! Ma di questo e altro avremo modo di chiederle …

Vi preghiamo invece di procurarvi un bel paio di occhiali scuri e la pomata protettiva fattore 50 perché, senza rifletterci un istante, ci ha preannunciato la presenza alla premiazione la già vincitrice Rossana Cilli accompagnata dalle sue scintille di luce riflessa. Tutto chiaro?

Non potrà fare a meno di essere presente Laura Gallo, l’unica indigena delle autrici/autori finalisti. E nel caso non si presentasse – sia chiaro – andremo a prelevarla a casa sua e la trascineremo in aeroporto a mezzo dell’aeroplanino a tre ruote della figlia! A costo di portarcela in pantofole!

Anche Franco Angelotti, uno dei pochi piloti finalisti, non sappiamo se verrà in aereo o preferirà raggiungerci con una dozzinale automobile. Intanto verrà. Anzi vedremo.

Speriamo che almeno Simone Baldecchi, altro pilota in servizio, si presenti a Trento con il suo ultraleggero … ma ancora non ci ha fornito conferma a mezzo di piano di volo. Chiederemo alla torre di controllo.

In tutta sincerità se presenziasse alla premiazione l’affascinante DIZZY MISS LIZZY non ci spiacerebbe … purtroppo sarebbe problematico ospitarla nella sala conferenze, dunque ci dovremo accontentare del buon Massimo Conti, il suo autore.

Se invece per la sala conferenze vedrete aggirarsi con fare circospetto un bell’uomo … tranquilli: si tratta di Vito Grisoni. E’ semplicemente alla ricerca del suo aliante svanito. Sì, ma dove?

Degli altri autori/autrici non possiamo anticiparvi granché circa la loro partecipazione sebbene alcuni siano stati minacciati fisicamente come nel caso di Giacomo Da Col che dovrebbe pagare un’ammenda alquanto singolare: una botte di prosecco. Ergo: portatevi appresso i calici perché l’assaggio è previsto nel biglietto d’ingresso al Museo.

Ovviamente sarà presente il titolare dell’azienda VR MEDICAL, Arturo Arveni, che conta di hangarare il suo Piper Turbo Arrow nel museo ma, con suo grande rammarico, lo dovrà lasciare all’addiaccio appena fuori della vetrata. Arturo: ce l’hai troppo grosso. L’aeroplano!

Anche in questa edizione del Premio l’ADA- Associazione Donne dell’ARIA, ha fornito un contributo determinante in termini di Giuria e, novità di questa edizione, anche di premiazione prestando (nel vero senso del termine) un’associata, Federica D’Accolti, in qualità di co-conduttrice.

Inoltre, in tema di sostenitori del Premio, ci ha confermato la sua presenza anche la presidentissima dell’ADA, Donatella Ricci, che si è dichiarata interdetta se atterrare con il suo autogiro direttamente sul tetto del museo o sulla pista dell’aeroporto di Trento. Troppo prevedibile, vero?

L’editore Logisma ci sarà di sicuro perché ci porterà le copie dell’antologia ancora fresche di stampa … dunque vi preghiamo di non manifestare il vostro stupore quando, nel consegnare la copia omaggio agli autori e alle autrici, lo vedrete soffiare su ciascun volume: non è scaramanzia. Le sta facendo asciugare!

In occasione della premiazione autori e autrici potranno acquistare fisicamente dall’editore le copie dell’antologia che vorranno. Ovviamente a un prezzo promozionale riservato solo a loro e per l’occasione: 12 euro. Dopodichè, dotato di codice ISBN, il volume sarà acquistabile presso qualunque libreria convenzionale o virtuale ma al prezzo di copertina sebbene potrà comunque essere richiesto direttamente all’editore.

Lungi da noi chiedere ad autori e autrici di acquistare copie dell’antologia, tuttavia riteniamo che una possa trattarsi di un regalo originale, specie se impreziosito dalla dedica/firma autografa di chi ha contribuito a scriverla: gli autori e le autrici finalisti!

L’HAG, Historical Aircraft Group, festeggia nel 2024 il primo ventennio dalla sua fondazione e come farlo al meglio se non attraverso un’iniziativa dal forte sapore culturale come il premio RACCONTI TRA LE NUVOLE di cui è co-fondatore e co-organizzatore?

Quanto all’HAG, il suo presidente Stefano Gambaro, non ha sciolto ancora le riserve circa la sua apparizione in quel di Trento … ma è risaputo: il presidentissimo è ovunque e in ogni luogo dall’alto dei suoi quasi due metri di statura o trentamila piedi di quota. Di sicuro sarà presente il suo vice Andrea Rossetto che è il custode ufficiale delle cuffie di Federica Merlo e al quale sarà demandato l’onere terribile di sbaciucchiare le autrici. In rappresentanza del presidente, è ovvio! E nella speranza che Federica non s’ingelosisca troppo.

Al momento non ci è dato sapere quanti giurati/e ci raggiungeranno in quel di Trento; ci auguriamo tutti/e! Speriamo che ci saranno almeno le giurate ADA … non sarà il concorso di Miss Italia ma almeno la premiazione sarà molto più gradevole con la loro presenza. Speriamo.

Infine abbiamo invocato i giurati veterani del Premio, Andrea Strata ed Enrico Camerotto, che hanno promesso di raggiungerci a Trento. Magari in versione cartonata ma ci saranno. Lo hanno promesso!

Ad ogni modo – sia chiaro – non saranno ammesse azioni intimidatorie o vendicative nei confronti di giurati/giurate, viceversa sono caldeggiati inviti a cena o appuntamenti galanti in aeroporti o aviosuperfici per mostrare loro collezioni di aeromobili o hangar panoramici. Al tramonto o al chiaro di Luna, fate voi.

Un dato è certo: giurati e giurate saranno dotati/e di apposita corazza in acciaio ad alta resistenza, impenetrabile da armi da fuoco e da taglio. Inoltre chi verrà colto a inveire contro un giurato/a verrà severamente punito comminandogli la pena di rivestire il ruolo di giurato/giurata per le prossime sessantadue edizioni del Premio, salvo decadimento psico-fisico conclamato.

La vera novità di questa premiazione sarà la co-conduzione di Federica D’Accolti, già neo giurata ADA, che la impreziosirà con il suo garbo e la sua professionalità. E con grande gioia degli autori e degli accompagnatori, neanche a dirlo. Siamo certi che saranno tutti felicissimi farsi consegnare premi e diplomi da lei giacché lo sbaciucchio è consentito da regolamento del Premio. I soliti fortunati!

Dunque il Segretario Marco Forcina, suo malgrado, non potrà fare a meno di occuparsi molto da presso delle sole autrici. Non è George Clooney … ma questo passano gli sponsor.

In conclusione, ufficializzata la classifica, e archiviato il piglio istituzionale, ci siamo concessi di prenderci gioco un pochino di noi e degli autori/autrici giocherellando con i titoli dei loro racconti … siamo certi che non ce ne vorranno … come chi? I racconti!

Ci auguriamo che tutti gli autori/autrici possano, in un modo o nell’altro, essere presenti alla premiazione. Ad ogni modo, qualora fossero davvero impossibilitati, sappiano che potranno inviare un loro delegata/o in loro vece … purché reciti a memoria almeno le prime due righe del racconto per il quale ritirano il premio. Diversamente sappiano che, a titolo rigorosamente gratuito, la copia dell’antologia e il diploma di partecipazione verranno inviati presso il domicilio di coloro che – ahinoi e ahiloro – non potranno raggiungerci a Trento né riusciranno a trovare una forma di vita senziente cui delegare l’operazione di ritiro. Peggio per loro!

A tutti i gli autori/autrici … auguriamo il nostro più sincero “in becco all’aquila” unito a un “arrivederci a Trento”.





La Segreteria del Premio





 

Riferimenti albergo aeroporto di Trento:

Flybike Hotel

Telefono: +39 0461 944 344

Fax: +39 0461 186 262 6

38123 – Aeroporto di Trento, Trento (TN)-

E-mail: info@flybikehotel.it 

 

 

 

Menù pranzo 6 ottobre:

 

Antipasto: Selezione di affettati e formaggi locali con speck, salamino e lardo nostrano del maso dello Speck di Tito, carne salada Simonini, formaggi di malga

Primo piatto: strangolapreti fatti in casa piatto tipico trentino

Secondo piatti: carne salata scottata con cappucci saltati

Dessert: dolce della casa, tiramisù

Acqua e caffè

 

 

Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?


Probabilmente solo alcuni cultori della storia dell’Aviazione ricorderanno la vicenda di Mathias Rust, il giovanissimo pilota della Germania dell’Ovest che nel 1987, in barba a tutto e a tutti, raggiunse indenne la piazza antistante il Cremlino a Mosca atterrando con il suo innocuo Cessna 172 nel luogo simbolo del colosso sovietico.

A distanza di tanti anni di quell’evento se ne sta perdendo letteralmente la memoria benché all’epoca ebbe una ridondanza mondiale al punto da costituire idealmente il punto di avvio di un processo di rinnovamento della superpotenza – la famosa perestrojka di Gorbaciov – ma anche e soprattutto di un terremoto nell’ambito delle gerarchie militari dell’Aeronautica militare sovietica (con un ridimensionamento netto e un avvicendamento generalizzato degli ufficiali, ministro della difesa compreso) che trova qualcosa di paragonabile solo con le famose “purghe” di epoca staliniana.

 

Da diversi anni a questa parte, esemplari statici di Tu-22 si possono visionare in tutta la loro radiosa bellezza aerodinamica presso diversi musei dell’aria disseminati nel territorio sovietico. Quello ritratto si trova al Museo centrale delle Forze aeree della Federazione Russa di Monino situato presso l’omonimo aeroporto di Monino, 40 km a Est di Mosca dove gli fanno compagnia ben altri 170 velivoli (e anche più) del corposo parco macchine volanti sovietiche e russe costruite fino a oggi.  Secondo il sito web https://tu22.ru/(che vi invitiamo a visitare in quanto ricco delle informazioni più disparate): “Il Tu-22 era un aereo difficile da utilizzare, sia sotto gli aspetti tecnici che di volo. In generale, in 30 anni, oltre 60 veicoli su 311 costruiti sono stati prematuramente ritirati (schiantati, bruciati al suolo o completamente guasti) per vari motivi.” Se lo dicono loro … (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma a proposito di questa vicenda non aggiungeremo altro se non il titolo di uno splendido racconto a firma di Massimo Conti che, in occasione della X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE presentò ben due racconti il peggiore dei quali – si fa per dire – era intitolato appunto: “Non rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa” e aveva come protagonista proprio Mathias Rust, voce narrante del suo volo memorabile. Il racconto, non avendo goduto dei favori della Giuria di quella edizione, divenne subito ospite del nostro hangar e potrete leggerlo all’indirizzo:

 

https://www.vocidihangar.it/w/non-rimpiango-niente-atterraggio-sulla-piazza-rossa/

 

Un elemento universalmente identificativo del Tu-22 Blinder è  la collocazione dei due notevoli motori turbogetto alla base della grande deriva di cui è dotato. Se infatti l’ala a freccia (di 55° ) era assai comune ai velivoli dell’epoca in quanto consentiva loro una bassa resistenza alle velocità transoniche ma induceva a una velocità di atterraggio piuttosto elevata e una lunga corsa di decollo (che nel Tu-22 circa 2700 metri!), un’altra caratteristica di progettazione dell’azienda Tupolev era il carrello di atterraggio principale: montato in una coppia di alloggiamenti carenati posti sul bordo di uscita di ciascuna semiala. Che dire poi del sistema d’ingresso dei tre membri dell’equipaggio in cabina? Pilota, navigatore e addetto alle armi venivano letteralmente issati verticalmente a bordo con un sistema a montacarichi attraverso dei portelli collocati nel ventre della fusoliera, seduti ciascuno sul proprio sedile eiettabile. (foto proveniente da www.flickr.com)

Sì, d’accordo – vi domanderete – perché tutta questa digressione chilometrica? Perché le sorti del racconto di Massimo Conti sono identiche a quelle occorse al racconto: “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” di Andrea Pirani che è stato ugualmente giudicato non meritevole di accedere alla fase finale del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE, ma stavolta della XII edizione. E non solo. Anche il racconto di Andrea Pirani narra in modo più o meno giornalistico una vicenda che ha dell’incredibile e che si consumò sul suolo sovietico o forse, più correttamente, nei cieli dell’allora URSS con la differenza sostanziale che detta vicenda rimase del tutto ignorata, anzi secretata ferocemente, fino a qualche anno orsono quando divenne finalmente di pubblico dominio grazie a siti web in lingua russa e dunque pressoché ignorata da buona parte del mondo occidentale.

Ma – vi domandiamo – a un sovietologo del calibro di Andrea Pirani poteva sfuggire una così singolare vicissitudine? Poteva il nostro fido autore appassionato di aviazione con la stella rossa rimanere indifferente a una simile chicca storica? Certo che no … ed ecco allora che lo scrittore milanese, profondo conoscitore dell’Unione Sovietica all’epoca della Guerra Fredda, costruisce una storia che ha più il sapore divulgativo piuttosto che narrativo e che lui stesso definisce:

“una storia così surreale, irreale, impossibile che è vera”.

Ebbene quella storia è ora ospite nel nostro hangar e potete leggerla con tutta la comodità e il senno di poi dei quasi quaranta anni trascorsi.

Non si tratta di una foto particolarmente ben riuscita – penserà qualcuno – e non potremmo certo biasimarlo, tuttavia provate voi a scattare un’immagine a bordo di un caccia intercettore F-104G Starfighter danese e inquadrare correttamente il vostro “scramble” costituito da un Tu-22 Blinder che ha invaso proditoriamente lo spazio aereo del vostro paese!  In realtà si tratta di una di quelle foto storiche che, ne siamo certi, finì sui tavoli di fior fiore di analisti militari e di esperti di costruzioni aeronautiche militari delle nazioni occidentali durante il periodo della Guerra Fredda. Tutti alla ricerca di quei dettagli tecnici sfuggiti agli agenti dei servizi segreti occidentali e assai preziosi per definire le potenzialità belliche di una macchina volante assolutamente temibile. Almeno all’epoca (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma di cosa si tratta effettivamente? Oseremmo dire: un evento rocambolesco che … anzi, sapete cosa? … ce lo faremo riassumere proprio dall’autore:

 

“Si parla di un un’esercitazione in cui accade di tutto: un aereo fuori rotta, che sconfina due volte dalla Russia in Iran e dall’Iran in Russia, inseguito due volte dai caccia e mai raggiunto. L’equipaggio si salva ma le conseguenze per ben 2.000 persone relazionate a quell’episodio sono molto pesanti.”

 

Forse abbiamo svelato troppo? No, abbiamo semplicemente dato voce a un testo unico nel suo genere nel panorama italiano giacché la cronaca in lingua originale si può leggere solo a questo indirizzo:

 

https://tu22.ru/lyudi/41-veterany-samoleta-tu-22/stroevye-letchiki-i-tekhniki/187-merzlikin-vyacheslav-ivanovich

 

La pulizia penetrante delle linee del Tu-22 Blinder è esaltata da questo scatto. La progettazione del Tu-22 progetto iniziò  nell’agosto 1955  e nell’agosto  1957 fu completata  la costruzione del  primo  prototipo di cellula; nell’estate  del 1958  furono installati i motori sul prototipo e iniziarono i test statici, quindi fece il suo primo volo. Entrò in servizio nel 1963 ma fu assillato da notevoli problemi tecnici oltre a una congenita difficoltà di pilotaggio ed elevati costi di manutenzione. Cessò di volare definitivamente nel 1994 a seguito degli accordi del  Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa di Engels.(foto proveniente da www.flickr.com)

previo attrezzarsi di un buon traduttore o, per i più fortunati, di una traduttrice alta, bionda e dai lineamenti tipici delle gentildonne dell’ Est Europa. Con il rischio che, di traduzione in traduzione, possiate rimanere affascinati da una tale bellezza esotica (almeno per noi occidentali) al punto di non poterne fare più a meno …

Scherzi a parte, il racconto di Andrea – ne siamo certi – vi lascerà basiti e anche se la trama non è avvincente al pari di un film del tipo “Mission Impossibile” o del migliore James Bond … beh, non stentiamo a credere che un moto di stupore si manifesterà sul vostro volto unita a una sottile smorfia di paura per il terribile pericolo scampato. Quello di una Terza Guerra Mondiale che, potenzialmente, sarebbe potuta scoppiare per la leggerezza di un sistema – quello militare – assolutamente fallibile benché altamente tecnologico e professionale.

A proposito di “TU-22 …”possiamo solo aggiungere che ci spiace non abbia potuto accedere alla fase finale di RACCONTI TRA LE NUVOLE ma che al contempo siamo onorati e compiaciuti di poterlo ospitare nel nostro hangar.

A proposito dell’autore invece non possiamo che spendere parole di apprezzamento perché Andrea è ormai un veterano del Premio o, come recitavano i versi di una gloriosa canzone di Francesco De Gregori,

il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette

e dunque, prima o poi riuscirà a dare l’assalto al podio del Premio, certi che lo farà con uno dei suoi racconti alla sovietica maniera. E se anche non dovesse accadere … beh, saremo lietissimi di pubblicare i suoi racconti! Perché c’è necessità di fare divulgazione storica, perché c’è necessità di conoscere cosa accadde al di là della Cortina di ferro.

Troppi anni sono trascorsi e storie come quelle del maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich meritano assolutamente di essere raccontate.

Ancora una bella immagine del Blinder (secondo la classificazione NATO) ripreso probabilmente quando era ancora in servizio operativo (foto proveniente da www.flickr.com)

Comunque sia andata con “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” per noi è stato un successo, al di là del mancato ingresso nella rosa dei venti racconti finalisti. Perlomeno in termini di divulgazione della misconosciuta cultura aeronautica dell’ex blocco sovietico. E se poi il mondo russo, erede di quello che fu il colosso sovietico, non gode oggi granchè simpatia nel mondo occidentale, beh … poco ci importa: è comunque storia!

Grazie Andrea.




Narrativa / Lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR