Fa freddo qui a Ginevra ed è ancora buio. Sono le 06.10, le procedure per l’imbarco dei passeggeri, della posta e dei bagagli vanno avanti, tante persone affaccendate attorno all’aeroplano. Non c’è brina sull’aereo e non faremo de-icing, ma il cielo non si vede, nuvole? E’ tutto scuro… mah… Alle 07.00 iniziamo il rullaggio, avanziamo nel buio, le luci di rullaggio ci indicano la strada, sono pigre, ma svolgono il loro compito. Arriviamo in pista, ci allineiamo, sono le 07.15 … potenza, i motori motorano, le eliche elicano e l’ATR … Eccolo si ripete, come ogni volta, il miracolo del volo manifesta la sua magia … miriadi di particelle d’aria vengono scompigliate, strappate dalla loro quiete dall’ala che avanza sempre più veloce. “Rotazione” e mentre la cloche viene tirata indietro, i piani di coda si flettono verso l’alto imponendo la rotazione del mezzo intorno al fulcro del carrello. La baruffa delle particelle continua ma si dispongono in maniera diversa, si auto-ordinano, le leggi fisiche che governano il moto dei fluidi consentono la nascita di forze che la natura ha reso proprie solo agli uccelli: la portanza infine manifesta la sua potenza e voliamo!! Per il momento è solo una sensazione, ci lasciamo dietro le luci della pista, ci lasciamo tutto, siamo nel buio con 12 gradi di assetto, e potenza di salita, poi, di colpo, l’inaspettato … sbuchiamo nel cielo. Ma allora … ma allora … il cielo c’era, anche oggi era qui che ci aspettava: “Ciao cielo, siamo qui, scusa il ritardo, eccoci”. C’è luce in cielo, luce informe, luce che combatte il buio, luce che ci accoglie. La coltre grigia delle nuvole acquattate per terra si estende su tutto il lago e termina contro le prime montagne, sia a destra che a sinistra. Il sole ancora non splende, ma la sua luce irradia quasi che lo facesse di nascosto. Le montagne sono senza forma, scure, sentinelle immobili della nuvolaglia bassa, informe e soffocante che non riesce a allontanarsi dalla madre terra. La terra … vi è mai venuto in mente che le terre siano due? Una che viviamo, percorriamo, sudiamo, e una che osserviamo, apprezziamo, godiamo. La nostra, la terra dei “volatili” è una terra diversa, non di strade, salite e discese, ma è fatta di conche, di valli, di anfratti, spiaggie, boschi, laghi…. di nuvolaglia informe che viene arginata dalle montagne. Noi fortunati esseri volanti ad un certo punto non sudiamo più, e nel momento in cui ci impossessiamo della terza dimensione diventiamo liberi. Scrivo per coloro che non sanno, per coloro che non volano, per coloro che non si trasformano in volatili. Dall’alto il colore è un altro, lo spettacolo è tutto un altro. Case piccole, i paesi che sono piccole macchie gialle arroccate sulle montagne. Il sole ha iniziato come al solito il suo cammino. Le ombre sono le stesse della sera, lunghe e un po’ spettrali, però a guardarle bene di direbbero più allegre, in fondo non chiudono il giorno: lo anticipano. Osservo ancora le nuvole, sono impotenti contro le montagne, il colore cambia diventano bianche splendenti: il sole le ha raggiunte! E anche le montagne innevate sberluccicano, un gioco di colori che appaga l’occhio e riscalda la mente. Osservo il mondo dall’alto, sempre diverso, non stanca mai. Qui non c’è smog, non c’è traffico, non ci sono semafori. Poi quasi per magia mi trasferisco, mentalmente, sul mio ulm (velivolo ultraleggero, ndR). Ci sono delle differenze: la quota e la libertà. Il contatto col mondo a quota minore è più vero, segui le colline, con lo sguardo riconosci i crocicchi, le case, le valli: è la bellezza, la diversità del volo a vista. Trasporti la carta che hai sulle ginocchia su quello che vedi e viceversa. Quant’è bello!! E poi la libertà. Non c’è pressurizzazione, non c’è un vetro blindato, il colore, l’odore, il tatto dell’aria, tutto contribuisce ad un immenso senso di libertà. Da qui oggi a 18.000 piedi osservo e mi beo, con l’ulm non volo e basta: sono immerso, sono un volatile; non sono un pilota, sono un uccello; non guardo le montagne dall’alto, ne faccio parte, sono staccato da mamma terra ma la vivo con più intensità, la osservo da angolazioni che altrimenti mi sono impossibili, assaporo l’aria, sono penetrato dalla sensazione che vivo. Io sono Icaro, sono Leonardo, sono Orville (Wright, ndR), sono miracolato, sono un fortunato, io vivo l’aria, io posseggo tutto questo mondo che mi scorre sotto e quando riatterro, quando ritorno è come se ne possedessi un pezzo di più. Il 27 dicembre per me sarà un giorno importante, un anniversario: sono 30 anni che colleziono le tessere di questo mio mosaico. Chiudo gli occhi e guardo nel contenitore, trovo questa prima tessera: 27 dic 1971, P66, il decollo solista. E’ solo un circuito, 7 minuti, ho 17 anni, mamma mi aspetta, quando torno ha gli occhi inumiditi, una delle rarissime volte che l’ho vista piangere! Un’altra tessera con il primo decollo sul reattore MB326. 1977: non sembrava un aereo, ma un flipper. Tante lancette che ruotano vorticosamente, e poi zot… siamo già in aria? Un’altra tessera, l’esame di volo strumentale con il G91T. 1978. Decollo di sera avanzata e fino a 22000 piedi nuvole spesse e buio, poi sbuchiamo dalle nuvole, avevo 25 anni, mi sono trovato a testa in giù a guardare l’immenso spettacolo del sole su un infinito materasso rosa. Un’altra tessera: 1980. Il bersaglio trainato dalla nave che va in pezzi sotto i colpi del mio cannone, lo guardo incantato, e poi quando richiamo il kicker entra spietato, cinque volte, il cuore va in gola, paddle switch, continuo a tirare e … poi sono di nuovo verso il cielo. E quest’altra: notte fonda, quasi spersi in mezzo al mediterraneo a 1000 piedi trasmettendo all’aria la posizione delle navi nemiche agli F-104 che sacramentavano. 1985. E ancora altre tessere, un tormentato avvicinamento a Keflavik su una pista ghiacciata. 1990: la forza del temporale africano che si estende da est a ovest, osservato da 41000 piedi 1992: sull’atlantico con i tornado attaccati tubi per il riforimento in volo. 1993: il fuoco che corre per chilometri e chilometri, sorvolato con un Canadair a pistoni. 1997: toh guarda, il primo lancio con il paracadute della Folgore. 1975: il volo sugli appennini con il deltaplano. 1981: in termica con il parapendio sul Subasio 1995: in ammaraggio col Canadair nello stretto di Messina con Scilla e Cariddi che urlano. 1997: in planata con l’aliante a Rieti, però come sono basso, passo sulle case, magari mi sostengono un po’ di più. 1999: in volo con il mio Buccaneer fra le creste degli Appennini andando verso il lago di Garda, 2001. Eh sì, tante tessere, colorate, multiformi, divertenti, appassionanti, per il più bel mosaico che abbia mai montato: quello di una vita dedicata al volo!! Buon anniversario a me!!!
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Paolo Vittozzi |