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Recensione dei Libri aeronautici

La lunga notte delle aquile

titolo: La lunga notte delle aquile

autore: Paolo Amico

editore: Pagine

anno di pubblicazione: 2004

ISBN: 88-7557-051-5





Le grandi librerie tradizionali dispongono spesso di alcune decine di migliaia di libri nei loro ampi locali; i volumi sono talvolta impilati a formare quasi dei corridoi o disposti più o meno strategicamente in scaffali/espositori. In questo marasma di cultura cartacea è assai difficile imbattersi accidentalmente in libri dall’evidente contenuto aeronautico.

Fatta eccezione per qualche volume di Richard Bach o per i classici di Clostermann o di Saint-Exupery, l‘unica via per procurarseli è conoscerne il titolo, semmai l’autore e chiederne conto al commessa/o nella speranza che il volume sia disponibile, semidisperso in qualche meandro dimenticato della libreria, appunto.

Situazione assai diversa sono invece le librerie on-line o, ancora meglio, le ormai consolidate piattaforme elettroniche che vendono, tra gli altri, anche libri. Nuovi oppure usati, spesso sono volumi venduti a prezzi di realizzo; per non parlare di quelli ormai fuori stampa da molti anni o di edizioni pressoché introvabili in quanto numericamente insignificanti o di scarsissimo (per non dire nullo) interesse per il grande pubblico.

Il merito di questa apparente magia di archeologia editoriale va reso ai potenti motori di ricerca interni che consentono, da casa, in tutta comodità, la scoperta di libri insospettabili fornendo loro parole chiave assai generiche come: “aviazione, cielo, aeroplani” e, talvolta, addirittura termini meno pertinenti quali “aquile, nuvole” e via discorrendo.

Quest’ultimo è il caso – del tutto fortuito, s’intende – che mi ha consentito di scovare il libro di Paolo Amico intitolato: “La lunga notte delle aquile” pubblicato nel già lontano 2004 ad opera di un editore, Pagine, che non può certo definirsi specializzato nel settore aeronautico.

Il romanzo ha quale scenario mirabile l’aeroporto di Guidonia.

Guidonia.

Il risguardo interno del bel libro di Paolo Amico che riporta, appunto, le sue note biografiche

Città dell’aria per definizione, gemellata già da diversi anni con Cape Caveral (la città delle stelle), prese il nome da uno dei pionieri dell’Aviazione italiana, certo ing Guidoni, tragicamente perito nel 1928 durante uno dei lanci prova del paracadute progettato da lui medesimo.

Minuscolo borgo laziale inizialmente abitato da pastori e contadini, Guidonia, durante l’epoca fascista, divenne sede del Centro Studi ed Esperienze (l’equivalente odierno del Reparto Sperimentale di Volo dell’Aeronautica Militare con sede a Pratica di Mare). Questo si concretizzò nella costruzione di un moderno aeroporto, in una serie di laboratori e strutture di ricerca all’avanguardia ove le menti geniali dell’epoca, assieme a ottimi tecnici civili o militari, effettuarono studi ed esperimenti su tutto quanto legato o inerente il mondo del volo. Inoltre, non venne trascurato l’aspetto abitativo sicché, secondo la proverbiale architettura fascista, fu edificato ex novo un razionale nucleo urbanizzato attiguo alla base ove trovavano alloggio i militari e i ricercatori con le rispettive famiglie.

Guidonia oggi, è un popoloso comune a ridosso della cinta urbana di Roma; è letteralmente dilagata su quella calda pianura romana tappezzata di cave di travertino romano, delimitata dai due cocuzzoli ove sono arroccati le località di Montecelio e di Sant’Angelo Romano, guardata a vista dalla blasonata Tivoli e dai monti Tiburtini, anticamera della Sabina e del rustico Abruzzo.

Il risguardo interno del volume “La notte delle aquile” che rende il giusto tributo al pittore Allan O’Mill cui l’autore deve l’immagine di copertina e di retrocopertina del suo volume

Delle strutture di ricerca, oggi, non rimane pressoché nulla di dignitoso, salvo ruderi alla mercé della vegetazione incipiente, l’attività di volo è ridotta ad un lumicino, il centro abitato si è dilatato a dismisura in modo indiscriminato senza un piano regolatore predeterminato.

Così, a Guidonia c’è chi c’è nato, c’è chi ci vive, chi ci lavora, chi consuma le sue vicissitudini quotidiane spesso ignorando, per lo più trascurando semplicemente l’esistenza dell’aeroporto cui la cittadina deve la sua stessa esistenza; oppure c’è chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di trascorrere l’infanzia e l’adolescenza a scrutare l’aeroporto di Guidonia. Per inciso, con un modestissimo binocolo tascabile con solo due miseri ingrandimenti, tanto che oggi mi domando se quello che vidi sulla pista o in cielo fosse per merito della mia vista aquilina oppure, più semplicemente, era frutto di allucinazioni dovute ad un genuino entusiasmo giovanile. Difficile dirlo.

Ciò che posso senz’altro confessare è invece che, in età adulta, ho avuto il privilegio di lavorare sugli alianti della Sezione di Volo a Vela dell’Aeroclub di Roma con sede a Guidonia e dunque, in altri termini, ho avuto l’opportunità di attraversare l’ingresso monumentale (di appariscente architettura fascista, neanche a dirlo) della base aerea, percorrere quei viali retrostanti la linea di volo contrassegnati dai resti semidistrutti della vasca idrodinamica e delle palazzine-laboratori, vedere la pista in discesa dal suo punto più alto.

Sottolineo il termine “privilegio” perché dubito che mi verranno concesse altre visite giacché, ahinoi, in seguito di un incidente mortale in cui perse la vita un pilota trainatore e in cui andò completamente distrutto il suo velivolo trainatore, il Volo a Vela civile a Guidonia è stato chiuso definitivamente qualche anno fa, gli alianti venduti e l’hangar (quello famoso accanto alla pista nel suo punto più alto), è stato restituito all’Aeronautica Militare.

Fortunatamente i volovelisti veramente appassionati nati e cresciuti a Guidonia, si sono trasferiti in quel di Rieti, confluiti negli AeroClub che lì hanno sede; purtroppo diversi piloti, meno motivati o meno danarosi, hanno abbandonato definitivamente. E così si è chiusa in modo tragico la storia del club di Volo a Vela geograficamente più a Sud del nostro paese.

La retrocopertina del libro di Paolo Amico che, come tradizione editoriale vuole, contiene un breve sunto del libro. Spicca il bellissimo quadro del pittore Allan O’Mill che riproduce il velivolo Savoia Marchetti S 64 in volo con cui Arturo Ferrarin compì il raid Guidonia-Touros (vicino Porto Natal in Brasile) che gli valse il record di distanza in linea retta di 7188 km senza scalo. La storia racconta che il velivolo decollò stracarico di carburante proprio dall’aeroporto di Guidonia sfuttando la pista in discesa appositamente realizzata per fornire un’abbrivio supplementare al velivolo.

Capirete dunque perché il sottoscritto nutra un particolare affetto per lo storico aeroporto di Guidonia e un po’ meno per il suo rumoroso, caotico e congestionato nucleo abitativo.

 

Ovviamente vi domanderete: perché tutta questa sicumera a proposito di Guidonia, divenuta da diversi anni la terza città più popolosa del Lazio (dopo Roma, s’intende, e Latina)?

Se avrete pazienza di continuare a leggere …

 

Ebbene, tornando al romanzo di Paolo Amico, divorare le sue 175 pagine, corredate da una generosa sezione iconografica e da doverose considerazioni finali, è stato come rivivere i momenti in cui osservavo da casa il sedime aeroportuale, è stato come rientrare nell’aeroporto di Guidonia ma, stavolta, non per motivi professionali. Riattraversare l’ingresso, camminare lungo i viali accanto ai ruderi delle installazioni mai ripristinate, godere della vista magnifica dal piazzale antistante l’hangar dell’Aeroclub … è stato un po’ come tornarci davvero. Ecco perché non stento a credere che, se il romanzo “La lunga notte delle aquile” cadesse nelle mani di qualche buon vecchio volovelista guidoniano, qualche occhio torbido – se non qualche lacrimuccia – lo causerebbe. Provare per credere.

Ma torniamo al libro.

Dopo aver letto il volume di Paolo Amico, se nascesse in voi una qualche curiosità circa il glorioso passato della base della Regia Aeronautica di Guidonia-Montecelio, beh … questo è un volume che la sanerebbe senza ombra di dubbio alcuno. Un’altro libro da tenere nella propria libreria tuttavia fuori stampa già da diversi anni. Vorrà dire che approfitterete della solita piattaforma on-line di vendita di libri usati.

Le vicende narrate nel romanzo sono lineari e geniali al contempo; si articolano a partire da un tardo pomeriggio invernale, proprio sulla pista dell’aeroporto di Guidonia. In effetti da qui si dipanano in due filoni paralleli e distinti: da un lato c’è Marco, allievo pilota di alianti alla prese con il suo volo solista, ossia il suo primo volo in assoluta solitudine (senza l’istruttore a bordo), dall’altro lato, c’è Luigi, un attempato istruttore (manutentore per necessità), che lo attende premuroso a terra come farebbe una chioccia con il suo pulcino.

Tutto sembra filare liscio quando ecco, si consuma il dramma: il tramonto è avvenuto da un bel po’ e il buio cala inesorabile, ma l’aliante non rulla fino alla testata pista sebbene il giovane pilota abbia dichiarato via radio di essere “in corto finale”. Luigi allora dispera prima in un fuori campo, poi in un atterraggio nella vicina aviosuperficie e, infine, come ultima impossibile eventualità, s’insinua in lui l’idea balsana che si sia verificato un evento di cui, a bassa voce e con circospezione, qualcuno è già stato testimone incredulo e, a sua volta, non creduto.

Nel frattempo Marco è invece atterrato perfettamente sulla pista di Guidonia sebbene l’aeroporto gli appaia insolito, diverso. Addirittura non c’è Michele ad attenderlo ed è scomparso il grande piazzale con gli aeroplani al parcheggio o la stessa Torre di controllo.

Parcheggiato l’aliante, il ragazzo sarà invece accolto da un misterioso ufficiale dell’Aeronautica che lo festeggerà con tanto di bottiglia di spumante e bicchieri. Sarà proprio costui che gradualmente, con tatto, lo inizierà al fenomeno sovrannaturale che si sta per compiere.

Se c’è un pilota e un velivolo che non potevano mancare alla “lunga notte delle aquile” raccontata da Paolo Amico, sono Carlo Emanuele Buscaglia e il suo famoso SM 79 Sparviero in versione aerosiluante. Se vorrete sanare la vostra curiosità sull’uno e sull’altro, vi consigliamo di visitare il sito web: “Ali e uomini” all’indirizzo: http://www.alieuomini.it/catalogo/dettaglio_catalogo/savoia_marchetti_sm_sparviero,8.html da cui abbiamo tratto questo splendido cartellone pubblicitario d’epoca

L’evento misterioso è appunto “la notte delle aquile”, una lunga notte invernale in cui l’aeroporto di Guidonia diventa il luogo di raduno dei grandi personaggi e degli aeroplani che hanno segnato la storia dell’Aeronautica Militare italiana. Guidonia è la loro città, la città dell’aria per definizione, il luogo deputato ove piloti, tecnici, progettisti e militari dell’Arma Azzurra possono darsi convegno, salutarsi e confidarsi l’un l’altro una volta all’anno.

Nella finzione narrativa di: “La lunga notte delle aquile”, mentre il giovane allievo pilota Marco sta brindando in compagnia di un certo Umberto Maddalena, il suo istruttore s’imbatte in Bruno Mussolini che, nel grande hangar di Guidonia, sta mettendo a punto i motori del suo bombardiere strategico Piaggio P 108B. Tra i due nasce subito una reciproca simpatia al punto che a Bruno viene spontaneo chiedergli di fargli da copilota nel volo di prova che intende effettuare di lì a poco. La verità storica fu tutt’altro che gradevole giacchè accomunerà in modo tragico Bruno Mussolini e il suo quadrimotore. Tuttavia preferiamo non aggiungere altro in quanto potrete trovare informazioni estremamente esaurienti riaguardo questo sfortunato velivolo e il suo famoso pilota nel sito web: “Ali e uomini” all’indirizzo: http://www.alieuomini.it/catalogo/dettaglio_catalogo/piaggio_p_b,71.html da cui abbiamo tratto il poster pubblicitario che ritrae il P108B

 

Ed ecco allora che Marco si renderà conto che l’enigmatico ufficiale della Regia Aeronautica altri non è che il redivivo Umberto Maddalena, mentre Michele contemporaneamente, avrà addirittura la fortuna di volare con il Piaggio P108B e di conoscere in carne ed ossa Bruno Mussolini che con quel velivolo perse la vita durante un volo di collaudo.

E ancora: avremo modo di conoscere molto da vicino veri e propri monumenti della storia dell’aviazione italiana come: Carlo Emanuele Buscaglia e Carlo Faggioni mentre ci verranno presentati i grandi ingegneri delle costruzioni aeronautiche italiane come: Mario Castoldi, Pegna, Casiraghi, Alessandro Marchetti, e lo stesso Celestino Rosatelli.

Marco e Luigi si ritroveranno finalmente assieme durante quella magica notte e avranno modo di assistere a quella improbabile rimpatriata di personaggi del passato e delle loro macchine volanti a bordo delle quali sono periti o grazie alle quali sono diventati famosi. Nella finzione credibile del romanzo tutti atterrano ordinatamente in successione sulla pista di Guidonia in un tripudio di aeroplani e di equipaggi mentre una gelida Luna osserva stupefatta quel mirabolante convivio.

Assieme a Michele e a Marco avremo così occasione di conoscere, tra gli altri, Arturo Ferrarin, il grande Adriano Visconti, e nientepopodimenoche Italo Balbo o lo stesso Alessandro Guidoni che si concederanno dei discorsi dal palco di questa singolare cerimonia, ponte ideale tra il passato e il presente, tra l’oblio e la memoria sempre viva.

Ai due personaggi principali si aggiungerà poi il generale Guarnieri, Capo di Sato maggiore dell’Aeronautica in carica che con mente aperta e cuore sincero, sarà anch’egli testimone di quella notte e da quella notte trarrà un rinnovato vigore nel portare a termine il suo compito istituzionale.

 

Il messaggio lanciato dal romanzo è dunque facilmente individuato: il mantenimento della memoria storica aeronautica.

Nobile scopo – certamente – facile a dirsi, difficile a praticarsi. Specie in un paese, come il nostro, in cui i cimeli abbondano ovunque e i musei ne hanno gli scantinati pieni; ove le gesta eroiche si perdono nella notte dei tempi e non sono mai mancati – parafrasando una definizione dell’italica nazione – santi, poeti e navigatori.

Una foto dell’epoca ritrae l’entrata monumentale dell’aeroporto di Guidonia. Ad onor del vero, a vederla oggi appare più monumentale di quanto non apparisse allora, Inutile sottolineare che tutte le facciate furono ricoperte di travertino romano estratto in una delle vicinissime cave dislocate tutto attorno all’aeroporto

E’ per questo motivo che personaggi illustri della storia della nostra aviazione – peraltro vecchi a malapena di cento anni o poco più – vengono inesorabilmente dimenticati o, nell’ipotesi migliore, semplicemente ignorati.

Ed è sempre per questo motivo che i luoghi che furono fondamentali per lo sviluppo delle attività aeronautiche nazionali (e non solo) sono state volontariamente o involontariamente lasciate cadere nell’oblio. Mi riferisco ad esempio all’idroscalo di Orbetello dove furono organizzate e presero avvio le Crociere Atlantiche e di cui ci ha dato conto in una recensione il nostro preziosissimo Evandro Detti. Oppure lo stesso aeroporto di Guidonia, crogiolo di ricerche all’avanguardia in molte discipline connesse al mondo aeronautico e al contempo luogo da dove presero avvio mirabolanti imprese come il record di quota di Pezzi o la trasvolata di Ferrarin.

A questo punto occorre una doverosa precisazione: quanto scrive il sottoscritto non è l’espressione nostalgica per un’epoca che non è la propria giacché ormai morta e sepolta dalla polvere del tempo, né intende dare voce ad una consunta dietrologia della serie: “Era meglio quando c’era lui”, giammai. In chi scrive, c’è lo stesso sentimento di rammarico – forse è più corretto definire: di amarezza – che è rinata ed è riaffiorata in tutta la sua genuinità a seguito della lettura del libro di Paolo Amico. La stessa amarezza che ha ispirato il suo autore – ne sono certo – nella stesura di questo libro.

Questo è l’omaggio indelebile che il regime fascista volle tributare al generale Alessandro Guidoni  con una cerimonia cui partecipò Mussolini in persona per la posa della prima pietra. Era il  il 27 aprile 1935, anniversario della morte del Generale, perito in quel medesimo luogo nel 1928.  Oggi quel tributo alla memoria si trova in un’area attigua alla strada principale (Viale Roma) che attraversa tutta Guidonia e che conduce all’aeroporto. E ancora oggi , sebbene soffocato tutto attorno da palazzi e automobili in sosta più o meno selvaggia, quel simbolo della memoria in travertino romano, ricorda degnamente colui che diresse, a partire dal 1927, proprio la Direzione superiore studi ed esperienze (DSSE) dell’aeroporto di Montecelio, divenuto poi di Guidonia appunto

Tornando dunque al romanzo, l’idea di base e l’invenzione narrativa escogitata dal suo autore assumono la forma di una  sorta strumento di denuncia rivolto anzitutto alle istituzioni aeronautiche deputate al mantenimento della propria storia (in primis l’Aeronautica Militare italiana) e poi ai vari enti e associazioni e perché no? … anche nei confronti dell’intera comunità civile troppo spesso indifferente rispetto al nostro passato aeronautico. Una denuncia che – a ben intendere – si esplicita anche nei confronti dei lettori del libro affinché i numerosi personaggi storici che costellano la storia dell’Aviazione italiana e non solo, non diventino un pittoresco corollario ornamentale alle notti inquinate dalle luci artificiali dei falsi miti moderni o delle celebrità effimere dei nostri giorni. Viceversa essi sono veraci stelle di prima grandezza e fanno parte a pieno titolo di quella galassia aeronautica o tecnologica universale; il loro ricordo non può essere appannaggio di pochi sparuti appassionati del settore ma deve essere rinnovato e mantenuto presso le nuove generazioni. In che modo? … magari proprio grazie a dei romanzi come quello di Paolo Amico.

 

A proposito della minuziosa ambientazione degli accadimenti narrati, appare evidente che l’autore ben conosce quei medesimi luoghi giacché – lo rivela la breve biografia – il suo primo approccio al mondo aeronautico fu proprio l’aeroporto Guidonia ove conseguì la licenza di pilota di aliante. Ad ogni modo la realistica descrizione dei luoghi non appesantisce affatto il ritmo del romanzo che, tutto sommato, si mantiene sempre ad un buon livello.

La prosa è fluida, lineare, mai superficiale, anzi, tutt’altro.

Benché non ci sia dato conoscere i trascorsi scolastici dell’autore, si nota nel testo uno scrupoloso sviluppo della trama che – lo ricordiamo – vede operare contemporaneamente più personaggi in diversi luoghi dell’aeroporto. La narrazione non è però dispersiva e non arreca disorientamento nel lettore, forse perché, in questa opera di cesello, Paolo Amico è stato sicuramente aiutato dal “mestiere”, acquisito praticando la professione orafa, giusto appunto coniugato alla metodicità indottagli dall’essere divenuto pilota di aliante e di velivoli poi.

Ad ogni modo il suo connaturato talento letterario abbinato da – immaginiamo – proficui studi umanistici (utili a gestire al meglio la sempre ostica grammatica italiana), hanno reso il testo scorrevole, piacevole, in alcuni punti addirittura avvincente. E questo nonostante alcuni discorsi declamati da illustrissime celebrità storiche di cui sopra.

I personaggi sono tratteggiati con strategica sintesi, sia nello loro caratteristiche fisiche che in quelle caratteriali. A questo scopo risultano utilissime le note a piè di pagina che forniscono invece delle minime informazioni biografiche circa le diverse personalità “evocate” nel romanzo.

In effetti, ricorrere all’artificio tipografico del loro nome in grassetto abbinato alle note appunto, costituisce un pretesto – a mio parere ottimamente riuscito – di innescare nel lettore una certa curiosità, prologo di ulteriori ricerche e di letture specifiche.

Ecco cosa contenevano, ad esempio, le strutture di ricerca, fiore all’occhiella della D.S.S.E. (Direzione Superiore Studi ed Esperienze) di Guidonia. Per dovere di verità occorre riportare che spesso ricorre la notizia di un recupero dell’area storicamente e tecnologicamente significativa ma, al momento, tutto tace. Fa fede l’articolo riportato nel sito di Italia nostra all’indirizzo: https://www.italianostra.org/salvare-le-strutture-della-d-s-s-e-a-guidonia-principale-testimonianza-del-primato-italiano-nellaeronautica-tra-le-due-guerre/ che vi esortiamo a leggere

Non che i grandi protagonisti della storia dell’Aviazione italiana vengano piegati impudentemente dalle necessità narrative dell’autore rimanendone stravolti o rendendoli ridicoli, certo che no, semmai è tangibile il contrario: si avverte tra le righe il profondo rispetto che Paolo Amico nutre nei loro confronti e per le vicende, spesso tragiche, che li resero celebri.

Intendiamoci: questo romanzo non è celebrativo delle loro gesta ma vuol essere, come peraltro sostiene nel libro un personaggio completamente inventato: “… un racconto al limite tra la storia e la fantasia” … e tant’è!

Buona lettura e buoni ricordi.

 

Nota di Redazione: il lettore avrà notato che i nomi dei piloti militari citati in questa recensione sono privi del loro rispettivo grado. Volutamente. Non per svilire la loro posizione nell’ambito della gerarchia militare, tutt’altro. Semplicemente perchè, al di là della loro posizione nell’ambito della Regia Aeronautica condividiamo quanto ha scritto Paolo Amico a conclusione del suo libro:

“Questi piloti li vogliamo ricordare per l’abilità nel collaudare i pericolosi prototipi sperimentali o per il coraggio di percorrere rotte inesplorate in cui nessun aereo aveva mai volato prima. Storie di uomini abili, veloci, coraggiosi, piloti dalla mentalità moderna, spesso precursori di soluzioni scontatamente attuali. Erano imbattibili. Assi della caccia, collaudatori dall’istinto formidabile, trasvolatori dall’intuito incredibile o piloti raffinati, autentici poeti del cielo.”

Non importa il loro grado militare … per noi sono semplicemente “le nostre aquile”.

 





Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR





 

 

Ali di fantasia

titolo: Ali di fantasia

autore: Claudio di Blasio

editore: Youcanprint

anno di pubblicazione: 2018

ISBN: 978-88-27841-55-6





 

Non accade spesso di ritrovarsi tra le mani la copia di un libro stampato il mese in corso; a dire il vero è la prima volta che ci capita qualcosa del genere. Non che l’inchiostro sia ancora fresco o la carta odori ancora di albero – certo che no – tuttavia ci reca un certo effetto immaginare che stiamo scorrendo pressoché in anteprima le pagine di questo volume. Ma tant’è: siamo o non siamo l’unico sito italiano di letteratura aeronautica inedita e non?

In verità dovremmo conoscerne già il contenuto giacché chi vi scrive ha avuto la fortuna e il privilegio di visionarne il manoscritto; eppure, sfogliare le pagine rilegate, leggere il testo ordinatamente distribuito nel tipico formato tascabile, toccare con mano l’insieme di tanti ricordi e di invenzioni narrative, beh … innesca sensazioni ben diverse che leggere quello stesso testo, informe e asettico nelle pagine sintetiche di un monitor di computer. Credeteci, è così.

Nello specifico, stiamo parlando di “Ali di fantasia”, secondo romanzo pubblicato da Claudio Di Blasio, autore di cui abbiamo letto e apprezzato i numerosi racconti con i quali ha partecipato – e si è anche ben piazzato – a diverse edizioni del nostro Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” oltre che, ovviamente, al suo libro di esordio intitolato: “La mia parte di cielo” di cui potete leggere la nostra recensione nella pagina ad esso dedicata.

Di qualunque autore o autrice si tratti, a qualsiasi latitudine e longitudine si trovino, è universalmente risaputo che il loro primo libro sarà sempre dal fortissimo taglio autobiografico. Lo annotammo giusto appunto nella recensione di cui sopra a proposito del libro di esordio di Claudio di Blasio perché anch’esso non veniva meno a questa sacra regola. Inoltre ci esprimemmo benignamente nei suoi confronti pur tuttavia, non senza un malcelato tono provocatorio, lo esortammo a mostrarci di quale pasta fosse davvero composta la sua arte scrittoria, il suo talento narrativo … magari in occasione di un secondo romanzo, sempre se avesse avuto la voglia e la forza di scriverne un secondo, s’intende. Ebbene, oggi che quel romanzo è nelle nostre mani, possiamo finalmente sciogliere qualsiasi riserva e dichiarare – senza possibilità alcuna di essere smentiti – che il nostro Claudio di Blasio è proprio figlio della sua terra marchigiana: onesto ed essenziale scrittore, fantasioso ma non astruso autore, dolce eppure austero narratore.

Benché le sue “Ali di fantasia” lascino pensare ad un testo puramente inventato, scorrendo le 316 pagine che compongono il volume, ci accorgeremo presto che, fedele alla sua indole marchigiana, di fantasia ne ha usata quanto ne occorreva, né tanta né poca, la giusta dose per mantenere incollato il lettore al libro e obbligarlo inconsapevolmente a leggerlo fino all’ultima pagina.

La copertina del bel libro di Claudio di Blasio. Se una critica possiamo muovere all’autore a proposito del suo volume, è proprio inerente la copertina che – troviamo – assolutamente non pertinente al testo che essa racchiude. Volendo formulare un mero bilancio statistico, forse un capitolo o due potrebbero suffragare questa scelta, viceversa almeno una dozzina di capitoli urlano giustizia invocando, quale foto di copertina, l’immagine di un F104 Starfighter, affettuosamente chiamato “Spillone” dai piloti dell’Aeronautica Militare Italiana. Scelte editoriali? Problemi di copyright? Bah … magari nella seconda edizione troveremo una bel 104 in salita con i post brucatori accessi? Speriamo …

Il protagonista, Paolo, è un infatti un verosimile giovane ragazzo di una realistica cittadina di provincia italiana che incappa accidentalmente in un attendibilissimo manifesto contenente il bando di concorso per accedere all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Pagina dopo pagina, alla stregua degli spettatori in prima fila, vivremo così tutta la sua carriera militare: i momenti di gioia e di grande soddisfazione professionale come pure quelli di sconforto e di difficoltà, episodi ad alto contenuto di adrenalina e di pericolo, oltre a quelli di sommo piacere fisico e di genuina rettitudine morale. Tutto questo fino all’inevitabile epilogo che – ve lo possiamo anticipare fin d’ora – non sarà luttuoso ma semmai incline ad un futuro assolutamente auspicabile e che lascia alle generazioni future il libero arbitrio di ripercorrere o meno lo stesso percorso.

In effetti, pur avendo speso una vita in qualità di equipaggio di volo a bordo degli elicotteri della Benemerita e pur avendolo desiderato fortemente, l’autore non è mai divenuto realmente un pilota da caccia. Ed è forse proprio in questo aspetto che egli è ricorso davvero a pieni mani alla fantasia. Che non gli fa certo difetto – aggiungiamo noi – ma che utilizza sempre con la sua proverbiale parsimonia.

Il vero protagonista del romanzo: il Lockeed-Aeritalia F104 Starfighter. Qui è ritratta addirittura una formazione serrata di velivoli appartenenti al IX stormo. (foto prelevata all’indirizzo: https://www.flickr.com/photos/goldenpixel/1712534012/, di Carlo A.G. Tripodi)

In estrema sintesi, nel libro avremo modo di apprendere molto verosimilmente le vicissitudini e le esperienze reali di un ex pilota militare, poi divenuto civile che, al termine della sua attività professionale presumibilmente attorno ai primi anni ’90, oggi potremmo incontrare senz’altro ai giardinetti in compagnia dei nipoti o dei pronipoti. Non un superman, non un top-gun ma un uomo fatto di carne e ossa, di principi e di morale come sono poi sono (o dovrebbero essere) i piloti militari e civili

In definitiva, se di ali e di fantasia si dovrebbe leggere in questo libro – lo chiariamo fin da subito – il potenziale lettore sappia che ci sono moltissime ali e poca fantasia. Ma non per questo te ne vogliamo, caro Claudio!

D’altra parte – non dimentichiamolo – l’autore è persona concreta, schietta, è un ex manutentore aeronautico e per giunta un ex carabiniere, dunque pragmatico e rigoroso come solo loro sanno essere.

In effetti, rotto il ghiaccio del libro di esordio, l’autore si ripresenta in questo libro mostrando notevoli miglioramenti nella sua capacità di costruire i dialoghi, di creare gli episodi in cui si muovono le vicende del protagonista. Rispetto al primo libro, Paolo e i personaggi secondari finalmente colloquiano spesso tra loro alleggerendo perciò la narrazione in terza persona che si fa meno monotona e prevedibile. In diversi capitoli poi, brevi siparietti tragicomici – di fantasia o reali? … non lo sapremo mai – strappano addirittura il sorriso rendendo tutti i personaggi meno ingessati e più umani, altrimenti destinati solo al lavoro, patria e famiglia. Poco credibile, no?

Tornando ai personaggi, sottolineiamo che risultano appena tratteggiati anche se – lo abbiamo rilevato in più occasioni – il loro ideatore si concede qualche deroga quando si tratta di appartenenti al gentil sesso. In verità, a loro riserva anche avventure ad alto tasso erotico, peraltro sapientemente narrate, ma senza mai scendere nel volgare. D’altra parte è risaputo che il fascino del pilota è irresistibile … o forse è solo fantasia? In definitiva: all’interno di “Ali di fantasia“ c’è anche qualche sfumatura a luci rosse … ma che non guasta affatto allo spirito generale del romanzo.

Anche a proposito della retrocopertina di “Ali di fantasia” non riusciamo ad essere indulgenti nei confronti dell’autore o di chi ne ha curato la veste grafica. Vi domandiamo: vi sembra ortodosso che nella foto di retrocopertina, quella che, per intenderci, dovrebbe ritrarre l’autore in tutta la sua beltà, soprattutto a beneficio dei suoi fans, egli si mostri con gli occhiali da sole? A costo di essere scortesi, vorremmo ricordare che, nel caso di grandi stelle della musica come Ray Charles o Bocelli, potrebbe essere assolutamente ragionevole o addirittura ovvio … ma nel caso di Claudio di Blasio? Che sia un timido? Che sia in incognito? Più tignosi di una zecca, siamo andati a rivedere la retrocopertina del suo primo libro, “La mia parte di cielo” e lì, neanche a dirlo, l’autore appariva celato nientemeno che dal casco di volo. Dunque il miglioramento c’è stato! A questo punto, confidiamo fiduciosi che nel terzo volume l’autore apparirà in costume da bagno … ma con il cappello di paglia in testa …

Lo stile di Claudio Di Blasio si conferma perciò asciutto, lineare; non si lascia andare a descrizioni dettagliate dei luoghi o delle persone anche se, nel suo pluriennale peregrinare lavorativo, non stentiamo a credere che abbia frequentato davvero quei luoghi o abbia incontrato davvero quel genere di umanità.

La prosa dell’autore si conferma anch’essa godibilissima e, se non fosse per i capitoli e i vari episodi che contraddistinguono il libro, sarebbe assai facile giungerne di filato alla fine, ossia leggerlo tutto d’un fiato senza per questo rimanerne affaticati.

La trama è presto svelata e l’intreccio dei ventidue episodi, per quanto ben narrati, non raggiunge mai uno stato di tensione palpabile. Certo, in qualche pagina abbiamo tremato assieme al protagonista e anche a voi – così come è capitato a noi – capiterà di accorgervi di tirare un sospiro di sollievo assieme a Paolo, al termine della sua avventura aerea, ma – ricordiamoci – questo è un libro ad alto contenuto aeronautico, non un thriller!

A proposito di contenuto aeronautico, è doveroso precisare che il tasso da noi rilevato è altissimo, sebbene “Ali di fantasia” non sia scritto per lettori cosiddetti specializzati, anzi. Ammettiamo che il libro è sicuramente di nicchia; lo è per genere e per il tema che affronta, tuttavia è facilmente leggibile da chiunque, anche grazie alle provvidenziali note a piè di pagina che sono assai utili per coloro, non a dentro al mondo del volo, che volessero comprendere i vocaboli tecnici o apprendere espressioni tipicamente aeronautiche.

 

L’impaginazione è validissima in quanto i caratteri sono di dimensioni generosa e la carta, rigorosamente opaca, è di buona qualità tanto che siate pur certi di poter prestare il libro ad amici o conoscenti curiosi: non si disferà al passaggio di mano o all’ennesima lettura.

Non ci è dato sapere se ne esiste o ne verrà mai elaborata una versione e-book, lo auspichiamo. E auspichiamo anche che, al prossimo romanzo, Claudio di Blasio veda riconosciuta la bontà del suo scrivere da parte di un vero editore, uno di quei quelli che non gli chiederà quattrini per la pubblicazione del suo libro, che ne seguirà professionalmente la correzione della bozza, gli suggerirà la veste tipografica ideale, copertina compresa e, da ultimo, gli suggerirà un prezzo di copertina congruo.

Ecco, a proposito del prezzo di copertina, preferiremmo stendere un velo pietoso … ma, per dovere di recensione, dobbiamo ammettere che qui si apre l’unica nota dolente di “Ali di fantasia” perché il prezzo di copertina è quello tipico del best-sellers con tanto di copertina rigida e sovraccoperta a colori d’autore. Invece, in tutta onestà, non abbiamo di fronte un best-sellers né un libro di alta qualità tipografica. Non ce ne voglia l’autore ma la stampa e la diffusione del volume a cura di Youcanprint, noto servizio editoriale di self-publishing, avrebbe dovuto consentire una notevole economia in termini di costi e invece …

Una’altra bella immagine di un F104 che, dopo una gloriosa vita operativa fa bella mostra di sè in qualità di gate guardian nella base dell’Aeronautica Militare Italiana di Cervia. Confessate: vVi piacerebbe averne uno in giardino, eh? (foto prelevata da https://www.flickr.com/photos/fabrizioberni/3107093238/in/photostream/ di Fabrizio Berni)

Siamo certi che, da parte sua, l’autore non avesse alcuna intenzione di lucrare sulla sua composizione narrativa, tuttavia, di questi tempi, spendere ben 20 euro per acquistare questo libro, costituiscono un bel gesto di fiducia nei tuoi confronti, non trovi, Claudio?

E’ vero che volare costa ma con la fantasia ancor di più!

In conclusione, un libro che fa venir voglia di volare davvero o, al peggio, di volare almeno sulle ali della fantasia perché, come giustamente sottolinea Claudio di Blasio nell’apertura della sua prefazione:

“Sulle ali della fantasia si naviga in qualsiasi momento, a qualsiasi età, basta volerlo!”.

E questo perché, sempre riprendendo un altro passo della prefazione:

“Il volo è poesia, un susseguirsi di versi e di rime che permettono al lettore di librarsi in aria facendogli provare una sensazione unica”.

Parole sante – aggiungiamo noi – che dovrebbero essere scolpite nel cuore di coloro che si cimentano nei testi a carattere aeronautico. Recensioni di libri aeronautici comprese.





Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


La mia parte di cielo

Emozioni in volo

Nuvole





 

 

 

 

I Foggiani

titolo: I Foggiani – Gli aviatori americani delle squadriglie Caproni della Prima Guerra Mondiale

autore: Edward Davis Lewis

editore: LoGisma

anno di pubblicazione: 2011

ISBN: 978-88-87621-96-9





 

Questo libro in italiano, edito da LoGisma in Italia, si aggiunge agli altri due e ne costituisce un ulteriore arricchimento.

L’autore è lo stesso che ha scritto “Dear Bert”,  al secolo Mr Edward Davis Lewis, ma non è certo la traduzione in italiano di quello.

Ecco una di quelle foto che sono rimaste nella storia dell’aviazione italiana e statunitense. Essa testimonia la sintonia che si instaurò tra i piloti, istruttori italiani, da una parte, e allievi statunitensi dall’altra, durante il periodo di addestramento  de “i Foggiani”, appunto. Se infatti la disciplina militare veniva fatta osservare dagli ufficiali statunitensi, a Foggia, l’addestramento al volo era appannaggio esclusivo di quelli italiani, assai esperti nel pilotaggio e profondi conoscitori della macchine volanti in dotazione alla nascente aviazione dell’Intesa. Questo accadde anche perchè, all’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America – viene spiegato nel libro – i piloti militari statuntensi (peraltro ancora inquadrati tra le file dell’Esercito)  erano poco addestrati al combattimento aereo e non avevano in dotazione velivoli qualitativamente validi. Tuttavia, il governo statunitense – capeggiato allora dal presidente Woodrow Wilson – aveva già compreso che l’aviazione sarebbe stata determinante per la vittoria del conflitto. Purtroppo le scuole di volo militari statunitensi erano poche e male in arnese, da qui la decisione dei vertici militari a stelle e striscie  di addestrare i cadetti direttamente in Europa. D’altra parte – e nel libro viene ricordato – gli Stati Uniti d’America si mantennero lungamente neutrali di fronte ad un conflitto squisitamente “europeo” e dunque entrarono in guerra, loro malgrado, solo nell’aprile 1917. Erano – stranamente – per così dire “impreparati” dal punto di vista bellico-aeronautico.Nella foto è facilmente riconoscibile l’allora capitano La Guardia e, sullo sfondo, l’omnipresente bombardiere Caproni.

Come dice lui stesso nella prefazione, dopo aver vissuto per un certo periodo in Italia, si era reso conto della valenza storica del diario di suo padre, delle sue lettere e delle sue fotografie, che aveva raccolto nel libro: “Dear Berth, An American Pilot flying in WWI, Italy“, già oggetto di una recensione a disposizione qui, ospite di VOCI DI HANGAR. Ma da allora aveva continuato a fare ricerche, scoprendo una nuova prospettiva dell’importanza del ruolo dei “Foggiani”.

Questo libro vuole presentare concisamente la storia dei Foggiani ad un pubblico più vasto.

Nel sito dell’editore, ecco come viene presentato il bel libro di Edward Davis Lewis: “La storia degli Aviatori Americani che hanno volato fianco a fianco con i piloti italiani delle Squadriglie di Bombardieri Caproni sul fronte italiano nella Prima Guerra Mondiale. Addestrati a Foggia sotto il comando del Cap. Fiorello H. LaGuardia, quei piloti sono oggi ricordati come “i Foggiani”, e presero parte ad operazioni straordinarie che combinavano assieme le teorie del Magg. Giulio Douhet, il genio dell’Ing. Gianni Caproni e la cooperazione dei comandi dell’esercito di due Paesi. Attraverso fotografie e stralci dei loro diari, il figlio di uno di quei piloti, Edward Davis Lewis, ci offre una prospettiva diversa su come la loro azione contribuì alla vittoria italiana di Vittorio Veneto e alla fine della Grande Guerra.” Questa è la retrocopertina del volume che, corredato da ottime fotografie dell’epoca, ha inevitabilmente un formato generoso, quello tipico dell’album fotografico.

Il bombardiere Caproni che campeggia nell’hangar Troster del Museo Storico dell’Aeronautica Militare italiana di Vigna di Valle (lago di Bracciano – Roma) è un pezzo unico nel suo genere per dimensioni e maestosità. La sua ingombrante presenza è mitigata solo dalla prossimità di tanti altri mirabili esemplari di velivoli della stessa epoca. Riuscite ad immaginare solo per un istante questa macchina in volo con a bordo “I Foggiani”? … quando si dice: essere nati nel secolo sbagliato!

E senz’altro, essendo scritto in italiano, offre la possibilità a tutti coloro che non conoscono l’inglese, di scoprire una storia straordinaria e nascosta della guerra aerea del Primo conflitto Mondiale.

Fotoritratto di Firello La Guardia che, giunto a Foggia assieme ai primi cadetti piloti americani, anche grazie al suo ottimo italiano e alle sue capacità organizzativo-logistiche (oltre che ad un certo peso “politico”), riuscì a strappare subito migliori condizioni di alloggio e rancio per i suoi uomini. Ad onore di cronaca storica le loro condizioni, se confrontate a quelle delle truppe al fronte italiano o francese, non erano assolutamente malvagie già prima dell’arrivo di “Little Flower”. Certamente giovarono molto al morale dei piloti statunitensi gli incontri di baseball che l’italo americano organizzò fin da subito (con grande stupore degli italiani che non conoscevano affatto quello strano sport) o l’apertura di una biblioteca con libri e riviste in lingia inglese, la proiezione di film (ovviamente muti) con didascalie in inglese e di uno spaccio con beni di consumo dal gusto tipicamente americano.

Quando si parla di guerra aerea si pensa subito e soprattutto alle squadriglie di caccia ed ai loro combattimenti, agli assi che hanno abbattuto un gran numero di aerei avversari e così via. Si pensa al fronte occidentale, alla Francia, ai combattimenti sulla Somme. Ma, come dice l’autore, questo è stato un conflitto mondiale ed è stato combattuto in molti teatri. I bombardieri Caproni, impiegati dalle squadriglie italiane e da quelle americane, contribuirono senza dubbio in maniera decisiva alla vittoria sul fronte italiano.

Oltre alle moltissime fotografie dell’epoca, in gran parte le stesse che troviamo all’interno degli altri due libri – ma ce ne sono di nuove interessantissime, alcune delle quali mostrano l’interno della cabina di pilotaggio del bombardiere Caproni -, possiamo ammirare alcune illustrazioni di arte futurista che fanno parte della collezione esposta al Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento. Il progetto del libro, infatti, è stato ispirato e sostenuto dalla generosità di Maria Fede Caproni. Ma tante altre sono le persone che l’autore elenca nei suoi ringraziamenti. Tra loro Gregory Alegi e Gherardo Lazzeri.

 

Ancora uno scatto che immortala Fiorello LaGuardia (come lo scrivono nel mondo statunitense) con indosso la tenuta di volo. Non che a Foggia il clima fosse particolarmente rigido, s’intende, ma piuttosto volare sui Caproni alla mercè degli eventi atmosferici, all’aperto, all’aria, pressochè privi di protezioni dal flusso aerodinamico, imponeva una “combinazione di volo” (come la chiameremmo oggi) più simile a quella di un palombaro che a quella di un pilota. Ne è testimonianza anche la foto di copertina che ritrae appunto due piloti intenti a pilotare un bombardiere Caproni.

Un libro da avere.

Stavolta vorrei sottolineare l’importanza di conoscere un ambito davvero poco noto, ma non per questo meno rilevante, della guerra nel nostro paese.

La raccolta di foto e di testimonianze che contiene lasciano sperare che questo piccolo pezzo di Storia non sprofondi nell’oblio del passato. Teniamolo in evidenza nella nostra libreria.

Questa è una di quelle foto che non può mancare se si parla di Fiorello La Guardia, i bombardieri Caproni, “I Foggiani” e la I Guerra Mondiale. A destra il famoso maggiore Fiorello La Guardia, appunto, mentre a sinistra un giovane ing. Giovanni Battista Caproni, patron dell’omonima ditta di costruzioni aeronautiche italiana. Entrambe diverranno molto famosi: il primo in politica (quale sindaco della città di new York), il secondo nel mondo industriale.

Per non dimenticare.





Recensione a cura di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer).

Didascalie stilate dalla Redazione di VOCI DI HANGAR



 

 

Capronis Farmans and Sias

titolo: Capronis Farmans and SIAs – US Army Aviation training and combat in Italy with Fiorello LaGuardia 19-17-1918 

con la collaborazione di: Jack B. Hilliard

editore: Logisma

anno di pubblicazione: 2006

ISBN: 88-87621-60-8





C’era una volta il libro. Intendo il libro fisico.

So bene che recensire libri scritti in inglese non serve a molto. In questo paese la lettura non è un’attività diffusa, già per quanto riguarda pubblicazioni in italiano, Figuriamoci in inglese…

Tuttavia, dal momento che l’inglese è studiato nelle scuole e siamo in molti ad averne almeno una minima conoscenza, varrebbe la pena approfondirlo, altrimenti si rischia anche di dimenticarlo.

Lo sforzo richiesto dalla lettura di un libro, scritto in una lingua che non sia la nostra, varia a seconda del proprio livello di conoscenza di quella lingua. Ma se, ad esempio, abbiamo studiato l’inglese e ne vogliamo mantenere o addirittura incrementare il livello personale di comprensione, dovremmo prendere, almeno all’inizio, un libro su un argomento che ci interessa molto. Così avremo una buona motivazione per leggerlo, superando la fatica iniziale della ricerca continua di un’infinità di parole sul dizionario. Man mano che la lettura procede, lo sforzo sarà sempre minore e questo per i seguenti motivi.

Primo, molte parole si capiscono dal contesto, dalla frase e se ce n’è una sconosciuta, spesso, si comprende senza bisogno di cercarla.

La copertina del bel libro in lingua inglese edito da Logisma cui dobbiamo il merito di aver recuperato il materiale storico, narrativo e visivo, che ci consente di ricordare eventi tanto lontani eppure così vicini come quelli della I Guerra Mondiale

Secondo, molte parole si ripetono. Una volta cercate e trovate sul vocabolario, si acquisiscono senza accorgercene, andando ad aumentare il nostro vocabolario personale.

Terzo, chiunque sia l’autore, come accade per tutti noi, non può avere un vocabolario personale infinito. Tutti tendono ad usare sempre gli stessi termini ed una volta che li abbiamo cercati sul dizionario e ce ne siamo appropriati… sono diventati anche i nostri. E questo vale pure per tutte le frasi idiomatiche che un autore tende ad usare.

Inoltre, dopo aver letto alcuni libri, anche meno di dieci, siamo già in grado di leggere in inglese quasi come se leggessimo in italiano.

Il problema è iniziare e poi non mollare. Per questo consiglio tutti di cominciare da qualcosa che interessa fortemente. Saremo così sostenuti dalla curiosità di sapere, di scoprire di più, prenderemo mille volte il dizionario, pur di capire una frase sibillina, o intuire il significato di un modo di dire.

Quando si parla di “bombardiere Caproni” il pensiero non può fare a meno di andare al mirabile Ca-33 della Fondazione Jonathan Collection che riesce a far volare un pezzo di storia dell’aviazione italiana. Ma non aggiungiamo perchè troverete tutto nella pagina (sebbene non aggiornata) del sito web della Fondazione (da cui abbiamo tratto questa immagine).

Alla lunga il premio è la possibilità di accedere ad una biblioteca infinita.

Almeno, la mia esperienza è stata questa.

Per noi piloti o appassionati di cose aeronautiche esistono milioni di libri che parlano di volo, di personaggi, di guerra aerea etc. Ed un’alta percentuale di essi è in inglese.

Prima dell’era digitale era difficile reperire libri in inglese. Bisognava farseli spedire dagli stati Uniti o dal Regno Unito.

Dopo, è stato sempre più facile.

Oggi basta avere un Kobo o un Kindle e si possono acquistare libri di ogni tipo stando comodamente seduti sul divano. Pochi click su una tastiera e il libro arriva via etere in una manciata di minuti.

Il mio Kobo, ormai, ne è pieno. Da tempo leggo quasi solo libri in inglese e alcuni in francese.

Qualche tempo fa, in occasione di un raduno annuale dell’associazione Hag (Historical Aircraft Group) e della premiazione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” presso il Museo storico di Vigna di Valle, alle porte di Roma, ho visitato una mostra fotografica allestita in un hangar del museo.

Anche se ci occupiamo essenzialmente di letteratura aeronautica (seppure in tutte le sue forme) non disdegnamo certo quanto di aeronautico appare in tv o al cinema. Ebbene, confessiamo che siamo incappati con sommo piacere in questa pellicola che mescola la vividezza delle immagini dell’epoca (ripulite, colorate e modernizzate) e quelle girate con il coinvolgimento anche dell’unico Caproni Ca-33 ad oggi volante. Il tutto per raccontare alcuni momenti e alcuni personaggi anonimi quanto famosi che animarono il I conflitto Mondiale. Un film di guerra, d’amore, di storia e di aviazione, tutto in egual misura che vi suggeriamo di vedere e gustare come fareste leggendo i libri di questa recensione.

Avevo sentito parlare di questa mostra. L’argomento era perfettamente in carattere con quello del gruppo di appassionati che si riuniva quel giorno.

Si parlava di un evento storico poco conosciuto, ma di estremo interesse. Si parlava di piloti, delle loro vicende, di un aeroporto che esiste ancora oggi. Si parlava della Prima Guerra Mondiale e soprattutto di aerei storici.

Chi sono i soci dell’Hag?

Sono piloti, proprietari di aerei storici.

Ma per spiegare meglio chi sono riporto qui una parte della presentazione che loro stessi hanno messo nel sito http://www.hag-italy.it :

L’Historical Aircraft Group è un associazione senza fini di lucro che si prefigge lo scopo di ricercare, valorizzare e restaurare in condizioni di volo aeroplani di valore storico. Ufficialmente formatasi nel 2004 dalla passione di un piccolo gruppo di amici con differenti background, l’H.A.G. ha saputo, nel giro di breve tempo, ritagliarsi un ruolo chiave nel panorama dei velivoli storici italiani.

L’Historical Aircraft Group si rivolge alla folta schiera di appassionati, piloti, collezionisti e storici interessati alla conservazione, diffusione e all’approfondimento delle tematiche relative al patrimonio storico e tecnologico che gli aerei storici rappresentano.

Un aereo storico e’ il compendio di una vasta gamma di tematiche che spaziano dalle tecnologie costruttive, ai propulsori alle combinazioni di volo e non ultimo le storie degli uomini che, sia in pace che in guerra, hanno contribuito in meno di un secolo, allo sviluppo dell’aviazione….”

Anche la mostra riguardava, insomma, aerei storici.

Il gran numero di pannelli che spiegavano l’intero argomento di questa mostra erano stati sistemati sotto la notevole mole di un maestoso aereo da bombardamento della Prima Guerra Mondiale e vicino si potevano ammirare aerei da caccia di vari tipi, ma dello stesso periodo storico.

Certo, non capita tutti i giorni di verdere un pilota coperto da una pesante tuta di pelle (con relativa pellicciona) e occhialoni … ma – capirete – questo scatto risale nientepopodimenoche a 100 anni fa e ritrae George M. D. Lewis, l’autore del diario da cui il figlio, Edward Davis Lewis, ha basato il suo libro pubblicato nel 2002 (con la collaborazione del Museo Caproni – s’intende -) e di ben 188 pagina ricche di storie e foto magnifiche.

 

L’aereo sotto il quale ci trovavamo era un Caproni. Uno di quelli che comparivano anche nelle foto montate sui pannelli della mostra.

Ascoltai, insieme ad un gruppo di presenti le interessanti spiegazioni del celebre storico aeronautico Gregory Alegi e dell’editore LoGisma – al secolo Gherardo Lazzeri -, personaggi che non hanno bisogno di presentazioni.

Di questa mostra LoGisma aveva pubblicato due libri. Il primo è intitolato:

CAPRONIs, FARMANs and SIAs. U.S.Army Aviation Training and Combat in Italy with Fiorello La Guardia 1917-1918”.

Il secondo è intitolato:

Dear Bert. An American Pilot flying in World War I Italy”.

All’inizio di settembre 1917 alcune centinaia di aviatori statunitensi, dopo aver ricevuto una buona preparazione teorica in madre patria, vennero spediti in Italia per ricevere la formazione pratica e prendere poi parte, insieme agli italiani, alle operazioni della Prima Guerra Mondiale.

Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra spedirono i propri contingenti in tutta Europa. I piloti di cui si parla nei libri suddetti sono quelli che arrivarono in Italia. Erano aviatori e giunsero a Foggia, nell’aeroporto che esiste ancora oggi e prende il nome da Gino Lisa, un ufficiale che fece parte dell’attacco alle navi austriache presenti nel golfo di Kotor (Cattaro), sulla costa del Montenegro. A quell’offensiva partecipò anche Gabriele D’Annunzio.

L’editore Logisma non avrebbe potuto scegliere una fotografia più scenografica di quella che ci ha concesso quale splendida retrocopertina del bel diario di guerra intitolato: “Dear Bert, An American pilot flying in World War I Italy”

Il periodo addestrativo di questi aviatori a stelle e strisce durò parecchi mesi. Quando finalmente furono pronti ad andare al fronte, la guerra stava per finire ed alcuni di loro riuscirono a compiere solo poche azioni. Ma durante la loro permanenza a Foggia ebbero luogo alcune battaglie importanti, di cui i nostri sentirono solo parlare, come la disfatta di Caporetto, l’offensiva del Piave e il volo su Vienna di D’Annunzio.

Molto probabilmente non avremmo mai saputo nulla di questo gruppo di aviatori, alcune centinaia, appunto, non un grande numero. La loro storia sarebbe sprofondata nell’oblio del passato, nonostante il fatto che tra loro ci fosse un personaggio divenuto famoso successivamente, un ufficiale che si chiamava: Fiorello LaGuardia.

Il magnifico bombardiere Caproni conservato nell’hangar più pregno di memorie del Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle. Lo scatto è quello presente proprio nel sito web dell’AMI ove potrete leggere la storia e ulteriori dettagli (assai interessanti) relativi a questo velivolo che, per l’originalità e la modenità della sua architettura, è da considerarsi rivoluzionario. E anche di grande successo industriale.

Il capitano LaGuardia, italo americano che parlava la nostra lingua, prese in carico il gruppo di connazionali a Parigi e li condusse a Foggia. Dopo la guerra entrò in politica ed oggi è intestato a lui uno storico aeroporto della città di New York di cui divenne sindaco nel 1930.

L’elemento straordinario che ci ha permesso di conoscere le vicende di questi aviatori sta nel fatto che parecchi di loro erano appassionati di fotografia (macchinette e pellicole dell’epoca che hanno tuttavia fatto egregiamente il loro lavoro) e che hanno puntigliosamente immortalato ogni momento rilevante della loro permanenza a Foggia e dei loro frequenti viaggi a Roma, a Milano o in altre località limitrofe. Inoltre, hanno avuto la costanza di tenere un rigoroso diario giornaliero, segnando tutti gli avvenimenti, compresi pranzi, menù, feste, cambi di alloggio e così via.

Al termine della premiazione della V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”, gli intervenuti hanno avuto la fortuna di poter visitare la mostra fotografica dedicata ai “Foggiani”. Erano accompagnati dallo stesso ideatore, l’editore Logisma (al secolo Gherardo Lazzeri) qui ripreso da uno scatto fulmineo della reflex di Evandro Detti (cui dobbiamo anche questa recensione)

Tutti scrivevano a casa e ricevevano lettere e pacchi. Anche la corrispondenza, conservata scrupolosamente, costituisce un ulteriore diario, nel quale scopriamo, qua e là, riferimenti a fatti storici eclatanti del periodo.

Poiché questi aviatori hanno tenuto nota di ogni cosa, nel periodo di fine 1917 e per tutto il 1918, quindi giusto cento anni fa, è possibile addirittura, oggi, ogni giorno o quasi, andare a cercare il corrispondente giorno del loro diario e vedere cosa successe in quella data.

Esattamente cento anni fa!

E con tanto di fotografie, alcune delle quali sono di un interesse davvero notevole. E’ un archivio fotografico vero e proprio, quello contenuto in questi libri.

La locandina dell’ottima mostra fotografica curata dall’editore Logisma che è transitata, tra le altre, anche nel fantasmagorico Museo Storico dell’Aeronautica Militare italiana di Vigna di Valle (lago di Bracciano, Roma) Gli facevano da cornice un mirabile Caproni, il primo bombardiere mai costruito e impegnato in missioni operative nella storia dellAviazione, nonchè tutti gli altri splendidi cimeli della I Guerra Mondiale religiosamente conservati nell’hangar “Troster” del Museo.

L’editore LoGisma ha curato l’edizione di questo volume con una qualità elevatissima, sia per quanto riguarda la carta, il formato e la rilegatura, ma anche la stampa e, soprattutto, la riproduzione delle foto.

Il secondo libro, intitolato “Dear Berth”, aggiunge a quanto detto sopra una particolarità ancora più appassionante. L’autore si chiama Edward Davis Lewis. E’ il figlio (uno dei sei figli, in verità) del protagonista, George Davis Lewis, uno del gruppo di aviatori americani del nucleo di Foggia. Uno dei “Foggiani”.

George giunse in Italia insieme agli altri. E come i suoi commilitoni tenne il proprio diario, scrisse e ricevette le sue lettere, fece fotografie.

La sua corrispondenza era prevalentemente diretta alla fidanzata, Bertha Harsch.

Dopo la guerra George tornò negli Stati Uniti, si sposò, ebbe i suoi sei figli. Uno di questi, Edward, raccolse il diario, le lettere e le foto e ne fece questo libro.

Giusto per informazione, Edward aveva sposato una donna italiana, Vivina, che lo ha aiutato nel lavoro di selezione del notevole materiale.

Edward definisce Vivina come la sua true italian connection, ma ci sono altre connessioni.

 

Il fotoritratto di Fiorello la Guardia (affettuosamente denominato “The Little Flower” – letteralmente tradotto: “Piccolo Fiore” – anche in virtù delle sue dimensioni non proprio statuarie ) quando guidava “I Foggiani”. Il destino gli riserverà notevoli impegni in politica e, in particolare, ben tre mandati consecutivi alla guida della città di New York in qualità di “mayor” = sindaco. Era nato nel 1882 nel quartiere di Manhattan, a New York, figlio di un immigrato italiano originario della provincia di Foggia (Cerignola)  di professione musicista, che divenne direttore della banda del U.S. Infantry. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, decide di arruolarsi nell’American Expeditionary Force e, in quanto laureato in legge, gli viene attribuito il grado di tenente.  Inoltre FIORELLO conosce perfettamente sette lingue – tra cui l’italiano  – e dunque diventa il comandante dei piloti statunitensi addestrati e di stanza in Italia  – “I Foggiani”, appunto – per congerdarsi,a conflitto terminato, con il grado di maggiore. Il nome “LaGuardia”, (come viene scritto nornalmente in inglese), riecheggia ancora oggi tra le strade di New York giacchè già nel 1947, quando era ancora in vita, per ricoscenza, la città decise di chiamare “Fiorello LaGuardia Airport” il suo secondo aeroporto. Probabilmente è l’italo-americano più famoso negli Stati Uniti.

L’ingegner Caproni aveva progettato e costruito gli aerei sui quali i “Foggiani” volarono. E Maria Fede Caproni è stata l’ispirazione e il motore che ha spinto il progetto della mostra e dei libri che li riguardano.

Il Museo Caproni di Trento, del resto, insieme all’editore LoGisma, ha curato la realizzazione di questi libri, che sono, a parer mio, un vero, piccolo tesoro, letterario e storico.



Recensione a cura di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer)

Didascalie delle foto a cura della Redazione di Voci di hangar



Recensione di Evandro A detti (Brutus Flyer)

Dear Bert. An American Pilot flying in World War I Italy

titolo: Dear Bert. An American Pilot flying in World War I Italy

autore: Edward David Louis

editore: Logisma

anno di pubblicazione: 2002

ISBN: 88-87621-20-9





C’era una volta il libro. Intendo il libro fisico.

So bene che recensire libri scritti in inglese non serve a molto. In questo paese la lettura non è un’attività diffusa, già per quanto riguarda pubblicazioni in italiano, Figuriamoci in inglese…

Tuttavia, dal momento che l’inglese è studiato nelle scuole e siamo in molti ad averne almeno una minima conoscenza, varrebbe la pena approfondirlo, altrimenti si rischia anche di dimenticarlo.

Lo sforzo richiesto dalla lettura di un libro, scritto in una lingua che non sia la nostra, varia a seconda del proprio livello di conoscenza di quella lingua. Ma se, ad esempio, abbiamo studiato l’inglese e ne vogliamo mantenere o addirittura incrementare il livello personale di comprensione, dovremmo prendere, almeno all’inizio, un libro su un argomento che ci interessa molto. Così avremo una buona motivazione per leggerlo, superando la fatica iniziale della ricerca continua di un’infinità di parole sul dizionario. Man mano che la lettura procede, lo sforzo sarà sempre minore e questo per i seguenti motivi.

Primo, molte parole si capiscono dal contesto, dalla frase e se ce n’è una sconosciuta, spesso, si comprende senza bisogno di cercarla.

La retrocopertina del bel libro edito da Logisma dal titolo: “Capronis Farmans and SIAs – US Army Aviation training and combat in Italy with Fiorello LaGuardia 1917-1918” che – idealmente, s’intende – fa coppia con il libro “Dear Bert …” oggetto di questa recensione. Ad entrambe questi volumi e ai loro autori dobbiamo riconoscere il merito di aver recuperato il materiale storico, narrativo e visivo, che ci consente di ricordare eventi tanto lontani eppure così vicini come quelli della I Guerra Mondiale

Secondo, molte parole si ripetono. Una volta cercate e trovate sul vocabolario, si acquisiscono senza accorgercene, andando ad aumentare il nostro vocabolario personale.

Terzo, chiunque sia l’autore, come accade per tutti noi, non può avere un vocabolario personale infinito. Tutti tendono ad usare sempre gli stessi termini ed una volta che li abbiamo cercati sul dizionario e ce ne siamo appropriati… sono diventati anche i nostri. E questo vale pure per tutte le frasi idiomatiche che un autore tende ad usare.

Inoltre, dopo aver letto alcuni libri, anche meno di dieci, siamo già in grado di leggere in inglese quasi come se leggessimo in italiano.

Il problema è iniziare e poi non mollare. Per questo consiglio tutti di cominciare da qualcosa che interessa fortemente. Saremo così sostenuti dalla curiosità di sapere, di scoprire di più, prenderemo mille volte il dizionario, pur di capire una frase sibillina, o intuire il significato di un modo di dire.

Quando si parla di “bombardiere Caproni” il pensiero non può fare a meno di andare al mirabile Ca-33 della Fondazione Jonathan Collection che riesce a far volare un pezzo di storia dell’aviazione italiana. Ma non aggiungiamo perchè troverete tutto nella pagina (sebbene non aggiornata) del sito web della Fondazione (da cui abbiamo tratto questa immagine).

Alla lunga il premio è la possibilità di accedere ad una biblioteca infinita.

Almeno, la mia esperienza è stata questa.

Per noi piloti o appassionati di cose aeronautiche esistono milioni di libri che parlano di volo, di personaggi, di guerra aerea etc. Ed un’alta percentuale di essi è in inglese.

Prima dell’era digitale era difficile reperire libri in inglese. Bisognava farseli spedire dagli stati Uniti o dal Regno Unito.

Dopo, è stato sempre più facile.

Oggi basta avere un Kobo o un Kindle e si possono acquistare libri di ogni tipo stando comodamente seduti sul divano. Pochi click su una tastiera e il libro arriva via etere in una manciata di minuti.

Il mio Kobo, ormai, ne è pieno. Da tempo leggo quasi solo libri in inglese e alcuni in francese.

Qualche tempo fa, in occasione di un raduno annuale dell’associazione Hag (Historical Aircraft Group) e della premiazione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” presso il Museo storico di Vigna di Valle, alle porte di Roma, ho visitato una mostra fotografica allestita in un hangar del museo.

Anche se ci occupiamo essenzialmente di letteratura aeronautica (seppure in tutte le sue forme) non disdegnamo certo quanto di aeronautico appare in tv o al cinema. Ebbene, confessiamo che siamo incappati con sommo piacere in questa pellicola che mescola la vividezza delle immagini dell’epoca (ripulite, colorate e modernizzate) e quelle girate con il coinvolgimento anche dell’unico Caproni Ca-33 ad oggi volante. Il tutto per raccontare alcuni momenti e alcuni personaggi anonimi quanto famosi che animarono il I conflitto Mondiale. Un film di guerra, d’amore, di storia e di aviazione, tutto in egual misura che vi suggeriamo di vedere e gustare come fareste leggendo i libri di questa recensione.

Avevo sentito parlare di questa mostra. L’argomento era perfettamente in carattere con quello del gruppo di appassionati che si riuniva quel giorno.

Si parlava di un evento storico poco conosciuto, ma di estremo interesse. Si parlava di piloti, delle loro vicende, di un aeroporto che esiste ancora oggi. Si parlava della Prima Guerra Mondiale e soprattutto di aerei storici.

Chi sono i soci dell’Hag?

Sono piloti, proprietari di aerei storici.

Ma per spiegare meglio chi sono riporto qui una parte della presentazione che loro stessi hanno messo nel sito http://www.hag-italy.it :

L’Historical Aircraft Group è un associazione senza fini di lucro che si prefigge lo scopo di ricercare, valorizzare e restaurare in condizioni di volo aeroplani di valore storico. Ufficialmente formatasi nel 2004 dalla passione di un piccolo gruppo di amici con differenti background, l’H.A.G. ha saputo, nel giro di breve tempo, ritagliarsi un ruolo chiave nel panorama dei velivoli storici italiani.

L’Historical Aircraft Group si rivolge alla folta schiera di appassionati, piloti, collezionisti e storici interessati alla conservazione, diffusione e all’approfondimento delle tematiche relative al patrimonio storico e tecnologico che gli aerei storici rappresentano.

Un aereo storico e’ il compendio di una vasta gamma di tematiche che spaziano dalle tecnologie costruttive, ai propulsori alle combinazioni di volo e non ultimo le storie degli uomini che, sia in pace che in guerra, hanno contribuito in meno di un secolo, allo sviluppo dell’aviazione….”

Anche la mostra riguardava, insomma, aerei storici.

La retrocopertina del pregevolissimo libro: “Capronis Farmans and SIAs – US Army Aviation training and combat in Italy with Fiorello LaGuardia 1917-1918” pubblicato da Logisma in lingua inglese

Il gran numero di pannelli che spiegavano l’intero argomento di questa mostra erano stati sistemati sotto la notevole mole di un maestoso aereo da bombardamento della Prima Guerra Mondiale e vicino si potevano ammirare aerei da caccia di vari tipi, ma dello stesso periodo storico.

L’aereo sotto il quale ci trovavamo era un Caproni. Uno di quelli che comparivano anche nelle foto montate sui pannelli della mostra.

Ascoltai, insieme ad un gruppo di presenti le interessanti spiegazioni del celebre storico aeronautico Gregory Alegi e dell’editore LoGisma – al secolo Gherardo Lazzeri -, personaggi che non hanno bisogno di presentazioni.

Di questa mostra LoGisma aveva pubblicato due libri. Il primo è intitolato:

CAPRONIs, FARMANs and SIAs. U.S.Army Aviation Training and Combat in Italy with Fiorello La Guardia 1917-1918”.

Il secondo è intitolato:

Dear Bert. An American Pilot flying in World War I Italy”.

L’editore Logisma non avrebbe potuto scegliere una fotografia più scenografica di quella che ci ha concesso quale splendida retrocopertina del bel diario di guerra intitolato: “Dear Bert, An American pilot flying in World War I Italy”

All’inizio di settembre 1917 alcune centinaia di aviatori statunitensi, dopo aver ricevuto una buona preparazione teorica in madre patria, vennero spediti in Italia per ricevere la formazione pratica e prendere poi parte, insieme agli italiani, alle operazioni della Prima Guerra Mondiale.

Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra spedirono i propri contingenti in tutta Europa. I piloti di cui si parla nei libri suddetti sono quelli che arrivarono in Italia. Erano aviatori e giunsero a Foggia, nell’aeroporto che esiste ancora oggi e prende il nome da Gino Lisa, un ufficiale che fece parte dell’attacco alle navi austriache presenti nel golfo di Kotor (Cattaro), sulla costa del Montenegro. A quell’offensiva partecipò anche Gabriele D’Annunzio.

Il periodo addestrativo di questi aviatori a stelle e strisce durò parecchi mesi. Quando finalmente furono pronti ad andare al fronte, la guerra stava per finire ed alcuni di loro riuscirono a compiere solo poche azioni. Ma durante la loro permanenza a Foggia ebbero luogo alcune battaglie importanti, di cui i nostri sentirono solo parlare, come la disfatta di Caporetto, l’offensiva del Piave e il volo su Vienna di D’Annunzio.

Molto probabilmente non avremmo mai saputo nulla di questo gruppo di aviatori, alcune centinaia, appunto, non un grande numero. La loro storia sarebbe sprofondata nell’oblio del passato, nonostante il fatto che tra loro ci fosse un personaggio divenuto famoso successivamente, un ufficiale che si chiamava: Fiorello LaGuardia.

Il magnifico bombardiere Caproni conservato nell’hangar più pregno di memorie del Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle. Lo scatto è quello presente proprio nel sito web dell’AMI ove potrete leggere la storia e ulteriori dettagli (assai interessanti) relativi a questo velivolo che, per l’originalità e la modenità della sua architettura, è da considerarsi rivoluzionario. E anche di grande successo industriale.

Il capitano LaGuardia, italo americano che parlava la nostra lingua, prese in carico il gruppo di connazionali a Parigi e li condusse a Foggia. Dopo la guerra entrò in politica ed oggi è intestato a lui uno storico aeroporto della città di New York di cui divenne sindaco nel 1930.

L’elemento straordinario che ci ha permesso di conoscere le vicende di questi aviatori sta nel fatto che parecchi di loro erano appassionati di fotografia (macchinette e pellicole dell’epoca che hanno tuttavia fatto egregiamente il loro lavoro) e che hanno puntigliosamente immortalato ogni momento rilevante della loro permanenza a Foggia e dei loro frequenti viaggi a Roma, a Milano o in altre località limitrofe. Inoltre, hanno avuto la costanza di tenere un rigoroso diario giornaliero, segnando tutti gli avvenimenti, compresi pranzi, menù, feste, cambi di alloggio e così via.

Al termine della premiazione della V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”, gli intervenuti hanno avuto la fortuna di poter visitare la mostra fotografica dedicata ai “Foggiani”. Erano accompagnati dallo stesso ideatore, l’editore Logisma (al secolo Gherardo Lazzeri) qui ripreso da uno scatto fulmineo della reflex di Evandro Detti (cui dobbiamo anche questa recensione)

Tutti scrivevano a casa e ricevevano lettere e pacchi. Anche la corrispondenza, conservata scrupolosamente, costituisce un ulteriore diario, nel quale scopriamo, qua e là, riferimenti a fatti storici eclatanti del periodo.

Poiché questi aviatori hanno tenuto nota di ogni cosa, nel periodo di fine 1917 e per tutto il 1918, quindi giusto cento anni fa, è possibile addirittura, oggi, ogni giorno o quasi, andare a cercare il corrispondente giorno del loro diario e vedere cosa successe in quella data.

Esattamente cento anni fa!

E con tanto di fotografie, alcune delle quali sono di un interesse davvero notevole. E’ un archivio fotografico vero e proprio, quello contenuto in questi libri.

La locandina dell’ottima mostra fotografica curata dall’editore Logisma che è transitata, tra le altre, anche nel fantasmagorico Museo Storico dell’Aeronautica Militare italiana di Vigna di Valle (lago di Bracciano, Roma) Gli facevano da cornice un mirabile Caproni, il primo bombardiere mai costruito e impegnato in missioni operative nella storia dellAviazione, nonchè tutti gli altri splendidi cimeli della I Guerra Mondiale religiosamente conservati nell’hangar “Troster” del Museo.

L’editore LoGisma ha curato l’edizione di questo volume con una qualità elevatissima, sia per quanto riguarda la carta, il formato e la rilegatura, ma anche la stampa e, soprattutto, la riproduzione delle foto.

Il secondo libro, intitolato “Dear Berth”, aggiunge a quanto detto sopra una particolarità ancora più appassionante. L’autore si chiama Edward Davis Lewis. E’ il figlio (uno dei sei figli, in verità) del protagonista, George Davis Lewis, uno del gruppo di aviatori americani del nucleo di Foggia. Uno dei “Foggiani”.

George giunse in Italia insieme agli altri. E come i suoi commilitoni tenne il proprio diario, scrisse e ricevette le sue lettere, fece fotografie.

La sua corrispondenza era prevalentemente diretta alla fidanzata, Bertha Harsch.

Dopo la guerra George tornò negli Stati Uniti, si sposò, ebbe i suoi sei figli. Uno di questi, Edward, raccolse il diario, le lettere e le foto e ne fece questo libro.

Giusto per informazione, Edward aveva sposato una donna italiana, Vivina, che lo ha aiutato nel lavoro di selezione del notevole materiale.

Edward definisce Vivina come la sua true italian connection, ma ci sono altre connessioni.

 

Il fotoritratto di Fiorello la Guardia (affettuosamente denominato “The Little Flower” – letteralmente tradotto: “Piccolo Fiore” – anche in virtù delle sue dimensioni non proprio statuarie ) quando guidava “I Foggiani”. Il destino gli riserverà notevoli impegni in politica e, in particolare, ben tre mandati consecutivi alla guida della città di New York in qualità di “mayor” = sindaco. Era nato nel 1882 nel quartiere di Manhattan, a New York, figlio di un immigrato italiano originario della provincia di Foggia (Cerignola)  di professione musicista, che divenne direttore della banda del U.S. Infantry. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, decide di arruolarsi nell’American Expeditionary Force e, in quanto laureato in legge, gli viene attribuito il grado di tenente.  Inoltre FIORELLO conosce perfettamente sette lingue – tra cui l’italiano  – e dunque diventa il comandante dei piloti statunitensi addestrati e di stanza in Italia  – “I Foggiani”, appunto – per congerdarsi,a conflitto terminato, con il grado di maggiore. Il nome “LaGuardia”, (come viene scritto nornalmente in inglese), riecheggia ancora oggi tra le strade di New York giacchè già nel 1947, quando era ancora in vita, per ricoscenza, la città decise di chiamare “Fiorello LaGuardia Airport” il suo secondo aeroporto. Probabilmente è l’italo-americano più famoso negli Stati Uniti.

L’ingegner Caproni aveva progettato e costruito gli aerei sui quali i “Foggiani” volarono. E Maria Fede Caproni è stata l’ispirazione e il motore che ha spinto il progetto della mostra e dei libri che li riguardano.

Il Museo Caproni di Trento, del resto, insieme all’editore LoGisma, ha curato la realizzazione di questi libri, che sono, a parer mio, un vero, piccolo tesoro, letterario e storico.



Recensione a cura di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer)

Didascalie delle foto a cura della Redazione di Voci di hangar



Recensione di Evandro A detti (Brutus Flyer)