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Intervista ad Arianna Bettin





Il suo racconto “L’uomo delle mongolfiere” non è il vincitore della XII edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE.

E non è neanche tra i venti racconti finalisti che troveremo all’interno dell’antologia del Premio.

Eppure … ci ha colpito per sua semplicità geniale, ci ha così piacevolmente ammaliato per la sua capacità evocativa che … è stato più forte di noi: abbiamo commissionato al nostro servizio d’intelligence di sequestrare la sua autrice per interrogarla a fondo, anzi nel profondo fondo!

Questo è il verbale del suo interrogatorio.


Bettin Arianna, lei è davvero l’autrice del racconto “L’uomo delle mongolfiere”? Confessi!

Lo confesso

Anzitutto si presenti. Si guardi allo specchio e si descriva. Prima di truccarsi, s’intende.

La scrittrice a New York, precisamente nel quartiere chiamato “Dumbo”. Ci ha confessatro che: “In un quartiere con questo nome ci si può presentare solo vestiti a tema cartoon/fumetti, no?” Ha poi aggiunto: “Questa in particolare era la mia settima volta a New York: continuo ad andarci sperando di incontrare le Tartarughe Ninja ma finora non ho avuto successo.” Facciamo il tifo per lei!

In realtà mi trucco poco perché sono bellissima (e modesta) già così … 😆

Occhi scuri, capelli scuri, carnagione che non ha niente a che vedere con la nobiltà ottocentesca. In base alla parte del mondo in cui mi trovo vengo apostrofata come mediorientale, portoricana o brasiliana. Un cucciolo meticcio, insomma …

La sua biografia è un po’ anoressica. Un tentativo di depistaggio, è chiaro! Cominciamo dal cognome … l’intelligence ci dice essere tipicamente siculo, mentre il nome certifica che non perde mai il filo. E’ così?

Mi hai scoperta! Ebbene, sono veneta. Con una spruzzata di croato, narra la leggenda. E confermo che non perdo mai il filo…

Preferisco che siano i miei personaggi e la mia storia a parlare per me. E’ innegabile che nelle nostre parole mettiamo sempre una parte di noi, e io sono sempre molto presente tra le righe.

Non si chiede mai l’età a una gentildonna ma, giusto per non passare da pedofili, ella è maggiorenne?

Sembra che io dimostri una decina d’anni in meno. Non dirò altro se non in presenza del mio avvocato.

Bene, abbiamo appurato che è lei è nata negli anni ’80. Ora le chiedo: a parte la sua persona, cosa resterà degli anni ’80? Non può rispondere Raf!?

Nulla, mi auguro, per quanto riguarda la moda. Io ero piccola – ovviamente – ma la ricordo e ne sento parlare come una decade di spensieratezza. Sarebbe bello rimanesse un po’ di leggerezza, come con le mongolfiere.

Ah, guarda caso il suo racconto s’intitola “L’uomo delle mongolfiere” … ma “l’uomo del cuore” l’ha già incontrato? Se sì, in quale negozio? Lo chiediamo per aggiungerlo al verbale …

Se l’ho incontrato ero probabilmente distratta a fare altro.

Ha 40 parole per fare la sintesi del tuo racconto. Non bari perché le conto! E non sia reticente …

E questa chi è? Non sia reticente! “Veramente … sarei io a nove anni, a cavallo: la mia grande passione da sempre. Quando mi si chiedeva cosa avrei fatto da grande rispondevo: sarò la prima donna a correre il Palio di Siena. Ovviamente non è mai successo, e ho anche riconsiderato il Palio nel corso degli anni. Ma l’amore per i cavali è rimasto inalterato nel tempo. Tanto che la foto in basso mi ritrae in Trentino, mentre mi cimento con la monta western scoprendo che non fa per me, e cerco di convincere Django (il cavallo) che, per quanto sia avvezza ai voli dalla sella, preferirei mantenere la mia carriera nel pre agonismo … pertanto non è necessario volare anche nel burrone.”

Arianna Bettin e il cavalloUn negozio, un vecchio artigiano e una giovane ragazza. Quella che sembra una normale transazione diventa una lezione di vita. Perché la meraviglia si nasconde nelle cose più piccole, e ogni incontro ci permette di crescere, se solo lo vogliamo.

Ora la sottoporrò a un test.

Deve raggiungere il Giappone. Ha quattro possibili soluzioni. Ci va utilizzando:

1) La mongolfiera del “Giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne

2) Il pedalò del “Bagno 31” di Rimini

3) Il teletrasporto dell’astronave Enterprise

4) Lo SVA-5 di Ferrarin appena restaurato.

Ah, breve nota a margine: Ferrarin non era il figlio minore di Enzo Ferrari.

Scelgo la #3 senza esitazione. In effetti continuo a chiedermi perché il teletrasporto non sia stato ancora inventato …

Va bene … la nostra intelligence ha scoperto che il negozio in cui si svolge il suo racconto esiste davvero … c’è mai stata? Si ricorda quanto costa una mongolfiera? E non menta al ribasso!

Ho scoperto dell’esistenza di questo negozio grazie a voi. La mia storia nasce dall’incontro ad una fiera dell’artigianato con il signor Roberto Fiorin, un paio di anni fa. Il signor Roberto non è vecchio quanto l’artigiano del mio racconto, ma come lui possiede un’immensa saggezza e una fiducia smisurata nei confronti del prossimo. E’ una di quelle persone con cui condividi pochi minuti della vita, ma te le porti dietro per sempre. E magari le catapulti in un racconto.

Arianna Bettin giapponese
Bettin Arianna, ma è proprio sicura che questa fosse lei? “Certo che sono io! Qui faccio cosplay, vestita da Miko giapponese.” Continuiamo a non capire: Ci spieghi. “Ho cominicato con il cosplay solo negli ultimi anni, nonostante il Giappone e la sua cultura siano da sempre uno dei miei grandi amori. Nella foto in questione mi diletto nel cosplay di Kikyo, una sacerdotessa dell’epoca Sengoku, coprotagonista di un manga che per quanto mi riguarda è il più bello di sempre, in quanto al suo interno racchiude tutte le cose importanti della vita: l’accettazione di sé, l’amore, l’odio, il rimorso, la crescita, il perdono, la comprensione dell’altro e del diverso, l’amicizia, il destino, l’andare contro al destino, le scelte che cambiano tutto, l’egoismo e l’altruismo, la brama di potere… tutto e molto altro condensato in una storia profonda e a tratti demenziale. Il manga in questione è Inuyash”. Tutto chiaro. Allora lo mettiamo a verbale!

Ah, quindi ammette la tresca con l’artigiano!? Apriremo un nuovo filone d’indagine … ma intanto risponda a questa domanda: la maggior parte delle donne sono convinte che gli uomini siano dei palloni gonfiati. Si è ispirata a questa certezza per la stesura del racconto?

Non direi. Ma è indubbio che nel mio racconto è la ragazza ad avere i “palloni”.

Domanda a bruciapelo: il generale Umberto Nobile le telefona e le propone di fargli da interprete durante una missione al Polo Nord a bordo del dirigibile Italia. Accetta?

Ho la valigia pronta!

Ci dica la verità: ha mai volato in mongolfiera? E a bordo delle lanterne?

Il volo in mongolfiera è sulla mia lista delle cose da fare. Non ho mai volato sulle lanterne, però mi sono lanciata con il paracadute e faccio moltissimi voli pindarici. Ultimamente il volo a cui mi dedico maggiormente è quello da cavalli in corsa. E non è mai volontario.

Uhmmm, risposta ambigua. Ne terremo conto!

Ci spieghi almeno questo: nelle mongolfiere l’abitacolo si chiama “cesta” … a salirci a bordo non si sente un po’ un serpente a sonagli? Ma soprattutto se qualcuno suonasse lo zufolo riuscirebbe a fare le movenze del rettile?

Ah… quindi sono l’unica che associa la parola “cesta” al picnic, alla raccolta dei funghi, e più in generale al cibo?

Non faccia la sciocca: non ce la racconta giusta! E allora si becca ancora un test.

E’ a casa e ti citofonano i fratelli Montgolfier. Le chiedono di collaudare la loro ultima invenzione. Risponde loro:

1) Non sono la zavorra di nessuno

2) Telefonate a Laika

3) Ingaggiate una pecora, un’oca e un gallo4

4) La vostra palla di carta non volerà mai

Sceglierei la risposta #1, anche se devo ammettere che la #3 li potrebbe aiutare nell’impresa.

Altra domanda a bruciapelo: nella vita quotidiana si sente più mongolfiera o più aeroplano?

Mi sento più il Pony 10 delle Frecce Tricolori: sempre un po’ dentro, sempre un po’ fuori …

“… confesso: qui ero al salone del libro di Torino dove sono stata invitata alla premiazione del primo concorso letterario a cui o partecipato. In quel caso sono arrivata in finale e il mio racconto è stato pubblicato in un’antologia. E già che c’ero ne ho approfittato per abituarmi all’idea che prima o poi sarò una dei grandi protagonisti del Salone 😆”. Sia messo a verbale: ogni riferimento a cose, persone e Premi letterari è puramente casuale

Ha dichiarato che adora i congiuntivi … solo perché hai discusso con i gerundi? Solo perché non crede nel futuro prossimo?

I congiuntivi sono gli eterni incompresi e bullizzati: mi fanno tenerezza.

Seeeee, vabbè …

Nel suo racconto ripeti più volte l’espressione di ”il ragazzo e tutto il resto” … scusi, ma cosa pensa che ci sia dentro a un ragazzo? E cos’è per lei “tutto il resto”? Ha problema con gli spiccioli?

Ahahahah! Ammetto che non amo i contanti.

Quando scrivo parto con un’idea, ma poi la storia prende vita e va dove vuole lei. Un po’ come le mongolfiere. Non so come sia nato il personaggio del ragazzo. Ad un certo punto me lo sono ritrovato lì, a contorno della protagonista.

Ah, dunque lei ammette che considera gli uomini come “un contorno” … e le donne sarebbero il primo piatto, eh?

Veramente …

Ok, non vogliamo entrare in questa storia torbida: lei, la protagonista, il ragazzo.

Risponda a un altro test.

L’intelligence ci dice che lei è amante dei viaggi. Stavolta deve raggiungere gli Stati Uniti. Ha sempre quattro possibili soluzioni di viaggio:

1) Il Titanic

2) L’Hindenburg

3) Lo Spirit of Saint Louis

4) Il Nautilus del Capitano Nemo

Cosa preferisce?

#5, Delta Airlines. Grazie.

Eh no, Bettin Arianna. La quinta risposta non è contemplata. Lei sta deliberatamente fuorviando le indagini. Faccia attenzione … riprendiamo l’interrogatorio.

Arianna Bettin a Osaka
Ricapitolando: lei è amante del Giappone e questa foto dovrebbe dimostralo? “Esatto! La vede? … beh, qui sono a Osaka che cerco di capirci qualcosa: è lì che ho capito che avrei dovuto fare qualcosa in merito alla mia conoscenza del giapponese. Alla fine sono riuscita a tornare a casa viva, con la grande consapevolezza che l’inglese non ti salva sempre e comunque 😇”

Il volo delle mongolfiere simboleggia un’esistenza vissuta a ritmi lenti ma anche in balia degli eventi. I suoi trisavoli erano di origini napoletane o messicane?

Arianna Bettin Appunti
E questi, ci vuol dare a intendere che dovrebbero essere appunti di giapponese? “E’ tutto vero, lo giuro. Visto che la vita non è abbastanza complicata ho deciso di complicarla ulteriormente frequentando dei corsi di lingua giapponese. La mia conoscenza della lingua è mooooolto limitata, ma ho imparato tantissimo sulla cultura e le tradizioni, che inevitabilmente sono legate a doppio filo alla lingua.” Ma perchè, l’italiano non le basta? 

Non che io sappia. Ma non mi illudo di sapere tutto.

Ancora reticente … va bene, tanto la sua posizione criminale si sta delinenado chiaramente. Le farò un ultimo test.

E’ a bordo di una mongolfiera assieme al segretario e ai giurati/giurate del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE. Improvvisamente una fortissima discendenza rischia di farvi precipitare. Per alleggerire la mongolfiera chi butti di sotto?

1) Il Segretario (è davvero pesante!)

2) Tutti i giurati/giurate(perché non l’hanno premiata)

3) Si lancia fuori. Col paracadute.

4) Attiva il bruciatore a tutta fiamma, a costo di mandare a fuoco tutti

La risposta giusta è la #3. Un po’ per l’adrenalina del momento, un po’ perché ho molto altro da scrivere. Mentre sono in caduta libera urlo: “Lasciatevi portare dal ventooooooooo”

Basta! Non ne posso più … se ne vada! Ma non lasci il paese. Sappia che la terremo d’occhio e che, sulla base delle sue ammissioni, dovrà sicuramente riapparire davanti alla giuria della XIII edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE.

Tempo marzo 2025 dovrà di nuovo testimoniare le sue doti narrative, intesi?

Intesi. 😆

Ah, un’ultima informazione: come si chiamava l’artigiano che crea le mongolfiere in terracotta dipinta? Fio …

Fiorin, si chiama Roberto Fiorin!

Ho capito! E mica dobbiamo fargli la pubblicità!? Roberto Fiorin. Vada, vada. E’ ancora qui? Vada dai suoi manga, vada!



§§§§

Intervista a cura del Segretario del Premio, didascalie sempre del Segretario (ma non ha altro da fare?).

In esclusiva per VOCI DI HANGAR

L’uomo delle mongolfiere


In Abruzzo c’è una festa, il 16 agosto, a Vasto; è la festa delle lanterne, migliaia di lanterne bianche costituite da una leggera sacca di carta che avvolge la fiammella vengono lanciate vero il cielo attorno alla mezzanotte, tutte insieme, creando una danza incantevole e suggestiva simile a quella delle libellule, ma più in alto, quasi a voler competere con il manto di stelle che punteggia le calde notti agostane sopra il golfo sottostante, quando ancora qualcuna, ritardataria a San Lorenzo, cade giù lasciandosi dietro la sua piccola scia di luce guizzante. E si esprimono in silenzio i desideri.

Non ci è dato sapere se l’autrice, letteralmente folgorata alla vista e poi dalla visita – presumiamo del tutto casuale – di un negozio che vendeva realmente mongolfiere multicolori, abbia trovato ispirazione nella stesura di un racconto così visionario … possiamo invece confessarvi il nostro stupore quando, lanciata la ricerca tra le pieghe multiformi di Flickr, è apparso sotto ai nostri occhi lo scatto che ritrae questo negozio … dunque esiste! E anche noi, come l’autrice, ne siamo rimasti basiti!! (foto proveniente da www.flickr.com)

Ecco a cosa è corsa la mia mente leggendo le prime righe di questo piccolissimo racconto, tanto contenuto nella lunghezza quanto ampio nelle suggestioni che riesce a suscitare. E mentre fuori del piccolo negozio di questo vecchio artigiano senza nome, si svolge appunto una danza delle lanterne, lui all’interno, crea piccole mongolfiere di creta, di mille colori, di mille dimensioni, e le vende (o così ci fa credere), mentre probabilmente regala invece storie, le storie che ognuna di esse “racconta” agli avventori che entrano ad ammirarle e osservarle, magari con occhi che sembrano stelle.

Alcuni anni orsono, sull’onda emotiva della folta schiera di feriti a causa di giochi pirotecnici inesplosi, petardi di fabbricazione improbabile e mini bombette dagli effetti devastanti, anche nel nostro paese fu introdotta l’idea di festeggiare il nuovo anno a mezzo delle lanterne volanti. Suggestive, poetiche, non c’è che dire ma – qualcuno se ne rese conto – altrettanto pericolose rispetto ai classici “botti” … e la novità non ebbe seguito se non – lo apprendiamo dalla recensione del racconto – a Vasto dove, presumiamo, le splendide lanterne volanti termineranno il loro volo benauguarale tra i flutti del mare Adriatico. La foto ritrae la selva di lanterne lanciate in occasione del Capodanno cinese nella baia di Jimbaran, sull’isola di Bali (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma soprattutto lancia un messaggio che suona come un monito: l’uomo ha imparato a volare, a creare macchine volanti sempre più sofisticate per andare dove vuole, in un tempo sempre più breve, tanto forte è il suo bisogno di correre, di fare in fretta …ma poi, saprà tornare a seguire i ritmi naturali del tempo? Magari quello del vento che decide quanto, quando, dove, puoi godere della magia di un volo.

C’è stato un momento nella storia dell’umanità in cui, fatto salvo leggende ed episodi non adeguatamente documentati, l’umanità riusciva a volare solo grazie a macchine volanti più leggere dell’aria, i cosiddetti “aerostati” di cui furono inventori (ma non piloti) i fratelli Montgolfier da cui anche il nome “mongolfiera”, appunto. Correvano gli anni ’80 del 1700. Dovremo invece aspettare fino agli anni ’90 del 1800 per vedere solcare una macchina volante più pesante dell’aria (con appeso l’ingegnere/pilota tedesco Otto Lilienthal), antesignana dei moderni alianti e addirittura il 1903 affinché il cielo venga solcato da una macchina sempre più pesante dell’aria ma dotata di organo motopropulsore; rimane tuttavia inalterato il fascino ancestrale dell’incontrollabilità della mongolfiere pionieristiche anche se in realtà le moderne mongolfiere sono assolutamente controllabili, eccome! (“Le mongolfiere” di Antonio Morri proveniente da www.Flickr.com)

E allora ecco che l’autrice amplia di colpo la geografia del suo racconto e ci porta in un attimo dalla piccola dimensione di quella bottega, alla infinita dimensione del cielo parigino, ricordandoci che il primo a solcarlo, dopo gli uccelli, fu un grande pallone colorato nel 1783, perché …

Le mongolfiere, invece, ci ricordano che a volte dobbiamo lasciare che la vita vada dove vuole. A volte dobbiamo lasciarci trasportare dalla corrente ascensionale senza cercare uno scopo, ma solo godendo del paesaggio. A volte dovremmo dimenticarci dei comandi e degli strumenti, e assaporare il viaggio e quello che ci può insegnare.

Complimenti ad Arianna Bettin (anche perché ama i congiuntivi!).




Narrativa / Medio – lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione a cura di Rossana Cilli e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


Nota della Redazione.

In copertina della vetrina di un negozio che, da quanto narra Arianna Bettin potrebbe essere tranquillamente quello in cui si svolge il suo racconto (foto di Maria Vittoria Argenti, “La favola”, scatto del 30 gen 2009, www.flickr.com)

Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?


Probabilmente solo alcuni cultori della storia dell’Aviazione ricorderanno la vicenda di Mathias Rust, il giovanissimo pilota della Germania dell’Ovest che nel 1987, in barba a tutto e a tutti, raggiunse indenne la piazza antistante il Cremlino a Mosca atterrando con il suo innocuo Cessna 172 nel luogo simbolo del colosso sovietico.

A distanza di tanti anni di quell’evento se ne sta perdendo letteralmente la memoria benché all’epoca ebbe una ridondanza mondiale al punto da costituire idealmente il punto di avvio di un processo di rinnovamento della superpotenza – la famosa perestrojka di Gorbaciov – ma anche e soprattutto di un terremoto nell’ambito delle gerarchie militari dell’Aeronautica militare sovietica (con un ridimensionamento netto e un avvicendamento generalizzato degli ufficiali, ministro della difesa compreso) che trova qualcosa di paragonabile solo con le famose “purghe” di epoca staliniana.

 

Da diversi anni a questa parte, esemplari statici di Tu-22 si possono visionare in tutta la loro radiosa bellezza aerodinamica presso diversi musei dell’aria disseminati nel territorio sovietico. Quello ritratto si trova al Museo centrale delle Forze aeree della Federazione Russa di Monino situato presso l’omonimo aeroporto di Monino, 40 km a Est di Mosca dove gli fanno compagnia ben altri 170 velivoli (e anche più) del corposo parco macchine volanti sovietiche e russe costruite fino a oggi.  Secondo il sito web https://tu22.ru/(che vi invitiamo a visitare in quanto ricco delle informazioni più disparate): “Il Tu-22 era un aereo difficile da utilizzare, sia sotto gli aspetti tecnici che di volo. In generale, in 30 anni, oltre 60 veicoli su 311 costruiti sono stati prematuramente ritirati (schiantati, bruciati al suolo o completamente guasti) per vari motivi.” Se lo dicono loro … (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma a proposito di questa vicenda non aggiungeremo altro se non il titolo di uno splendido racconto a firma di Massimo Conti che, in occasione della X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE presentò ben due racconti il peggiore dei quali – si fa per dire – era intitolato appunto: “Non rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa” e aveva come protagonista proprio Mathias Rust, voce narrante del suo volo memorabile. Il racconto, non avendo goduto dei favori della Giuria di quella edizione, divenne subito ospite del nostro hangar e potrete leggerlo all’indirizzo:

 

https://www.vocidihangar.it/w/non-rimpiango-niente-atterraggio-sulla-piazza-rossa/

 

Un elemento universalmente identificativo del Tu-22 Blinder è  la collocazione dei due notevoli motori turbogetto alla base della grande deriva di cui è dotato. Se infatti l’ala a freccia (di 55° ) era assai comune ai velivoli dell’epoca in quanto consentiva loro una bassa resistenza alle velocità transoniche ma induceva a una velocità di atterraggio piuttosto elevata e una lunga corsa di decollo (che nel Tu-22 circa 2700 metri!), un’altra caratteristica di progettazione dell’azienda Tupolev era il carrello di atterraggio principale: montato in una coppia di alloggiamenti carenati posti sul bordo di uscita di ciascuna semiala. Che dire poi del sistema d’ingresso dei tre membri dell’equipaggio in cabina? Pilota, navigatore e addetto alle armi venivano letteralmente issati verticalmente a bordo con un sistema a montacarichi attraverso dei portelli collocati nel ventre della fusoliera, seduti ciascuno sul proprio sedile eiettabile. (foto proveniente da www.flickr.com)

Sì, d’accordo – vi domanderete – perché tutta questa digressione chilometrica? Perché le sorti del racconto di Massimo Conti sono identiche a quelle occorse al racconto: “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” di Andrea Pirani che è stato ugualmente giudicato non meritevole di accedere alla fase finale del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE, ma stavolta della XII edizione. E non solo. Anche il racconto di Andrea Pirani narra in modo più o meno giornalistico una vicenda che ha dell’incredibile e che si consumò sul suolo sovietico o forse, più correttamente, nei cieli dell’allora URSS con la differenza sostanziale che detta vicenda rimase del tutto ignorata, anzi secretata ferocemente, fino a qualche anno orsono quando divenne finalmente di pubblico dominio grazie a siti web in lingua russa e dunque pressoché ignorata da buona parte del mondo occidentale.

Ma – vi domandiamo – a un sovietologo del calibro di Andrea Pirani poteva sfuggire una così singolare vicissitudine? Poteva il nostro fido autore appassionato di aviazione con la stella rossa rimanere indifferente a una simile chicca storica? Certo che no … ed ecco allora che lo scrittore milanese, profondo conoscitore dell’Unione Sovietica all’epoca della Guerra Fredda, costruisce una storia che ha più il sapore divulgativo piuttosto che narrativo e che lui stesso definisce:

“una storia così surreale, irreale, impossibile che è vera”.

Ebbene quella storia è ora ospite nel nostro hangar e potete leggerla con tutta la comodità e il senno di poi dei quasi quaranta anni trascorsi.

Non si tratta di una foto particolarmente ben riuscita – penserà qualcuno – e non potremmo certo biasimarlo, tuttavia provate voi a scattare un’immagine a bordo di un caccia intercettore F-104G Starfighter danese e inquadrare correttamente il vostro “scramble” costituito da un Tu-22 Blinder che ha invaso proditoriamente lo spazio aereo del vostro paese!  In realtà si tratta di una di quelle foto storiche che, ne siamo certi, finì sui tavoli di fior fiore di analisti militari e di esperti di costruzioni aeronautiche militari delle nazioni occidentali durante il periodo della Guerra Fredda. Tutti alla ricerca di quei dettagli tecnici sfuggiti agli agenti dei servizi segreti occidentali e assai preziosi per definire le potenzialità belliche di una macchina volante assolutamente temibile. Almeno all’epoca (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma di cosa si tratta effettivamente? Oseremmo dire: un evento rocambolesco che … anzi, sapete cosa? … ce lo faremo riassumere proprio dall’autore:

 

“Si parla di un un’esercitazione in cui accade di tutto: un aereo fuori rotta, che sconfina due volte dalla Russia in Iran e dall’Iran in Russia, inseguito due volte dai caccia e mai raggiunto. L’equipaggio si salva ma le conseguenze per ben 2.000 persone relazionate a quell’episodio sono molto pesanti.”

 

Forse abbiamo svelato troppo? No, abbiamo semplicemente dato voce a un testo unico nel suo genere nel panorama italiano giacché la cronaca in lingua originale si può leggere solo a questo indirizzo:

 

https://tu22.ru/lyudi/41-veterany-samoleta-tu-22/stroevye-letchiki-i-tekhniki/187-merzlikin-vyacheslav-ivanovich

 

La pulizia penetrante delle linee del Tu-22 Blinder è esaltata da questo scatto. La progettazione del Tu-22 progetto iniziò  nell’agosto 1955  e nell’agosto  1957 fu completata  la costruzione del  primo  prototipo di cellula; nell’estate  del 1958  furono installati i motori sul prototipo e iniziarono i test statici, quindi fece il suo primo volo. Entrò in servizio nel 1963 ma fu assillato da notevoli problemi tecnici oltre a una congenita difficoltà di pilotaggio ed elevati costi di manutenzione. Cessò di volare definitivamente nel 1994 a seguito degli accordi del  Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa di Engels.(foto proveniente da www.flickr.com)

previo attrezzarsi di un buon traduttore o, per i più fortunati, di una traduttrice alta, bionda e dai lineamenti tipici delle gentildonne dell’ Est Europa. Con il rischio che, di traduzione in traduzione, possiate rimanere affascinati da una tale bellezza esotica (almeno per noi occidentali) al punto di non poterne fare più a meno …

Scherzi a parte, il racconto di Andrea – ne siamo certi – vi lascerà basiti e anche se la trama non è avvincente al pari di un film del tipo “Mission Impossibile” o del migliore James Bond … beh, non stentiamo a credere che un moto di stupore si manifesterà sul vostro volto unita a una sottile smorfia di paura per il terribile pericolo scampato. Quello di una Terza Guerra Mondiale che, potenzialmente, sarebbe potuta scoppiare per la leggerezza di un sistema – quello militare – assolutamente fallibile benché altamente tecnologico e professionale.

A proposito di “TU-22 …”possiamo solo aggiungere che ci spiace non abbia potuto accedere alla fase finale di RACCONTI TRA LE NUVOLE ma che al contempo siamo onorati e compiaciuti di poterlo ospitare nel nostro hangar.

A proposito dell’autore invece non possiamo che spendere parole di apprezzamento perché Andrea è ormai un veterano del Premio o, come recitavano i versi di una gloriosa canzone di Francesco De Gregori,

il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette

e dunque, prima o poi riuscirà a dare l’assalto al podio del Premio, certi che lo farà con uno dei suoi racconti alla sovietica maniera. E se anche non dovesse accadere … beh, saremo lietissimi di pubblicare i suoi racconti! Perché c’è necessità di fare divulgazione storica, perché c’è necessità di conoscere cosa accadde al di là della Cortina di ferro.

Troppi anni sono trascorsi e storie come quelle del maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich meritano assolutamente di essere raccontate.

Ancora una bella immagine del Blinder (secondo la classificazione NATO) ripreso probabilmente quando era ancora in servizio operativo (foto proveniente da www.flickr.com)

Comunque sia andata con “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” per noi è stato un successo, al di là del mancato ingresso nella rosa dei venti racconti finalisti. Perlomeno in termini di divulgazione della misconosciuta cultura aeronautica dell’ex blocco sovietico. E se poi il mondo russo, erede di quello che fu il colosso sovietico, non gode oggi granchè simpatia nel mondo occidentale, beh … poco ci importa: è comunque storia!

Grazie Andrea.




Narrativa / Lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR