La X edizione del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE – di cui siamo co-organizzatori assieme ai nostri amici dell’HAG (Historical Aircraft Group), verrà ricordato per la presenza, tra i suoi partecipanti, delle cosiddette “prof”, per il ritorno dei piloti professionisti e, non ultimo, per la presenza di ben due autrici in tenerissima età: Emma Lucietto, già ospite del nostro hangar all’indirizzo:
e Casilda Chiara Cevoli la cui data di nascita (dichiarata in fase di registrazione al premio), attesta inequivocabilmente la bellezza di dieci anni di vita.
Nel caso di Emma, purtroppo, non è stato possibile ammettere la sua composizione al premio in quanto si trattava di una favola anziché un racconto, viceversa, nel caso Chiara, il racconto è stato ammesso, tuttavia non ha riscosso il favore della giuria. E questo, probabilmente, in virtù di una prosa semplice, lineare, infantile sebbene matura, ossia tipica di una bambina di dieci anni che, per quanto promettente, nulla ha potuto contro quella ben elaborata e rifinita di autrici/autori più adulti di Casilda.
In effetti questa vicenda, se da un lato testimonia l’imparzialità della giuria che – lo ricordiamo – riceve i testi in forma rigorosamente anonima, dall’altro pone in risalto l’enorme disparità dei testi forniti da partecipanti con età anagrafiche così diverse. D’altra parte sarebbe auspicabile creare diverse sezioni del premio per diverse fasce di età … ma queste fasce avrebbero poi un numero adeguato di partecipanti? La domanda sorge spontanea …
Di certo la partecipazione di Emma e di Casilda lascia ben sperare per il futuro giacché questi due teneri virgulti della narrativa potrebbero mettere presto radici ben salde e diventare non solo le autrici delle prossime edizioni del premio, ma anche e soprattutto delle colonne della futura narrativa aeronautica italiana. Gli organizzatori se lo augurano di cuore. E, in tutta onestà, questo è lo scopo ultimo di RACCONTI TRA LE NUVOLE.
Oggi non ci è dato sapere come e in che misura la maestra e la famiglia possano aver contribuito, anche solo di riflesso, alla stesura del racconto di Casilda Chiara, figuriamoci se ci è dato sapere in quale direzione essa potrà evolvere semplicemente crescendo. Ad ogni modo un dato è certo: a noi il racconto di Casilda è piaciuto. Molto. Sarà proprio per la sua semplicità, per la linearità, chissà? Sarà perché non possiamo che essere calorosamente benigni nei confronti di una ragazza in erba che si è cimentata laddove i suoi coetanei neanche si sognano di avventurarsi. E brava Casilda!
Ma veniamo al racconto: come vuole la tradizione delle composizioni di esordio, la nostra autrice ha composto un testo molto autobiografico tanto che ha descritto la propria famiglia ma lo ha fatto con gli occhi disincantati di una bimbetta cresciuta di soli 10 anni (di età) e questo – se permettete – costituisce l’enorme valore aggiunto. Intendiamoci: “Nonno canarino” non è la rielaborazione sotto mentite spoglie del classico tema scolastico: “Descrivi la tua famiglia”, tutt’altro. E’ la visione dell’autrice del suo trascorso familiare e del suo futuro personale.
La composizione infatti, seppure leggera, piacevolissima, tenerissima e, ci auguriamo, non troppo manipolata dall’intervento esterno, è un proclama d’intenti: Casilda intende volare molto, sì … ma per girare i suoi filmati naturalistici e questo sebbene il ramo maschile della sua famiglia abbia tuttora o abbia avuto in passato un rapporto professionale con il mondo aeronautico. Insomma la nostra autrice campana, sebbene sia geograficamente molto vicina alle due fucine dell’Aeronautica Militare Italiana quali Pozzuoli e Caserta, ha le idee molto chiare (ricordatevi che il suo secondo nome di battesimo è giusto appunto Chiara!): volare per svolgere il lavoro che l’appassiona. Più chiaro di così!?
Da parte nostra – dobbiamo ammetterlo – ci siamo letteralmente sciolti in un brodo di giuggiole quando abbiamo letto nel racconto di Casilda una frase che occorrerebbe scolpire nella pietra miliare di ciascun aeroporto:
“Perché il volo non è solo un lavoro ma libertà […] e la libertà unisce tutti”
Ci piace pensare che l’abbia coniata Casilda medesima con tutta la sua ingenuità e la purezza della sua età.
Cresci bene, Casilda. Che il tuo volo sia lungo e ti porti lontano … noi saremo qui a leggerti.
Narrativa / Medio – breve
Inedito
Ha partecipato alla X edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2022
Nota della Redazione: nella foto di copertina uno splendido primo piano a colori della trasvolatrice statunitense Amelia Earhart ritratta davanti al suo velivolo Lockheed Vega con il quale attraversò l’Oceano Atlantico nel maggio del 1932 impiegando quattordici ore e cinquantasei minuti, prima donna in assoluto e seconda solo a Charles Lindbergh.
Il regolamento del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE (di cui siamo co-organizzatori assieme agli amici dell’HAG – Historical Aircraft Group) è davvero feroce: ammette la partecipazione di soli racconti. D’altra parte già il titolo lo evoca chiaramente … RACCONTI, appunto e null’altro.
Sempre più frequentemente accade però che giungano alla Segreteria del Premio delle composizioni letterarie che non hanno le fattezze tipiche del racconto. Certamente – occorre precisarlo – non esistono dei lineamenti rigorosissimi per definire i connotati di un vero racconto rispetto ad un testo giornalistico o di un racconto dal taglio favolistico. Certo che no, tuttavia è pur vero che i connotati del racconto ideale sono abbastanza codificati sebbene sussista un certo margine di interpretazione. Purtroppo questo margine si annulla completamente quando un testo si presenta in rime baciate o in cui il protagonista parlante è un oggetto inanimato. Nella fattispecie il margine di interpretazione concesso alla Segreteria del Premio va a farsi benedire e i sedicenti racconti devono essere additati come infiltrati e dunque allontanati con garbo.
Nell’ultima edizione del Premio è accaduto in diverse occasioni. Troppe. E – lo dobbiamo ammettere – abbiamo cominciato a dubitare della bontà del regolamento e dello zelo della Segreteria nell’espletare la sua funzione di verifica preliminare dei testi. Che il regolamento sia poco chiaro? Che la Segreteria cerchi il pelo nell’uovo? Forse … ma analizzando ogni singola situazione ci siamo convinti che la voglia e l’entusiasmo degli autori/autrici è stata tanta e tale che, pur di partecipare al Premio, alcuni di loro hanno letteralmente dimenticato il cardine fondamentale del regolamento: possono partecipare solo e unicamente racconti.
E’ probabilmente caduta in questa terribile trappola Emma Lucietto che ha fatto pervenire alla Segreteria del Premio una piacevole composizione … peccato che si trattasse di una favola anziché un racconto.
Benché il prologo del testo non sia contraddistinto dal canonico “c’era una volta”, è apparso subito chiaro che una goccia parlante e pensante può appartenere solo all’universo fiabesco.
Perciò potrete facilmente immaginare il disappunto della provato Segreteria nel costatare, suo malgrado, la non rispondenza del sedicente racconto “Il sogno di Alice” ai requisiti del regolamento … tuttavia l’amarezza si è progressivamente mitigata scorrendo riga dopo riga giacché la favola ha oggettivamente tutta una sua originalità e un fascino sottile, quasi leggiadro. Ma lo stupore maggiore, giunti all’ultima sillaba, si è manifestato quando la Segreteria è andata a rilevare i dai anagrafici dell’autrice, non fosse altro per informarla dell’equivoco e della necessità di rielaborare il testo pena l’esclusione dal Premio.
Ebbene, appurato l’indirizzo e-mail, l’occhio è caduto inevitabilmente sulla firma del genitore prevista per gli autori minorenni e immediatamente dopo sulla data di nascita di Emma.
Vi risparmiamo i visi basiti e le espressioni di sorpresa ma il senso era: “Ma ha solo dieci anni!”. Dopodiché lo zelo e il senso di correttezza nei confronti dei partecipanti del Premio hanno paurosamente vacillato e la domanda che è rimbalzata da un membro all’altro della Segreteria è stato: “La contatti tu?”
A farla breve, la favola di Emma non poteva essere inserita tra i racconti partecipanti alla X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE ma essere pubblicata nel nostro hangar, questo sì, eccome! E con nostra grande soddisfazione perché non accade tutti i giorni di incappare in un’autrice tanto promettente.
Non ci è dato sapere quanto la maestra – bontà sua – e la famiglia di Emma – bontà loro – abbiamo contribuito o siano stati determinanti nella stesura della favola; oppure non sapremo mai (solo il tempo ce lo dirà) se questo testo rimarrà un fenomeno estemporaneo o avrà un seguito … tuttavia ci piace pensare che, nonostante le vicissitudini e le distrazioni che inevitabilmente attraverseranno l’esistenza di Emma, il suo talento possa consolidarsi e trovare il suo naturale sfogo nella scrittura creativa. Come pure in mille altre attività, chi può dirlo?
L’autrice avrà sicuramente occasione di evolversi semplicemente crescendo, vivendo a pieno le proprie esperienze, compiendo il suo percorso scolastico-formativo, conoscendo il mondo e tanti esempi di umanità. Avrà modo di cambiare anche radicalmente rispetto a quella che conosciamo oggi e magari, a distanza di una manciata di anni, neanche si riconoscerà in quanto ha scritto e favoleggiato. Oppure ne farà la sua professione, chissà? Poco male. Ci avrà comunque regalato una piccola emozione e di questo non possiamo che esserle riconoscenti.
Una questione è certa: a noi il microcosmo della goccia Alice, il suo desiderio di volare sull’arcobaleno e la sua amica Stella hanno colpito emotivamente. Forse perché ci ha sorpreso che in una bambina di dieci anni (e quindi nella sua composizione) sia così forte il sentimento dell’amicizia come pure la caparbietà, ossia il desiderio di raggiungere uno scopo apparentemente impossibile. Non ultimi i valori universali come la generosità, la riconoscenza o la sorellanza.
E’ pur vero che le fiabe sono molto soggettive perché talune ci travolgono e talaltre ci lasciano del tutto indifferenti. Dipende da persona a persona e soprattutto dallo stato d’animo di quella persona nel momento precisa della loro lettura. Forse ci stiamo rammollendo? Stiamo diventando dei mollacchiosi sentamentalisti? Forse. Ma prima di esprimere opinioni sulle altrui debolezze leggete “Il sogno di Alice” e poi ne riparleremo. Intesi?
Favola / Breve
Inedito
Ha partecipato alla X edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2022
Uno dei cantanti partecipanti della 38° edizione del Festival della canzone italiana di San Remo fu Rosalino Cellamare con la canzone “Il mondo avrà una grande anima”.
Tranquilli! Non avete sbagliato indirizzo: questo è sempre VOCI DI HANGAR, l’unico sito di letteratura aeronautica italiana inedita e non. Qui si parla sempre di aeroplani, piloti e cielo. Non è cambiato nulla dall’ultima volta che ci avete fatto visita. Tranquilli, davvero …
Ora vi chiederete che c’azzecca la vetrina più prestigiosa della musica leggera del nostro paese con l’aviazione? State sereni, ve lo spiegheremo! Abbiate la compiacenza di leggere tutta la recensione.
Dicevo … il buon Rosalino, in arte RON, nel 1988 decise di calcare il palco del teatro Ariston di San Remo con quella canzone scritta, musicata e interpretata da lui medesimo.
Il brano, in verità, non ebbe un gran risultato in termini di classifica finale (arrivò 21° su 26 concorrenti), complice il fatto che quell’anno c’erano in lizza canzoni del calibro di: “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri (che poi vinse), “Mi manchi” del possente Fausto Leali, oppure “Inevitabile follia” di un giovanissimo RAF. Quanti ricordi, vero?
E poi come non citare l’algida Anna Oxa con la splendida “Quando nasce un amore” o i Matia Bazar con “La prima stella della sera”? E la scoppiettante “Andamento lento” di Tullio de Piscopo la ricordate? Quest’ultimo fu il vero grandissimo successo commerciale di quella edizione di San Remo. La sua particolarità fu di avere un lento e inesorabile successo, quasi a scoppio ritardato tanto che un parlamentare dell’epoca coniò il termine “effetto Depiscopiano” in onore del brano in questione.
Ma torniamo a RON.
Anche a livello di ascolti radiofonici, di passaggi televisivi e di vendite “Il mondo avrà una grande anima” non ebbe poi grandi riscontri e, non a caso, non viene annoverata tra le migliori canzoni della notevole produzione canora del cantautore pupillo di Lucio Dalla.
Ciò premesso, ci piace riportare alcuni versi della canzone di Rosalino:
Verrà un giorno che gli aerei voleranno da soli
Faranno rotta dove vogliono loro
E più niente li potrà fermare
Nessun radar li potrà intercettare
Passeranno i confini del mondo
Toccheranno le stelle
Poi li vedremmo planare sul mare sul mare
Sfrecceranno sulle nostre teste così vicino che
Ci dovremmo abbassare
Solo i bambini mettendosi un dito nel naso
Li potranno guidare …
Versi apprezzabili e, per alcuni versi – perdonate il gioco di parole -, addirittura visionari per l’epoca che oggi trovano conferma nella quotidianità giacché i bambini possono effettivamente pilotare i droni con un semplice smartphone e gli aeroplani commerciali possono volare tecnicamente senza piloti (se solo i passeggeri ci salissero). Nondimeno gli attuali velivoli militari sono quasi invisibili ai radar, possono volare attorno il globo senza soluzione di continuità grazie ai rifornimenti in volo e, volendo, potrebbero raggiungere i limiti dell’atmosfera.
Di sicuro nel 1988 nessuno avrebbe mai immaginato che le fantasie sfrenate di un moderno menestrello come RON si sarebbero potute concretizzare, è pur vero che le capacità di intuire il futuro non sono prerogativa solo dei veggenti del calibro dell’enigmatico Nostradamus ma anche degli animi sensibili e recettivi come sono taluni artisti particolarmente dotati. Come RON, appunto.
Ma non vogliamo entrare in un ginepraio metafisico … il merito del cantautore fu semplicemente quello di aver tratto ispirazione da un episodio memorabile avvenuto qualche mese prima nei lontani cieli sovietici, anzi, per raccontarla correttamente, che ebbe come esito finale l’atterraggio di un velivolo nella famigerata Piazza Rossa di Mosca.
Ebbene sì: la sera del 28 maggio 1987 un innocuo Cessna 172 si presentò in finale presso il Bol’šoj Moskvoreckij di Mosca … che non è propriamente un aeroporto bensì un enorme ponte stradale a otto corsie sopra la Moscova (il fiume che attraversa la capitale sovietica) … andò all’atterraggio per poi rullare nei pressi della Cattedrale di San Basilio e arrestò la sua corsa nella piazza del Cremlino. Ai comandi c’era un certo Mathias Rust, giovanotto appena diciannovenne di nazionalità tedesca (allora Germania dell’Ovest o Repubblica Federale tedesca).
L’evento ebbe un effetto impensabile, letteralmente dirompente a tutti i livelli (politici, militari, diplomatici) e a 360 gradi in termini geografici ben oltre l’episodio in se stesso, ivi compreso il pretesto d’ispirazione per il nostro Rosalino.
A questo punto non aggiungeremmo altro al riguardo giacché il racconto di Massimo Conti, grazie a un artificio narrativo, riepiloga in modo mirabile proprio i giorni e le ore di quel volo singolare di Mathias, emulo del ben più celebrato volo transatlantico di Charles Lindbergh.
La ricostruzione storica in “Non rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa” è dettagliatissima come solo una cronaca giornalistica può essere. Anche il linguaggio è giornalistico e i dettagli minuziosi rivelati sono allo stesso livello: sembra quasi che Massimo Conti sia stato il copilota di Mathias Rust. Insomma quello che leggerete sarà un resoconto giornalistico mascherato sapientemente sotto le mentite spoglie di un racconto a carattere storico-aeronautico che per qualcuno suonerà come una vera e propria novità ma per qualcun altro sarà l’occasione di ricordare quel giorno in cui i giornali e i telegiornali diedero una notizia che aveva dell’incredibile …
La prosa del racconto è assai scorrevole e, benché il testo non sia proprio breve, scorre via con una piacevolezza che fa apprezzare l’impegno profuso dall’autore. La numerosa presenza di nomi di aeroporti e di riferimenti geografici non appesantisce il racconto e anzi innesca nel lettore la voglia di approfondire l’episodio narrato facendo ricorso a quella infinità d’informazioni presenti in rete, compresi i vari video e articoli di giornali dell’epoca, non ultimi quelli più recenti che danno conto della parabola percorsa da Mathias Rust dopo l’impresa compita. Parabola con molti bassi e pochi alti.
A questo punto, per dovere di chiarezza, siamo tenuti a sottolineare che il racconto di Massimo Conti non è giunto finalista della X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE non fosse altro perché esso ha goduto una valutazione minore da parte della Giuria del premio rispetto agli altri due racconti inviati dall’autore. Coloro che volessero partecipare sono infatti liberi di farlo con un indefinito numero di racconti a tema aeronautico, tuttavia solo uno – il migliore fra tutti loro – partecipa alla valutazione finale che poi decreta il vincitore e la classifica. Dunque a “Non rimpiango niente. Atterraggio della Piazza Rossa” la Giuria ha preferito il racconto: “Scende uva passa dal cielo” classificatosi poi in terza posizione e vincitore del premio speciale VR MEDICAL. Niente male, non trovate?
Inoltre, in un clima di confidenze, vi sveleremo un altro piccolo retroscena legato a questo racconto e al Premio: nella sua stesura originaria, la partecipazione di questo racconto alla X edizione del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE era stata negata dalla Segreteria del Premio in quanto non conforme ai requisiti del regolamento in fatto di formula narrativa. Al Premio, che si chiama – non a caso – RACCONTI TRA LE NUVOLE, possono infatti partecipare solo racconti, appunto. Non testi giornalistici. Ebbene a Massimo Conti dobbiamo riconoscere il merito, oltre ad aver avuto l’intuizione di trattare un episodio ormai perso nelle pieghe della storia recente, di aver avuto il buon senso (nonché l’umiltà) di rielaborare il testo e presentarne una seconda versione stavolta conforme … col risultato che ora siamo qui a parlarne!
Grazie, Massimo.
Narrativa / Lungo
Inedito
Ha partecipato alla X edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2022
Attenzione: Non esiste il Tag Non Rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa
Ciò che accadde l’11 novembre 1961 (o al più tardi il 12 novembre 1961, ancora oggi non è dato sapere con esattezza) in quell’angolo sperduto del Congo che portava e porta tuttora il nome di Kindu, è quanto di più aberrante e orripilante nella storia del popolo italiano. Non che gli uomini italici durante la millenaria storia della nostra area geografica non si siano mai macchiati di nefandezze innominabili, no, certo che no … e lo stesso dicasi per i congolesi in un paese – il loro – ben più inospitale del nostro (ove la lotta per la sopravvivenza è quotidiana). Tuttavia una tale bestiale crudeltà, un efferato istinto di vendetta come quello che la storia recente ci ha consegnato come “eccidio di Kindu”, beh … è difficilmente paragonabile ad altri episodi cruenti e sanguinolenti della nostra comune memoria storica.
Nella cultura mediterranea e, più estesamente, occidentale, è impensabile il consumo di carne umana, neanche se appartenesse al nostro peggior nemico, neanche per farne il più bieco scempio. Non ne faremmo mai uso; viceversa nel mondo africano, vuoi per un ambiente naturale più selettivo, vuoi a causa di un istinto animalesco appena sopito in quelle aggregazioni tribali spesso isolate dal resto dell’umanità, il consumo alimentare del corpo dell’avversario costituisce una sorta di rivincita, una specie di trofeo che va al di là del desiderio di prevalere sul nemico violando il suo corpo fin nell’ultima fibra.
A Kindu accadde proprio quello, o almeno le cronache lasciano supporre (non smentendolo in modo categorico) che i tredici aviatori italiani della missione di pace sotto l’egida dell’ONU, furono non solo massacrati barbaramente ma – pare e sottolineiamo pare – anche brutalmente cannibalizzati secondo il costume locale o comunque secondo un rituale ancestrale mai del tutto abbandonato da quelle genti.
Un fatto di una gravità inaudita, inimmaginabile secondo la nostra cultura e costumi eppure per nulla scandalosa per i congolesi.
Si obietterà: i miliziani congolesi probabilmente erano ubriachi e sotto l’effetto di droghe mentre i tredici martiri di Kindu erano certamente indifesi e unici uomini bianchi presenti in un’area dove i bianchi – belgi, s’intende – si erano macchiati di schiavismo, torture, sfruttamento disumano degli indigeni. Da qui un profondissimo odio nei confronti di tutti i bianchi in genere.
Si dirà poi che i due velivoli italiani, benché in missione di pace trasportavano armi anziché medicinali … sì – d’accordo – ma a uso e consumo delle truppe ONU malesi che presidiavano la zona di Kindu e che, in quanto soldati con il mandato di riappacificare il paese anche con le armi, avevano il sacrosanto diritto all’autodifesa. Quanto meno.
Nell’accezione popolare si suole dire che “in amore e in guerra tutto è concesso” … ebbene in Congo era in corso una vera e propria guerra civile – è vero – ma che nulla aveva di “civile”. Di qui a cannibalizzare il nemico (presunto o realmente tale) ne corre, non trovate? … eppure!?
Quando si verificano episodi di crudeltà come quella consumata a Kindu anche la più democratica e permissiva cultura occidentale va letteralmente a farsi a benedire e anzi non stupirà se qualcuno invocò allora (e soprattutto avrebbe praticato volentieri) la “legge del taglione”. Occhi per occhio, la pena identica o almeno pari al torto subito.
Probabilmente è quello che deve aver pensato e poi applicato il personaggio del racconto di Rosario Trimarchi. Occhio per occhio e Kindu è vendicata!
Non sappiamo se si tratti di un racconto di pura fantasia o se ci sono dei fondamenti di realtà … di certo il racconto ha qualcosa di truculento e di senso della vendetta che viene dal profondo.
In effetti l’autore così riassume il suo racconto:
Una benefica missione di pace, sfocia in una tragedia. Sono anni in cui l’opinione pubblica non viene ancora coinvolta al punto da poter spingere a fare chiarezza, lasciando così alla politica governativa la possibilità di stendere arbitrariamente un velo che seppur pietoso lascia dubbi e perplessità. Un uomo d’armi che non è Rambo uno dei pagliacci di Hollywood, ma Carlo B…a, un autentico soldato reduce da più guerre, è coinvolto sul luogo dell’eccidio in fatti immediatamente successivi ad esso. Durante la sua attività di mercenario trova un modo per vendicare, a modo suo e anonimamente, gli avieri italiani e contemporaneamente sentirsi a posto con la propria coscienza. Il metodo può sembrare folle ma, senza inorridire per il gesto e nemmeno volerlo giudicare, si potrebbe essere spinti a pensare che egli sia riuscito nell’intento.
Il racconto parte piano e procede apparentemente in modo innocuo ma, giunti verso la conclusione, esplode in tutta la sua crudezza lasciando il lettore basito e assillato di dubbi: fantasia o realtà?
Ovviamente non possiamo anticiparvi di più pena annullare l’effetto sorpresa. Quella stessa sorpresa che non deve aver fatto breccia nella della giuria del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE che non lo ha trovato meritevole di accedere la fase finale e dunque di annoverarsi tra i magnifici 20 racconti presenti nell’antologia della IX edizione.
Peccato … sarà per la prossima edizione perché Rosario Trimarchi è sicuramente un ottimo autore che ha fantasia e tecnica, sa narrare e intrigare il lettore e dunque è destinato a crescere e a migliorarsi a ogni partecipazione. Tieni duro Rosario!
Per l’intanto godiamoci questo suo racconto e domandiamoci se, nei panni del protagonista ci saremmo comportati allo stesso modo.
Narrativa / Medio – Lungo
Inedito
Ha partecipato alla IX edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2021
Come già anticipato nella recensione del libro intitolato “Sullandai“, questo racconto costituisce idealmente il prologo o – utilizzando un’espressione mutuata dalla gastronomia – l’antipasto del volume pubblicato nel 2004 a opera del Com.te Glauco Nuzzi.
In verità il “Il viaggio – l’inizio dell’avventura ” è molto più giovane, cronologicamente parlando (primavera 2021) rispetto al libro in questione. Come mai – vi chiederete -?
Semplicemente perché il racconto costituisce una sorta di concreto apprezzamento da parte dell’autore nell’essere stato esortato – e non comandato volontario – a partecipare alla IX edizione del nostro premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE. Anzitutto in qualità di giurato speciale, poi di ospite d’onore nel corso della cerimonia di premiazione e poi, se proprio gli fosse avanzato del tempo e se la memoria lo avesse supportato, anche di autore di almeno un racconto ambientato nel Congo.
Dalla spontanea disponibilità dell’autore è nato dunque il primo capitolo rivisto e corretto, condensato e migliorato di quello che è – e rimane tuttora – il primo capitolo stampato di “Sullandai” .
D’altra parte il titolo del racconto lo lascia facilmente intendere: è l’inizio dell’avventura che visse l’autore, poco più che ventenne, nei loghi aerei e terrestri del continente africano. Suo malgrado – sottolineiamo perché comandato volontario ad andarci e, prima ancora, comandato a trasferirsi a Pisa presso la 46a Aerobrigata trasporti pesanti come destinazione al reparto, appena terminata l’Accademia Aeronautica.
Forse sarà per questo che il comandantissimo Nuzzi si è subito adoperato per migliorare e riscrivere il primo capitolo del suo libro e farne un racconto peraltro piacevolissimo e godibilissimo: perché nessuno degli organizzatori del Premio letterario l’ha comandato … al massimo “pregato di”, certamente non “obbligato a”.
Tornando all’espressione iniziale “antipasto”, ebbene “Il viaggio – l’inizio dell’avventura ” è sicuramente un antipasto appetitoso, sapido, gustoso che appaga la mente e solletica la curiosità del lettore.
La prosa è semplice, senza particolari artifici narrativi, quasi confidenziale.
La trama è snella ma l’intreccio è davvero ben congegnato per essere confinato allo spazio di un medio-breve racconto.
Pochi ma fondamentali i personaggi e, sebbene la narrazione sia in prima persona, sono presenti alcuni periodi con il discorso diretto evitando così il rischio di un testo piatto se non monotono. E’ pur vero che la vicenda narrata è così dinamica che …
In definitiva un racconto che vi farà venire la voglia di leggere il romanzo o – ci auguriamo – la recensione del libro ospitata nel nostro hangar.
A conclusione di questa recensione permetteteci invece di ringraziare il Com.te Glauco Nuzzi per averci regalato questo cammeo. Lo interpretiamo come un segno di stima e di affetto nei nostri confronti. Come quello che abbiamo noi nei suoi. Nel nostro caso però non disgiunto da un reverenziale rispetto verso quel ventenne oggi cresciuto e divenuto solo per motivi anagrafici un delizioso ultraottantenne, comandato volontario a diventarlo.
Narrativa / Medio-lungo
Inedito
In esclusiva per la IX edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2021
Attenzione: Non esiste il Tag IL VIAGGIO - L'INIZIO DELL'AVVENTURA
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Aforismi
Il volovelista per alzarsi ha bisogno di un po\' di aiuto ... mai poi è capace di stare su per ore.
(proverbio volovelistico)
Q.T.B.
PILOTA: tutti gli strumenti OFF. MECCANICO: togliere tutti i tappi dalle prese degli strumenti (prima del volo)
(Suggerita da Big Mark)
Check-In
HOSTESS: finestrino o corridoio? PASSEGGERO: In che senso? HOSTESS: Che posto preferisce? PASSEGGERO: finestrino lato corridoio!