La superficie di metallo scintillava sotto i primi raggi del sole. I passi decisi del capitano Nicoteri sembravano lasciare una traccia sull’asfalto levigato della pista. L’uomo si dirigeva verso il velivolo che era hangarato, a circa quaranta metri di distanza, nello shelter numero 12. Gioiello della moderna tecnologia, l’AFC, acronimo di: “Air Free Control”, questo il suo nome tecnico, faceva la sua bella figura: aspetto snello e scattante, cruscotto super equipaggiato, cabina di pilotaggio comoda ed ergonomica. Insomma, era davvero il vanto dell’aeronautica! Era stato progettato, per missioni di pace, in cui la ricognizione e il recupero rappresentano aspetti importanti; ma era dotato, anche di un discreto armamento per la difesa. Quella mattina, l’ufficiale era particolarmente silenzioso: si preparava ad affrontare una missione importante, ma, i suoi pensieri erano immersi in ben altre preoccupazioni. Salendo a bordo del suo aereo, si sistemò e poi chiese, alla base, l’autorizzazione per il decollo. Era ormai, da mesi, che venivano effettuati gli ultimi test di controllo tecnico e di volo, in vista dell’incarico imminente. Con la calma e la sicurezza di un pilota esperto, Daniele, questo il nome del capitano, cominciò a librarsi nel cielo limpido a bordo del suo compagno di missione. Sin da bambino, aveva desiderato di far parte dell’Aeronautica Militare e quando dieci anni prima, il suo sogno era diventato realtà, credeva di essere l’uomo più felice del mondo! Però, non aveva fatto i conti con un aspetto importante della vita: non si può impedire alle ali del cuore, di raggiungere le vette più alte! Durante il volo, i suoi pensieri presero una direzione inaspettata: ritornarono indietro, ad un mese prima, quando l’ufficiale era a Parigi per un seminario con i suoi colleghi francesi presso il Comando Centrale, ospite dell’Armée de l’Air, l’Aeronautica militare francese. Una sera, durante le ore di libertà, si ritrovò in un locale della capitale ed incontrò lei: splendida figura, appoggiata al bancone del bar, che sorseggiava il suo cocktail con un’espressione malinconica sul volto. Avvicinatosi, le chiese come stava, quasi la conoscesse da tempo e da quel momento la sua vita cambiò radicalmente. I battiti del cuore seguivano fedelmente lo sguardo della donna che, con tono secco ed asciutto, gli parlò della sua delusione amorosa. Quando la sconosciuta stava per andare via, il capitano si offrì di accompagnarla. La magia avvolse entrambi ed assieme furono trasportati al settimo cielo, dalla forza magnetica dell’innamoramento. Il giorno seguente, l’uomo non la rivide e solo dopo una settimana, la donna gli comunicò la sua decisione di lasciare la città. Era anche lei di passaggio, giunta a Parigi, soltanto per un seminario sul birdwatching. La giovane donna di cui si era innamorato, era un’esperta naturalista che si occupava di volatili, più precisamente, organizzava visite guidate nei luoghi più suggestivi del mondo per appassionati di avifauna. Ma ciò che apparve più sorprendente fu che anche lei era italiana come lui. Era andata a Parigi per lavoro, sì, ma anche per dimenticare. Improvvisamente, la voce del collega, controllore del traffico aereo della base militare, lo distolse da quei ricordi: “Falco da Centrale operativa. Capitano, è ora di rientrare”. “Centrale, da Falco, ricevuto: rientro subito.” Nella discesa l’uomo avvertì un senso di liberazione. L’indomani avrebbe avuto del tempo libero per poter incontrare di nuovo la creatura che l’aveva così tanto ammaliato. Natascia, questo il nome della donna, era arrivata in città per motivi di lavoro; il capitano non poteva lasciare nulla di intentato … Tornato a casa quella sera, stava per addormentarsi, quando il telefono squillò. Era suo fratello Andrea: gli comunicava che il padre aveva avuto un malore ed era stato ricoverato d’urgenza, al policlinico della città. La notizia imprevista rattristò non poco l’ufficiale e promettendo di fare visita all’anziano genitore, avvertì una leggera morsa, che gli stringeva il cuore. La mattina seguente, sotto la pioggia, l’aeronauta si recò in ospedale. Attorno al letto dell’anziano genitore c’erano proprio tutti: sua madre, il fratello maggiore e sua moglie, sua sorella Sabrina. Appena lo vide, papà Guglielmo lo invitò ad avvicinarsi: “E’ da tempo, che non ci vediamo, noi due. Come stai, figlio mio?” Era davvero curioso: il malato chiedeva al sano, notizie sul suo stato di salute! Daniele si commosse ed abbracciò con tenerezza il genitore. “Vedrai, che tutto andrà per il meglio. Ne sono sicuro …” lo rassicurò, lasciando la presa, carica di affetto. Lo sguardo dell’altro si commosse, padre e figlio parlarono ancora, per una decina di minuti. All’uscita dall’ospedale, il capitano si sentì sollevato; il lavoro lo portava spesso fuori casa e quindi non aveva molto tempo a disposizione da trascorrere in famiglia. Incamminandosi verso l’albergo di Natascia, fece una promessa a sé stesso: in futuro avrebbe cercato di essere più presente, per le persone che amava. Arrivato nella hall dell’albergo, chiese della donna alla reception, salì al quarto piano dello stabile e bussò alla porta, con fare deciso. Dopo alcuni secondi di silenzio, udì dei passi che si avvicinavano all’ingresso: l’uscio si aprì e due occhi azzurri fecero capolino dalla penombra della stanza. Entrato, l’uomo iniziò col dire: “Scusa la mia insistenza, ma avevo davvero bisogno di vederti!”. Una pausa di riflessione riempì i due minuti che seguirono ed infine il capitano proseguì, come un fiume in piena: “Fra tre giorni, partirò per una missione all’estero, ma al mio ritorno, desidero una risposta da parte tua.” “Una risposta a cosa?” fu la domanda spontanea, della sua interlocutrice. Nella fretta, Daniele aveva trascurato di farle la fatidica domanda: “Sì, hai ragione; al mio ritorno mi dirai, se hai intenzione di accettare la mia proposta di matrimonio!” Un sospiro forzato, ma liberatorio, concluse il breve discorso e Natascia arrossì. Passarono alcuni interminabili minuti e poi la voce della donna giunse alle orecchie dell’uomo: “Non so proprio cosa dire! Questa incredibile proposta, mi lascia senza parole …” L’espressione sul suo viso era sinceramente sorpresa. Mentre parlava, la sua mente ritornò a quella notte magica di Parigi, trascorsa assieme al capitano. Era stata travolta da un sentimento mai conosciuto prima, così potente ed inarrestabile, come la forza di un uragano. Aveva avuto paura e per questo motivo si era allontanata da lui; riprese quindi dicendo: “ Fra quanto tempo, ritornerai?” “Una decina di giorni al massimo, si tratta di una missione lampo.” “Al tuo ritorno, avrai la risposta.” Fu questa l’affermazione precisa, della donna. A Daniele bastava, per il momento, così, salutandola freddamente, uscì dalla sua camera. Un soffio di vento lo colse lungo la strada, appena voltato l’angolo dell’isolato. Ancora pochi giorni e sarebbe partito: la meta era uno stato africano dove, secondo fonti sicure dei servizi di intelligence, si stava formando un nuovo nucleo terroristico. Trascorse i giorni che rimanevano alla partenza per la missione, in assoluto relax, cercando si concentrarsi sul delicato lavoro da compiere. La mattina tanto attesa arrivò ed il capitano si librò in volo, con il suo velivolo, non prima di aver saputo che le condizioni di salute di suo padre, miglioravano. Avrebbe percorso il tragitto in tre tratte, con soste in basi logistiche, predisposte sul territorio straniero. Era trascorsa una buona mezz’ora, dal momento in cui aveva decollato, quando ebbe una strana sensazione; avvertì un senso di torpore che salendo dalle gambe lo avvolgeva, come le spire di un cobra. In pochi minuti si addormentò, fu inevitabile, ma il suo aereo, governato dall’autopilota cambiò rotta. Vettorato da un comando remoto , giunse alfine in Arabia Saudita.
Il capitano sembrava rilassato, steso sul letto in una stanza poco illuminata. Dopo alcuni istanti, lentamente, si svegliò: un forte mal di testa gli impediva, di rendersi conto della situazione. Poi, poco a poco, si alzò e rifletté, su quello che era successo. Era ancora vivo e questo gli sembrò davvero strano! Mentre aveva iniziato a ricostruire gli avvenimenti che l’avevano condotto lì, fu interrotto dal rumore di una chiave che aprì la porta della camera. Un militare di carnagione olivastra e dagli occhi grigi, gli fece cenno di seguirlo: dopo aver percorso un lungo corridoio, arrivarono ad una sala rotonda, in cui lo attendeva, quello che sembrava essere un generale. Lo sconosciuto non badò ai convenevoli: aveva intenzione di carpire i dettagli della missione, che il capitano Nicoteri avrebbe dovuto compiere. Naturalmente, Daniele si rifiutò di rivelare i segreti militari che custodiva, così il suo avversario lo invitò a ritornare nella stanza dove era tenuto prigioniero; senza mangiare né bere (per giorni), forse la sua decisione sarebbe cambiata. Una volta accompagnato nella sua cella, Nicoteri, realizzò, che doveva agire alla svelta. Individuò la grata del condotto di aereazione e in breve fu all’estero dell’edificio che lo intrappolava. Intravide il suo velivolo hangarato in una specie di ricovero di fortuna, coperto da reti mimetiche e lo raggiunse. Durante la corsa, avvertì un dolore sordo al braccio destro: era stato colpito di striscio da una guardia, che ne aveva scoperto il tentativo di fuga. Senza smettere di camminare, velocemente, l’uomo arrivò comunque, al piccolo aereo. Si sistemò nell’abitacolo e lo mise in moto. Un breve sguardo agli strumenti di bordo gli confermò che era stato rifornito ma era privato delle armi. Il velivolo si avviò immediatamente. Inutile fu la reazione che i militari arabi ingaggiarono per cercare di fermare il suo decollo. Una volta staccatosi da terra, l’AFCdivenne irraggiungibile. Dopo oltre quattro ore di volo, il nostro eroe improvvisato, intravide le coste del suo paese ed emise un lungo sospiro di sollievo. Il destino era stato gentile con lui, ed anche se la ferita continuava a dolergli, ormai poteva considerarsi fuori pericolo. Nel frattempo, la sorella Sabrina era stata avvertita della sua scomparsa e, preoccupata, aveva avvertito Natascia, che conosceva già da tempo. Le donne si era precipitate alla base, in attesa di notizie confortanti. Mentre Daniele rientrava alla base, riaffiorò in lui un ricordo che sembrava sepolto nelle pieghe della memoria. Quando era bambino, durante una vacanza estiva a contatto con la natura, aveva visto un falco che cercava un nido per i suoi piccoli; è noto, infatti, che questi volatili non costruiscono nidi propri, ma utilizzano quelli lasciati da altri uccelli, oppure sfruttano tronchi cavi o cavità nella roccia. La sua curiosità infantile era rimasta così impressionata dall’aspetto regale di quell’animale alato che aveva pregato il padre di condurlo ogni giorno, in quel luogo, per seguire la cova delle uova. Dopo circa un mese, ebbe la meravigliosa sensazione di essere stato, anche lui, un membro della famiglia dei falchi: vennero alla luce quattro splendidi falchetti, che non aspettavano altro di essere imboccati da papà falco. L’abile e rapido volatile ritornava sempre dai sui piccoli … Il ricordò sfumava, lasciando il posto alle manovre di atterraggio che Daniele eseguì con cura ed attenzione, assistito dalla torre di controllo militare. Con sua grande sorpresa, vide ai bordi della pista, le due donne che attendevano con trepidazione il suo ritorno. Sabrina e Natascia unite dall’ansia per la sorte del pilota che, magicamente, si stava trasformando in gioia, erano abbracciate e si lanciarono verso l’uomo, non appena l’aereo raggiunse lo shelter. Calde lacrime di serena commozione, invasero il volto dell’ufficiale, che fu quasi soffocato dall’entusiasmo del loro abbraccio. Finalmente anche lui era ritornato a casa, come il falco dei suoi ricordi di fanciullo …
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Chiara Scamardella |