L’uomo delle mongolfiere


Un tripudio di lanterne volanti illuminava il cielo. Si libravano nella notte in un viaggio senza mèta che sarebbe inevitabilmente terminato con il loro ritorno alla terra da cui erano partite.

La carta sottile regalava alla luce un colore caldo, rassicurante. Leggiadra fragile meraviglia che sfidava il buio la cui brutale fine sarebbe stata in uno sporco angolo di strada. La pioggia le avrebbe consumate fino a che qualcuno passando le avrebbe rimosse bofonchiando, in nome del decoro urbano.

La ragazza distolse dal cielo i suoi occhi di ghiaccio, per posarli sulla vetrina della piccola bottega alle sue spalle.

Si sarebbe potuto pensare che sarebbe stato il ragazzo a voltarsi per primo, nella comune convinzione che gli uomini siano meno romantici. Invece fu lei. Presto annoiata dall’effimero vagare delle lanterne volanti, cercò con lo sguardo qualcosa di più tangibile. E persistente. La bottega dunque catturò la sua attenzione.

Dalla vetrina colma di vasellame di ogni tipo si poteva scorgere una figura, in fondo alla stanza. La ragazza si avvicinò trascinandosi dietro la mano del ragazzo e anche tutto il resto del ragazzo, fino a schiacciare il naso sulla vetrina per vedere meglio. Era la figura di un uomo. Un vecchio.

Un vecchio uomo seduto al tornio, che lavorava la creta. La sua ombra ricamava sulla parete le movenze fluide e ritmiche di una danza segreta. La creta si modellava docile tra le sue dita in un girotondo di cui solo lui conosceva la canzone. Acqua e polvere  diventavano vasi e piatti e ciotole e tazze.

I suoi movimenti sapevano di amore e dedizione. E la creta sembrava leggergli nel pensiero, assecondando i suoi desideri. Spostava un dito di un niente e la creazione tra le sue mani si trasformava in qualcosa di completamente diverso. E fino alla fine non avresti saputo dire cosa ne sarebbe uscito.

Ultimamente ne uscivano mongolfiere. Mongolfiere di creta.

Si sarebbe potuto pensare che non avessero senso, che fossero un inutile prendipolvere un po’ infantile. Mongolfiere di creta… Che assurdità! Questo, si sarebbe potuto pensare, vedendo un uomo che crea ceste di creta grandi come un ditale, e vasi panciuti che una volta girati sottosopra ricordano palloni aerostatici.

La ragazza entrò nella bottega senza dire una parola al ragazzo che si trascinava dietro con la mano e tutto il resto. Lui non capì. La sua mano neppure. L’uomo alzò lo sguardo dalla creta che gli scivolava tra le dita agli occhi di ghiaccio della ragazza.

Dietro di lei vide un ragazzo, che la teneva per mano. E dietro il ragazzo, che stava sulla porta della bottega, vide le lanterne volanti nel cielo. Lo sguardo gli tornò sugli occhi di ghiaccio della ragazza, che erano più luminosi di qualsiasi lanterna. E la sua voce fu limpida e cristallina al pari dei suoi occhi quando disse

«Buonasera».

«Buonasera» disse anche il ragazzo con lo sguardo un po’ sperduto che non teneva la ragazza per mano. Era lei a tenere il ragazzo, capì il vecchio. E a tenere acceso il mondo, pensò, con quegli occhi di diamante.

«Buonasera a voi. Posso esservi utile?»

«Cosa sta modellando?»

Sorrise, il vecchio. «Si potrebbe pensare che sia un vaso, o un’ampolla dal collo corto» rispose.

«Si potrebbe» disse la ragazza, «ma non sarebbe corretto».

Sorrise di nuovo, il vecchio,  e completò il lavoro in silenzio.

Quando ebbe finito si rivolse alla ragazza, che era rimasta lì, in attesa, con i suoi occhi di ghiaccio e la mano del ragazzo e tutto il resto.

«Credo che dovresti andare di là» le disse, indicando una porta nell’angolo in fondo alla stanza.

La ragazza si mosse in quella direzione, come se stesse camminando verso il suo destino. Attraversò la bottega ed era come se avesse dei binari ad indicarle la strada e un istinto dentro a spingerla verso quella porta e quella stanza e ciò che vi avrebbe trovato. Il ragazzo invece era rimasto dove lei lo aveva lasciato. Senza nessuno a trascinarlo, non sapeva bene cosa fare.

La ragazza attraversò la soglia, ed entrò nella stanza adiacente. Una luce calda illuminava l’ambiente e il pavimento era completamente sgombro. Ma la stanza non era vuota. Fece qualche passo fino ad arrivare al centro e poi, girando lentamente su se stessa, alzò gli occhi di ghiaccio verso il soffitto.

Centinaia di vasi che non erano vasi pendevano dal soffitto, ognuno con il proprio ditale che non era un ditale. Erano mongolfiere. Mongolfiere di creta, ognuna con il proprio piccolo cesto di creta collegato con del sottile filo bianco.

Ce n’erano di ogni colore e dimensione. Grandi come palloni da calcio e piccole come palline da golf. A righe orizzontali, verticali, oblique. Sfumate, a quadri, a pallini. Arcobaleno variopinto e meraviglioso.

Il vecchio entrò nella stanza, seguito dal ragazzo.

«Sono bellissime» disse la ragazza.

«Scegline una», disse il vecchio.

«Non saprei quale scegliere…»

Continuò a guardarsi intorno finché si decise e scelse una minuscola mongolfiera rosa, e una molto grande a righe verticali, multicolore. Il vecchio le incartò con cura con strati e strati di carta velina e le mise in una busta color avana.

La ragazza gli porse la carta di credito, ma lui disse che non accettava pagamenti elettronici. Lei guardò il ragazzo, in una silenziosa richiesta di aiuto.

Lui disse «Non ho contanti».

«Neppure io» si giustificò la ragazza, con la carta di credito ancora in mano, sospesa nel vuoto.

Il vecchio le porse la busta che conteneva le mongolfiere: «Non importa, me li porterai».

«Ma siamo di passaggio… ci sarà una banca qui vicino, no? Vado a prelevare».

«Non preoccuparti, mi è già successo».

«Cosa le è già successo?»

«È già successo che dei clienti non avessero contanti e siano tornati a pagare in un secondo momento. Una volta un cliente ha acquistato tantissime mongolfiere, il conto aveva raggiunto un importo piuttosto alto. Se n’è andato con tutta la merce e ho ricevuto un bonifico qualche giorno dopo».

«E lei si fida?»

«Perché non dovrei?»

«Non so, magari perché la gente tende ad approfittare delle situazioni…»

«Finora nessuno ha preso una mia mongolfiera senza pagarla».

La ragazza lo guardò dubbiosa.

«Perché le mongolfiere?»

Il vecchio posò la busta color avana sul bancone, e cominciò a raccontare.

«Tutto è iniziato con le lanterne volanti, come quelle che vedete lì fuori. Poi, alla fine del 1783, a Parigi migliaia di persone si radunarono per vedere la storia scriversi davanti ai loro occhi. Qualcosa di inimmaginabile stava per succedere: due uomini avrebbero volato. Si sarebbero sollevati dalla terra a bordo di un enorme pallone di seta riempito di un gas più leggero dell’aria. Il sogno proibito dell’umanità si stava realizzando. La mongolfiera si librò a mille metri da terra e attraversò il cielo, percorrendo dodici chilometri. Fu un’impresa epocale che tracciò un confine tra il prima e il dopo.

Le mongolfiere, però, hanno un grave limite: sono guidate solo dalla forza del vento. E dovettero cedere il passo e mezzi più efficienti. Perché l’uomo vuole decidere dove andare.

Tutti noi siamo aerei a motore con le con le nostre belle rotte impostate. Alcuni sono vecchi catorci della prima guerra mondiale, con i motori rotativi e la fusoliera di tela e legno. Altri sono jet a decollo verticale invisibili ai radar, che rompono il muro del suono. Alcuni sono apache pronti alla guerra. Altri sono cargo che si portano in giro il loro pesante carico. A volte siamo i piloti, a volte ci muoviamo con il pilota automatico.

Tutti facciamo il possibile per arrivare in fretta dove dobbiamo arrivare, spesso dimenticandoci perché ci stiamo andando. Abbiamo i satelliti a dirci cosa combinerà il meteo, sappiamo quanto forte soffierà il vento e in che direzione, se la pista sarà ghiacciata, quanto carburante consumeremo e quanti minuti potremo recuperare in caso di ritardo.

Le mongolfiere, invece, ci ricordano che a volte dobbiamo lasciare che la vita vada dove vuole. A volte dobbiamo lasciarci trasportare dalla corrente ascensionale senza cercare uno scopo, ma solo godendo del paesaggio. A volte dovremmo dimenticarci dei comandi e degli strumenti, e assaporare il viaggio e quello che ci può insegnare».

Gli occhi color ghiaccio siderale della ragazza lo fissavano in silenzio.

«Farò in modo di recapitarle quanto le devo», disse poi.

«Lo so» rispose il vecchio, porgendole la busta che conteneva le mongolfiere.

Lei afferrò la busta con una mano, con l’altra mano prese la mano del ragazzo e si voltò verso l’uscita. Le lanterne volanti erano ormai puntini minuscoli nel buio del cielo.

Si confondono con le stelle, pensò la ragazza.

Quella ragazza ha le stelle negli occhi, pensò il vecchio, mentre la guardava uscire trascinandosi dietro la mano del ragazzo e tutto il resto.

Si sarebbero rivisti ancora, ne era certo.

Bastava solo lasciarsi portare dal vento, come fanno le mongolfiere.


§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§

# proprietà letteraria riservata #


Intervista ad Arianna Bettin


NOTA della REDAZIONE.

Sebbene  Flickr sia un contenitore inesauribile d’immagini è sempre difficile scovare una fotografia che visualizzi perfettamente lo specifico scenario evocato in un racconto da un’autrice visionaria o un’autore assai fantasioso; talvolta ci dobbiamo accontentare di scatti che siano appena appena pertinenti ai racconti che andiamo a commentare. D’altra parte è risaputo che la forza della finzione letteraria è pari (e talvolta anche superiore) alla sola costruzione onirica … ma quando ci siamo imbattuti nell’immagine di copertina di questo racconto ci siamo detti subito: “E lei, perbacco!”.

La fotografia in questione non era scaricabile liberamente dal sito e anzi la didascalia a margine minacciava di non utilizzarlo previo esplicito consenso dell’autore, Angelo Cesare Amboldi. Dunque, senza pensarci un solo istante, abbiamo prontamente lo abbiamo contattato.

Eravamo certi che, proclamando il taglio squisitamente culturale del nostro sito e l’assoluta mancanza di fini commerciali, il sig Angelo ci avrebbe concesso il suo benestare senza alcuna restrizione, salvo citare il suo nome e il luogo dello scatto.

E abbiamo atteso. E abbiamo atteso la sua risposta. E abbiamo atteso ancora anche se in cuor nostro nasceva il dubbio che forse l’autore non “voleva” oppure non “poteva” risponderci. 

Purtroppo, alcuni giorni dopo,  la nostra seconda congettura ha avuto una drammatica conferma quando, dando in pasto al noto motore di ricerca il nome del fotografo, ci siamo imbattuti nel titolo. “LA PERSONALE POSTUMA DI ANGELO CESARE AMBOLDI”. La notizia era nella sezione news del giornale della città dove risiedeva sig Angelo. Risaliva al dicembre 2013. 

A questo punto ci siamo sentiti in dovere di pubblicare questo mirabile istante di vita catturata da ANGELO CESARE AMBOLDI e dalla sua macchina fotografica, se non altro per onorarne la memoria nonché le magnifiche capacità di cogliere l’attimo fuggente.

Non ce ne vogliano perciò gli eredi o i legali rappresentanti del sig Angelo se, a margine della suo scatto e nella certezza che nulla avranno da obiettare, ci limiteremo a pubblicare questa didascalia:

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fotografia di ANGELO CESARE AMBOLDI, “Flying lanterns”, scattata il 18 dicembre 2011, dal sito web www.flickr.com 

XII edizione – La premiazione

Logo Racconti Tra Le NuvoleXII edizione Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE – 2024



COMUNICATO STAMPA

nr 9 del 03 settembre 2024





Come preannunciato già in precedenti comunicati, la premiazione della XII edizione del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE – 2024, si terrà presso la sala conferenze del Museo Caproni di Trento, aeroporto di Trento, domenica 6 ottobre con inizio alle 11 e 30, ora locale.

I membri della Segreteria e alcune giurate raggiungeranno il luogo dell’evento già nel pomeriggio di sabato viaggiando a bordo di apposito minibus a nove posti che, partendo da Roma/Rieti, raggiungerà dapprima Terni/Viterbo e poi farà tappa a Forlì, quindi Trento. Al momento sono disponibili ancora dei posti e dunque se eventuali autori/autrici residenti in luoghi dislocati lungo l’itinerario per Trento volessero associarsi alla spedizione … potranno farlo comunicando prima possibile (e fino a esaurimento posti) la propria adesione all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com).

Dovendo pernottare in quel di Trento, organizzatori e alcuni autori/autrici hanno già prenotato diverse stanze dell’albergo FLYBIKE attiguo al museo, tuttavia risultano ancora disponibili alcune stanze matrimoniali e triple/quadruple. Troverete i contatti dell’hotel in questione in coda al presente comunicato.

La sera di sabato 5 ottobre, alcuni autori/autrici nonché organizzatori e giurate consumeranno una cena informale a menù libero presso il ristorante dell’hotel FLYBIKE. Chiunque vorrà partecipare potrà farlo comunicandocelo prima possibile in modo di organizzare al meglio il locale. Sempre all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com).

Subito dopo la cerimonia di premiazione di domenica, sempre presso il ristorante dell’hotel FLYBIKE, la Segreteria del Premio ha organizzato un incontro conviviale nel corso del quale autori/autrici potranno fraternizzare, scambiare pettegolezzi e malignità giocose. Chiunque volesse partecipare al pranzo dovrà semplicemente comunicarlo prima possibile … dove? Ma all’indirizzo e-mail del Premio (raccontitralenuvole@gmail.com), che domande!?

Sarà consentito il lancio delle molliche di pane solo se concordato con la torre di controllo di Trento a mezzo di apposito piano di volo presente in coda al comunicato. (Scherzone!)

E’ previsto un costo forfettario di 32 euro per ciascun commensale. Il menù fisso è disponibile in coda al presente comunicato e prevede prodotti e ricette tipici locali. Chi preferirà gli hamburger e le patatina fritte della nota catena statunitense dovrà passare sul corpo del Segretario che provvederà alla requisizione immediata senza restituzione.

Inutile sottolineare che alla premiazione potranno accedere tutti gli autori/autrici nonché i loro accompagnatori non meglio definiti, ossia: mogli e mariti, compagni/e, amanti e concubine, all’occorrenza figli legittimi e non, suocere/i, simpatizzanti varie, vicini/e di casa oltre che sostenitrici o ammiratori a vario titolo.

Non sono ammessi bande di sciamannati con al seguito: bandiere, trombe da stadio, fumogeni e petardi assortiti. Non verranno tollerati cori inneggianti partiti politici o squadre di calcio giacché si tratterà di una festa dedicata al volo e alla scrittura creativa.

Non è previsto un abbigliamento particolare tuttavia, sebbene siano molto apprezzati bikini e bicipiti scolpiti, siamo certi che – in considerazione della latitudine e delle clima “montagnoso” – le signore faranno sfoggio della loro naturale beltà adeguatamente celata, viceversa i signori eviteranno rigorosamente di presentarsi con i sandali e calzini bianchi pena essere spediti oltre confine a dorso di mulo e senza sella. Saranno apprezzate le cravatte, certamente, ma solo se in tema aeronautico.

Come da regolamento, procederemo a “fare la festa” alla vincitrice Ersilia Torello, tuttavia, benché il suo cognome evochi le corride, la infilzeremo solo con le congratulazioni più appuntite e domande impertinenti circa i suoi numerosi fidanzati.

Ogni occasione è utile ad Arturo Arveni, titolare dell’azienda farmaceutica VR Medical, per utilizzare il velivolo “aziendale”, ivi compresa la premiazione di RACCONTI TRA LE NUVOLE di cui è un fattivo sostenitore ormai da anni 

Ha già dato conferma della sua partecipazione alla premiazione quel gran manicaccio di Giancarlo Gusso, nome di battaglia: Captain Gux! Non ha ancora rivelato se ci raggiungerà a mezzo del suo nuovo aeroplano; non ci risulta che  abbia prenotato stanze d’albergo in città e dunque presumiamo che ci dormirà dentro. Giusto per non lasciarlo da solo di notte! Chissà se il pesante premio speciale VR MEDICAL riuscirà a entrare nel bagagliaio del velivolo!?

Nazarena De Angelis, in attesa che le venga conferita d’ufficio l’associazione onoraria all’ADA – Associazione Donne dell’Aria, verrà a ritirare il premio speciale conferitole per la seconda volta consecutiva. Che abbia stipulato un abbonamento con ADA?

Una rondine ci recherà invece Federica Merlo, la vera e propria rivelazione di questa XII edizione. Di certo porterà seco un paio di cuffie perché non se ne separa mai, anche quando vola a bordo di un aliante! Ma di questo e altro avremo modo di chiederle …

Vi preghiamo invece di procurarvi un bel paio di occhiali scuri e la pomata protettiva fattore 50 perché, senza rifletterci un istante, ci ha preannunciato la presenza alla premiazione la già vincitrice Rossana Cilli accompagnata dalle sue scintille di luce riflessa. Tutto chiaro?

Non potrà fare a meno di essere presente Laura Gallo, l’unica indigena delle autrici/autori finalisti. E nel caso non si presentasse – sia chiaro – andremo a prelevarla a casa sua e la trascineremo in aeroporto a mezzo dell’aeroplanino a tre ruote della figlia! A costo di portarcela in pantofole!

Anche Franco Angelotti, uno dei pochi piloti finalisti, non sappiamo se verrà in aereo o preferirà raggiungerci con una dozzinale automobile. Intanto verrà. Anzi vedremo.

Speriamo che almeno Simone Baldecchi, altro pilota in servizio, si presenti a Trento con il suo ultraleggero … ma ancora non ci ha fornito conferma a mezzo di piano di volo. Chiederemo alla torre di controllo.

In tutta sincerità se presenziasse alla premiazione l’affascinante DIZZY MISS LIZZY non ci spiacerebbe … purtroppo sarebbe problematico ospitarla nella sala conferenze, dunque ci dovremo accontentare del buon Massimo Conti, il suo autore.

Se invece per la sala conferenze vedrete aggirarsi con fare circospetto un bell’uomo … tranquilli: si tratta di Vito Grisoni. E’ semplicemente alla ricerca del suo aliante svanito. Sì, ma dove?

Degli altri autori/autrici non possiamo anticiparvi granché circa la loro partecipazione sebbene alcuni siano stati minacciati fisicamente come nel caso di Giacomo Da Col che dovrebbe pagare un’ammenda alquanto singolare: una botte di prosecco. Ergo: portatevi appresso i calici perché l’assaggio è previsto nel biglietto d’ingresso al Museo.

Ovviamente sarà presente il titolare dell’azienda VR MEDICAL, Arturo Arveni, che conta di hangarare il suo Piper Turbo Arrow nel museo ma, con suo grande rammarico, lo dovrà lasciare all’addiaccio appena fuori della vetrata. Arturo: ce l’hai troppo grosso. L’aeroplano!

Anche in questa edizione del Premio l’ADA- Associazione Donne dell’ARIA, ha fornito un contributo determinante in termini di Giuria e, novità di questa edizione, anche di premiazione prestando (nel vero senso del termine) un’associata, Federica D’Accolti, in qualità di co-conduttrice.

Inoltre, in tema di sostenitori del Premio, ci ha confermato la sua presenza anche la presidentissima dell’ADA, Donatella Ricci, che si è dichiarata interdetta se atterrare con il suo autogiro direttamente sul tetto del museo o sulla pista dell’aeroporto di Trento. Troppo prevedibile, vero?

L’editore Logisma ci sarà di sicuro perché ci porterà le copie dell’antologia ancora fresche di stampa … dunque vi preghiamo di non manifestare il vostro stupore quando, nel consegnare la copia omaggio agli autori e alle autrici, lo vedrete soffiare su ciascun volume: non è scaramanzia. Le sta facendo asciugare!

In occasione della premiazione autori e autrici potranno acquistare fisicamente dall’editore le copie dell’antologia che vorranno. Ovviamente a un prezzo promozionale riservato solo a loro e per l’occasione: 12 euro. Dopodichè, dotato di codice ISBN, il volume sarà acquistabile presso qualunque libreria convenzionale o virtuale ma al prezzo di copertina sebbene potrà comunque essere richiesto direttamente all’editore.

Lungi da noi chiedere ad autori e autrici di acquistare copie dell’antologia, tuttavia riteniamo che una possa trattarsi di un regalo originale, specie se impreziosito dalla dedica/firma autografa di chi ha contribuito a scriverla: gli autori e le autrici finalisti!

L’HAG, Historical Aircraft Group, festeggia nel 2024 il primo ventennio dalla sua fondazione e come farlo al meglio se non attraverso un’iniziativa dal forte sapore culturale come il premio RACCONTI TRA LE NUVOLE di cui è co-fondatore e co-organizzatore?

Quanto all’HAG, il suo presidente Stefano Gambaro, non ha sciolto ancora le riserve circa la sua apparizione in quel di Trento … ma è risaputo: il presidentissimo è ovunque e in ogni luogo dall’alto dei suoi quasi due metri di statura o trentamila piedi di quota. Di sicuro sarà presente il suo vice Andrea Rossetto che è il custode ufficiale delle cuffie di Federica Merlo e al quale sarà demandato l’onere terribile di sbaciucchiare le autrici. In rappresentanza del presidente, è ovvio! E nella speranza che Federica non s’ingelosisca troppo.

Al momento non ci è dato sapere quanti giurati/e ci raggiungeranno in quel di Trento; ci auguriamo tutti/e! Speriamo che ci saranno almeno le giurate ADA … non sarà il concorso di Miss Italia ma almeno la premiazione sarà molto più gradevole con la loro presenza. Speriamo.

Infine abbiamo invocato i giurati veterani del Premio, Andrea Strata ed Enrico Camerotto, che hanno promesso di raggiungerci a Trento. Magari in versione cartonata ma ci saranno. Lo hanno promesso!

Ad ogni modo – sia chiaro – non saranno ammesse azioni intimidatorie o vendicative nei confronti di giurati/giurate, viceversa sono caldeggiati inviti a cena o appuntamenti galanti in aeroporti o aviosuperfici per mostrare loro collezioni di aeromobili o hangar panoramici. Al tramonto o al chiaro di Luna, fate voi.

Un dato è certo: giurati e giurate saranno dotati/e di apposita corazza in acciaio ad alta resistenza, impenetrabile da armi da fuoco e da taglio. Inoltre chi verrà colto a inveire contro un giurato/a verrà severamente punito comminandogli la pena di rivestire il ruolo di giurato/giurata per le prossime sessantadue edizioni del Premio, salvo decadimento psico-fisico conclamato.

La vera novità di questa premiazione sarà la co-conduzione di Federica D’Accolti, già neo giurata ADA, che la impreziosirà con il suo garbo e la sua professionalità. E con grande gioia degli autori e degli accompagnatori, neanche a dirlo. Siamo certi che saranno tutti felicissimi farsi consegnare premi e diplomi da lei giacché lo sbaciucchio è consentito da regolamento del Premio. I soliti fortunati!

Dunque il Segretario Marco Forcina, suo malgrado, non potrà fare a meno di occuparsi molto da presso delle sole autrici. Non è George Clooney … ma questo passano gli sponsor.

In conclusione, ufficializzata la classifica, e archiviato il piglio istituzionale, ci siamo concessi di prenderci gioco un pochino di noi e degli autori/autrici giocherellando con i titoli dei loro racconti … siamo certi che non ce ne vorranno … come chi? I racconti!

Ci auguriamo che tutti gli autori/autrici possano, in un modo o nell’altro, essere presenti alla premiazione. Ad ogni modo, qualora fossero davvero impossibilitati, sappiano che potranno inviare un loro delegata/o in loro vece … purché reciti a memoria almeno le prime due righe del racconto per il quale ritirano il premio. Diversamente sappiano che, a titolo rigorosamente gratuito, la copia dell’antologia e il diploma di partecipazione verranno inviati presso il domicilio di coloro che – ahinoi e ahiloro – non potranno raggiungerci a Trento né riusciranno a trovare una forma di vita senziente cui delegare l’operazione di ritiro. Peggio per loro!

A tutti i gli autori/autrici … auguriamo il nostro più sincero “in becco all’aquila” unito a un “arrivederci a Trento”.





La Segreteria del Premio





 

Riferimenti albergo aeroporto di Trento:

Flybike Hotel

Telefono: +39 0461 944 344

Fax: +39 0461 186 262 6

38123 – Aeroporto di Trento, Trento (TN)-

E-mail: info@flybikehotel.it 

 

 

 

Menù pranzo 6 ottobre:

 

Antipasto: Selezione di affettati e formaggi locali con speck, salamino e lardo nostrano del maso dello Speck di Tito, carne salada Simonini, formaggi di malga

Primo piatto: strangolapreti fatti in casa piatto tipico trentino

Secondo piatti: carne salata scottata con cappucci saltati

Dessert: dolce della casa, tiramisù

Acqua e caffè

 

 

Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?


Probabilmente solo alcuni cultori della storia dell’Aviazione ricorderanno la vicenda di Mathias Rust, il giovanissimo pilota della Germania dell’Ovest che nel 1987, in barba a tutto e a tutti, raggiunse indenne la piazza antistante il Cremlino a Mosca atterrando con il suo innocuo Cessna 172 nel luogo simbolo del colosso sovietico.

A distanza di tanti anni di quell’evento se ne sta perdendo letteralmente la memoria benché all’epoca ebbe una ridondanza mondiale al punto da costituire idealmente il punto di avvio di un processo di rinnovamento della superpotenza – la famosa perestrojka di Gorbaciov – ma anche e soprattutto di un terremoto nell’ambito delle gerarchie militari dell’Aeronautica militare sovietica (con un ridimensionamento netto e un avvicendamento generalizzato degli ufficiali, ministro della difesa compreso) che trova qualcosa di paragonabile solo con le famose “purghe” di epoca staliniana.

 

Da diversi anni a questa parte, esemplari statici di Tu-22 si possono visionare in tutta la loro radiosa bellezza aerodinamica presso diversi musei dell’aria disseminati nel territorio sovietico. Quello ritratto si trova al Museo centrale delle Forze aeree della Federazione Russa di Monino situato presso l’omonimo aeroporto di Monino, 40 km a Est di Mosca dove gli fanno compagnia ben altri 170 velivoli (e anche più) del corposo parco macchine volanti sovietiche e russe costruite fino a oggi.  Secondo il sito web https://tu22.ru/(che vi invitiamo a visitare in quanto ricco delle informazioni più disparate): “Il Tu-22 era un aereo difficile da utilizzare, sia sotto gli aspetti tecnici che di volo. In generale, in 30 anni, oltre 60 veicoli su 311 costruiti sono stati prematuramente ritirati (schiantati, bruciati al suolo o completamente guasti) per vari motivi.” Se lo dicono loro … (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma a proposito di questa vicenda non aggiungeremo altro se non il titolo di uno splendido racconto a firma di Massimo Conti che, in occasione della X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE presentò ben due racconti il peggiore dei quali – si fa per dire – era intitolato appunto: “Non rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa” e aveva come protagonista proprio Mathias Rust, voce narrante del suo volo memorabile. Il racconto, non avendo goduto dei favori della Giuria di quella edizione, divenne subito ospite del nostro hangar e potrete leggerlo all’indirizzo:

 

https://www.vocidihangar.it/w/non-rimpiango-niente-atterraggio-sulla-piazza-rossa/

 

Un elemento universalmente identificativo del Tu-22 Blinder è  la collocazione dei due notevoli motori turbogetto alla base della grande deriva di cui è dotato. Se infatti l’ala a freccia (di 55° ) era assai comune ai velivoli dell’epoca in quanto consentiva loro una bassa resistenza alle velocità transoniche ma induceva a una velocità di atterraggio piuttosto elevata e una lunga corsa di decollo (che nel Tu-22 circa 2700 metri!), un’altra caratteristica di progettazione dell’azienda Tupolev era il carrello di atterraggio principale: montato in una coppia di alloggiamenti carenati posti sul bordo di uscita di ciascuna semiala. Che dire poi del sistema d’ingresso dei tre membri dell’equipaggio in cabina? Pilota, navigatore e addetto alle armi venivano letteralmente issati verticalmente a bordo con un sistema a montacarichi attraverso dei portelli collocati nel ventre della fusoliera, seduti ciascuno sul proprio sedile eiettabile. (foto proveniente da www.flickr.com)

Sì, d’accordo – vi domanderete – perché tutta questa digressione chilometrica? Perché le sorti del racconto di Massimo Conti sono identiche a quelle occorse al racconto: “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” di Andrea Pirani che è stato ugualmente giudicato non meritevole di accedere alla fase finale del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE, ma stavolta della XII edizione. E non solo. Anche il racconto di Andrea Pirani narra in modo più o meno giornalistico una vicenda che ha dell’incredibile e che si consumò sul suolo sovietico o forse, più correttamente, nei cieli dell’allora URSS con la differenza sostanziale che detta vicenda rimase del tutto ignorata, anzi secretata ferocemente, fino a qualche anno orsono quando divenne finalmente di pubblico dominio grazie a siti web in lingua russa e dunque pressoché ignorata da buona parte del mondo occidentale.

Ma – vi domandiamo – a un sovietologo del calibro di Andrea Pirani poteva sfuggire una così singolare vicissitudine? Poteva il nostro fido autore appassionato di aviazione con la stella rossa rimanere indifferente a una simile chicca storica? Certo che no … ed ecco allora che lo scrittore milanese, profondo conoscitore dell’Unione Sovietica all’epoca della Guerra Fredda, costruisce una storia che ha più il sapore divulgativo piuttosto che narrativo e che lui stesso definisce:

“una storia così surreale, irreale, impossibile che è vera”.

Ebbene quella storia è ora ospite nel nostro hangar e potete leggerla con tutta la comodità e il senno di poi dei quasi quaranta anni trascorsi.

Non si tratta di una foto particolarmente ben riuscita – penserà qualcuno – e non potremmo certo biasimarlo, tuttavia provate voi a scattare un’immagine a bordo di un caccia intercettore F-104G Starfighter danese e inquadrare correttamente il vostro “scramble” costituito da un Tu-22 Blinder che ha invaso proditoriamente lo spazio aereo del vostro paese!  In realtà si tratta di una di quelle foto storiche che, ne siamo certi, finì sui tavoli di fior fiore di analisti militari e di esperti di costruzioni aeronautiche militari delle nazioni occidentali durante il periodo della Guerra Fredda. Tutti alla ricerca di quei dettagli tecnici sfuggiti agli agenti dei servizi segreti occidentali e assai preziosi per definire le potenzialità belliche di una macchina volante assolutamente temibile. Almeno all’epoca (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma di cosa si tratta effettivamente? Oseremmo dire: un evento rocambolesco che … anzi, sapete cosa? … ce lo faremo riassumere proprio dall’autore:

 

“Si parla di un un’esercitazione in cui accade di tutto: un aereo fuori rotta, che sconfina due volte dalla Russia in Iran e dall’Iran in Russia, inseguito due volte dai caccia e mai raggiunto. L’equipaggio si salva ma le conseguenze per ben 2.000 persone relazionate a quell’episodio sono molto pesanti.”

 

Forse abbiamo svelato troppo? No, abbiamo semplicemente dato voce a un testo unico nel suo genere nel panorama italiano giacché la cronaca in lingua originale si può leggere solo a questo indirizzo:

 

https://tu22.ru/lyudi/41-veterany-samoleta-tu-22/stroevye-letchiki-i-tekhniki/187-merzlikin-vyacheslav-ivanovich

 

La pulizia penetrante delle linee del Tu-22 Blinder è esaltata da questo scatto. La progettazione del Tu-22 progetto iniziò  nell’agosto 1955  e nell’agosto  1957 fu completata  la costruzione del  primo  prototipo di cellula; nell’estate  del 1958  furono installati i motori sul prototipo e iniziarono i test statici, quindi fece il suo primo volo. Entrò in servizio nel 1963 ma fu assillato da notevoli problemi tecnici oltre a una congenita difficoltà di pilotaggio ed elevati costi di manutenzione. Cessò di volare definitivamente nel 1994 a seguito degli accordi del  Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa di Engels.(foto proveniente da www.flickr.com)

previo attrezzarsi di un buon traduttore o, per i più fortunati, di una traduttrice alta, bionda e dai lineamenti tipici delle gentildonne dell’ Est Europa. Con il rischio che, di traduzione in traduzione, possiate rimanere affascinati da una tale bellezza esotica (almeno per noi occidentali) al punto di non poterne fare più a meno …

Scherzi a parte, il racconto di Andrea – ne siamo certi – vi lascerà basiti e anche se la trama non è avvincente al pari di un film del tipo “Mission Impossibile” o del migliore James Bond … beh, non stentiamo a credere che un moto di stupore si manifesterà sul vostro volto unita a una sottile smorfia di paura per il terribile pericolo scampato. Quello di una Terza Guerra Mondiale che, potenzialmente, sarebbe potuta scoppiare per la leggerezza di un sistema – quello militare – assolutamente fallibile benché altamente tecnologico e professionale.

A proposito di “TU-22 …”possiamo solo aggiungere che ci spiace non abbia potuto accedere alla fase finale di RACCONTI TRA LE NUVOLE ma che al contempo siamo onorati e compiaciuti di poterlo ospitare nel nostro hangar.

A proposito dell’autore invece non possiamo che spendere parole di apprezzamento perché Andrea è ormai un veterano del Premio o, come recitavano i versi di una gloriosa canzone di Francesco De Gregori,

il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette

e dunque, prima o poi riuscirà a dare l’assalto al podio del Premio, certi che lo farà con uno dei suoi racconti alla sovietica maniera. E se anche non dovesse accadere … beh, saremo lietissimi di pubblicare i suoi racconti! Perché c’è necessità di fare divulgazione storica, perché c’è necessità di conoscere cosa accadde al di là della Cortina di ferro.

Troppi anni sono trascorsi e storie come quelle del maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich meritano assolutamente di essere raccontate.

Ancora una bella immagine del Blinder (secondo la classificazione NATO) ripreso probabilmente quando era ancora in servizio operativo (foto proveniente da www.flickr.com)

Comunque sia andata con “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” per noi è stato un successo, al di là del mancato ingresso nella rosa dei venti racconti finalisti. Perlomeno in termini di divulgazione della misconosciuta cultura aeronautica dell’ex blocco sovietico. E se poi il mondo russo, erede di quello che fu il colosso sovietico, non gode oggi granchè simpatia nel mondo occidentale, beh … poco ci importa: è comunque storia!

Grazie Andrea.




Narrativa / Lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


 

TU-22, OVVERO: COSA POTREBBE MAI ANDARE STORTO?


Quando ero piccolo c’era un cartone animato che si chiamava Mr. Magoo. Costui era un vecchietto con grossi problemi di vista a cui, ciononostante, per una serie di incredibili e assurde coincidenze, andava tutto bene.

La storia è pressappoco questa con la differenza che Mr. Magoo era un cartone animato ma il Maggiore Mikhail Chizhov è stata una persona in carne e ossa.

Perché questa è una storia vera. Verissima. Desecretata solo dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Non è molto pubblicizzata, visto la pessima figura che hanno fatto, e in giro si trova pochissima documentazione che è, ahimè, perlopiù in lingua russa.

Era il 24 aprile 1983 e, come spesso accadeva in quei tempi, c’era stata un’esercitazione che aveva coinvolto ben sette reggimenti di bombardieri strategici. L’operazione era stata un successo. Erano andati a “distruggere” in maniera fittizia un bersaglio ed erano tornati tutti insieme all’aeroporto di Mozdok. In ogni caso, trasferire sette reggimenti in un aeroporto remoto da diverse basi permanenti non è un compito facile. E diventa ancora più difficile nel momento in cui, oltre agli equipaggi e ai tecnici, c’è una pletora di ispettori con vari gradi e posizioni, compresi numerosi Colonnelli e Generali.

Insomma: c’era la crème dell’«intellighenzia» sovietica, più per mettersi in mostra che per una reale necessità.

E cosa si fa dopo un successo? Si bevono fiumi di vodka! In fin dei conti cosa potrebbe mai andare storto?

Ma lasciamo perdere la parte politica e occupiamoci della parte operativa: in particolare seguiamo uno dei tanti Tu-22, bombardiere strategico con base a Baranovichi, Bielorussia, che faceva parte del 203imo reggimento.

Apriamo una piccola parentesi sulla storia di questo reggimento che non era ben visto in generale dagli altri piloti per i suoi passati. Prima era stato nominato “reggimento sotto spirito” a causa del fatto che i Tu-22 avevano una riserva di 160 litri di alcool necessaria al funzionamento dell’aria condizionata. Molti equipaggi, durante i voli, la tenevano spenta e pativano il caldo pur di non consumare l’alcool. La parte non usata durante il volo veniva spesso contrabbandata a terra come vodka. E da questo fatto nacque il nomignolo di “reggimento sotto spirito”.

Poi, durante un atterraggio di fortuna, uno dei Tupolev, sempre del 203imo reggimento, si scontrò contro un treno che portava delle galline surgelate, distruggendolo completamente e carbonizzando i poveri animali già morti. Da quel momento il 203imo reggimento divenne per tutti il “reggimento alla griglia”. Ma tutte queste strane avventure non sarebbero bastate: stava per accadere qualcosa di veramente assurdo.

Torniamo al nostro aereo, un grosso bombardiere strategico con tre uomini di equipaggio.

Il Tu-22 che ci interessa aveva a bordo un operatore radio, il Sottotenente Merzlikin Vyacheslav Ivanovich, un navigatore, il Capitano Drozdetsky S.M. e infine il pilota, il Maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich.

Tra tutti gli equipaggi, gli ispettori e i rappresentanti politici, come detto prima, la vodka scorreva a fiumi.

– Maggiore: ancora un bicchiere? – chiese il Capitano Drozdetsky.

– No, grazie. Sono a posto.

– Maggiore, forza! Brindi con noi: l’esercitazione è finita. Cosa potrebbe mai andare storto?

– Nulla, naturalmente. Solo che devo scrivere un po’ di scartoffie per il Partito. Sai: le solite cose.

– E non si può aspettare domani?

– No: i rappresentanti partiranno domattina all’alba e noi nel pomeriggio. Quindi devo fare tutto entro stanotte.

– Capisco: prima il dovere. – e mentre diceva questa frase il Capitano Drozdetsky alzò il suo bicchiere e bevve.

Nella grande sala festosa, a un certo punto, salì su di una sedia il Colonnello Tatarchenko: – Un attimo di silenzio per favore. – gridò a voce alta.

Tutti si zittirono.

– Devo fare un importante annuncio. Come prima cosa vorrei complimentarmi con tutti voi per l’incredibile performance della precedente esercitazione.

Dal pubblico partì un applauso e grida di gioia.

– Silenzio, per favore. Pur essendo stata solo un’esercitazione mi preme mettervi nuovamente tutti alla prova. Nella realtà potrebbe accadere che il nemico si sia riorganizzato nello stesso giorno con una portaerei nel mar Caspio. Il vostro compito sarà quello di andare lì e distruggerla. Il vento sta cambiando direzione rapidamente ma, se non ci saranno variazioni, partirete da Ovest e vi sarà dato un piano di volo da seguire alla lettera. Ora potete andare a riposarvi brevemente: il Generale Efimov è già in volo qui da noi e inizieremo quando lui sarà arrivato.

Nella platea era calato il silenzio misto a delusione: un’altra esercitazione.

L’operatore radio Merzlikin disse allora al Maggiore Chizhov: – Questa non ci voleva. Speravo proprio di tornare a casa domani.

– Tranquillo Ivanovich: faremo bene anche questa prova e dopodomani saremo a casa: cosa potrebbe mai andare storto?

– Ha ragione, Maggiore.

– Bene: ora tu e il Capitano andate a dormire un po’. Io scrivo qualche rapporto e poi vi raggiungo. L’appuntamento è per l’una e mezza di notte nella sala tattica. Riposatevi che domani la nottata sarà lunga.

– Non si stanchi troppo Maggiore.

Il Maggiore Chizhov scrisse diverse relazioni consegnandole ai vari politici lì presenti. Alle 22:00 precise raggiunse i suoi due compagni di volo e si addormentò come un sasso.

Arrivò anche il 24 aprile 1983: notte fonda. I controllori di volo diedero il piano dell’esercitazione a tutti. Senza troppa fretta, tutti gli equipaggi si avviarono ai rispettivi velivoli. Ed ecco il primo problema: in quelle zone il vento cambia il verso in cui soffia in maniera molto repentina ed è molto intenso. E così accadde. Il servizio di navigazione e la direzione del reggimento pensarono bene di modificare le istruzioni di prevolo.

Dunque, a causa del vento, venne decisa una variazione di rotta solo al decollo: il resto sarebbe rimasto uguale. Nulla di strano; anzi, tutto nella norma. Ciò che non era nella norma fu il modo in cui venne notificato questo cambio, ovvero a voce, a piedi, correndo dietro agli equipaggi.

Da lontano, mentre il navigatore stava parlando di cose frivole con gli altri due, uno degli addetti che dovevano avvertire di tale cambiamento urlò: – Equipaggio del numero 63: dopo il decollo virate a Est e non più a Ovest. Capito?

Il navigatore, che non aveva prestato assolutamente attenzione a quanto avesse detto quel controllore di volo, rispose: – Grazie. Ci vediamo presto.

Il Comandante chiese: – Cosa ha detto? Con tutto quel rumore non ho capito nulla.

– Niente di importante, Maggiore. Ci ha augurato buon viaggio e buona fortuna.

Questo secondo volo avrebbe dovuto svolgersi in rigoroso silenzio radio, conformemente al compito dell’esercitazione e ciò spiegava e giustificava il fatto di aver comunicato la variazione solo a voce e di persona.

Purtroppo, il navigatore, il comandante e l’operatore radio del nostro Tu-22, per la negligenza del Capitano Drozdetsky, non recepirono tale cambiamento.

Quindi, l’incuranza del navigatore fece sì che la rotta impostata sarebbe stata speculare rispetto alle modifiche, con un errore di 180 gradi esatti.

Ed ecco il secondo problema con una piccola spiegazione: in quegli anni l’aviazione sovietica, per le rotte, non usava il sistema di gradi rispetto al Nord magnetico ma un loro sistema chiamato “ortodromico”. Ovvero il punto di partenza, qualunque esso fosse stato, diventava il Nord relativo e tutte le rotte sarebbero partite da questo punto fittizio.

Il volo prevedeva lo svolgimento in silenzio radio e quindi nessuno era a conoscenza dei cambiamenti né nessuno li avrebbe mai avvertiti.

L’ora “X” si avvicinò e tutti gli squadroni erano pronti alla partenza.

Ogni aereo, al decollo, avrebbe seguito semplicemente la scia luminosa dei reattori del velivolo precedente e si sarebbe levato in cielo e non ci sarebbe stato nessun problema.

In fin dei conti che cosa sarebbe potuto andare storto?

Dietro agli schermi radar dell’aeroporto si trovavano i Generali e gli ispettori che erano venuti per sorvegliare l’esercitazione. I veri controllori del traffico aereo erano stati allontanati per permettere a tutti questi ficcanasi di assistere allo spettacolo.

Il dubbio, più che lecito, era: ma costoro, i Generali e gli ispettori, dove stavano guardando? Nessuno si era accorto che tutti gli aerei si stavano dirigendo a Nord tranne uno, che si stava dirigendo a Sud?

Ormai la frittata era fatta; un solo Tupolev era in volo da quasi un’ora, nella direzione sbagliata.

I Generali e gli ispettori a Mozdok non se ne erano resi conto ma il centro radar di Tbilisi, sì: se ne era ben accorto! Che cosa ci faceva questo aereo senza transponder acceso, da solo, nel nulla, a quest’ora della notte?

Alle ore 2 e 48 minuti del 24 aprile 1983, il centro di controllo del traffico aereo di Tbilisi informò il posto di comando della difesa aerea della presenza di un velivolo non identificato.

Alle ore 2 e 53 minuti i caccia decollarono dall’aeroporto di Saidar per intercettarlo.

Intanto a bordo del Tu-22, il Comandante, guardando il suo orologio, disse: – È ora di far partire le contromisure elettroniche, come da programma.

– Ma chi vuole che ci segua a quest’ora? – replicò il navigatore.

– Non importa: il programma dice così e noi faremo così. Contromisure!

L’operatore radio impostò il sistema: – Interferenza passiva KDS-16 TM con programma continuo, intervallo 0,3 attivato, Signore.

– Molto bene.

Esattamente in quel momento, i due piloti da caccia che stavano inseguendo il Tu-22, che era quasi sul radar dei loro missili aria-aria, non riuscirono più a localizzare l’aereo intruso e, dopo qualche minuto, abbandonarono il bersaglio.

Continuando (senza saperlo) sulla rotta sbagliata, il Tu-22, alle ore 2 e 58 minuti attraversò in tutta sicurezza la frontiera di stato tra URSS e Iran.

Dopo aver passato il confine, il velivolo finì esattamente, per puro caso, sull’aerovia internazionale e quindi nessuno prestò molta attenzione a quello che poteva essere benissimo un aereo civile diretto da qualche parte.

– Ragazzi: come va laggiù? – chiese il Comandante.

– Bene. Un po’ assonnati ma bene. D’altronde: cosa potrebbe mai andare storto?

– Già: una passeggiata. Su: cercate di non dormire che tra un po’ finiremo questa esercitazione.

Raggiunto il waypoint (sbagliato) il navigatore ordinò la virata e poco dopo passarono sopra una grande città illuminata.

– Siamo sopra Kursk. – disse il Comandante – Navigatore: ormai ci siamo. Tracciami una nuova rotta per il bersaglio, lo bombardiamo e ce ne torniamo a casa.

– Agli ordini, Maggiore.

– Comunque me la ricordavo diversa Kursk. – aggiunse il Comandante.

Ed era ovvio che se la ricordasse in maniera differente dato che si trovavano sopra Teheran e non a Kursk. Ma a “Mr. Magoo” Chizhov ancora una volta la fortuna arrise. In quel giorno a Teheran, c’era stata una grandissima festa pubblica e, diciamolo, i controllori di volo, specie a quell’ora della notte, non è che si stessero ammazzando di lavoro dato che ignorarono bellamente il nostro Tu-22 che proseguì verso il suo “bersaglio”.

Dopo un po’ l’aereo sorvolò la base aerea iraniana di Mishhad (senza immaginare di esserci sopra) e qui il navigatore si preparò per l’esercitazione.

Ma non tutti facevano festa come a Teheran: infatti la cosa non passò inosservata alla difesa aerea iraniana.

– Velivolo sconosciuto in area. Tutti ai posti di combattimento. Pronti con i missili terra aria. Identificare le coordinate del bersaglio e abbatterlo. Svelti! – urlò ai suoi uomini il Capitano responsabile della contraerea di Mishhad.

Ma ci fu un nuovo colpo di scena: in quel preciso momento, alle 3:30 di notte, in quella zona, si verificò un tremendo terremoto e, per volontà del destino, il Tu-22 continuò il suo assurdo volo. Gli iraniani pregarono Allah e chiesero di non far più tremare la terra, dimenticandosi dell’intruso.

A bordo, invece, non sospettando nulla, nessuno pregò nessuno.

Tanto: cosa potrebbe mai andare storto?

Qui il navigatore diede l’ordine di cominciare la discesa e di dirigersi nella zona, pensando di trovarsi vicino a Baranovichi, dove avrebbero dovuto trovare il bersaglio.

Ma il comandante disse: – Montagne? Non dovrebbero esserci le montagne a Baranovichi. C’è qualcosa che non quadra: non scendiamo finché non avrò capito dove siamo.

Nella mente del Maggiore Mikhail Chizhov cominciarono a venire i primi dubbi sulla posizione e infatti diede l’ordine di girare in tondo finché non si fosse chiarito il tutto.

– Rompiamo il silenzio radio. Ivanovich: accendi tutto e inizia a chiamare.

E fu così che l’operatore radio ruppe il silenzio imposto e provò a chiamare sul canale 1, sul 5 e sul 20.

Nessuno rispose.

Il motivo? Era semplice: si trovavano in Iran e non in Russia.

– Ivanovich: prova con la procedura “Komet”. Sai cos’è, vero?

– Sì, Comandante. Serve per le navi e gli aerei che sorvolano il Polo Nord. Grazie alla triangolazione, riescono a darti una posizione approssimativa.

– Scusa Ivanovich: è ovvio che tu lo sappia. Sei l’operatore radio. Perdonami: è la stanchezza.

– Nessun problema, Comandante.

– Riprova ancora una volta, riprova due volte, riprova tre volte e, se servisse, riprova cento volte.

– Sì, Comandante.

Intanto l’aereo continuava a girare in tondo e il tempo passava.

E si cominciavano a vedere i primi bagliori dell’alba.

L’alba? Beh, sì: ormai erano quasi le 5 del mattino.

Ma che diamine! Il sole stava sorgendo a Ovest!

E questo è impossibile!

– Ragazzi: – disse il Comandante – non so cosa stia succedendo ma se quello è l’Ovest che in realtà è l’Est significa che stiamo andando maledettamente verso Sud. Ora noi mettiamo la prua a Nord e ci allontaniamo il più possibile. Non so come ma siamo finiti dalla parte opposta.

Il navigatore rimase zitto e non disse una parola.

– Ivanovich: prova tutte le frequenze normali, d’emergenza, civili e la Komet.

– Sì, Comandante. – rispose l’operatore radio mentre chiamava ancora e ancora e ancora attraverso tutti i canali, chiedendo aiuto a tutti coloro che potevano ascoltarli.

Ma dall’altra parte c’era solo silenzio.

Fortunatamente per loro qualcuno, alla fine, rispose: era un controllore del traffico aereo dell’aeroporto di Mary-1, una piccola base militare in Russia, vicino al confine con l’Iran.

Il carburante era agli sgoccioli; l’indicatore aveva quasi raggiunto il livello minimo.

– Grazie per aver risposto, aeroporto di Mary-1: quanto siamo distanti da voi?

Il controllore rispose: – Il nostro radar ha una portata di 200 chilometri. Bene: voi non siete ancora in vista. Continuate diritti e poi scendete per l’avvicinamento. Faremo alzare in volo due aerei per indicarvi la strada.

Il Comandante, un po’ più rincuorato, disse all’equipaggio: – Ormai è fatta ragazzi. Ci manderanno un paio di caccia per scortarci sino alla pista. Allegri! Cosa potrebbe mai andare storto?

Due caccia si levarono subito in volo. Peccato che uno dei due si scordò di accendere il suo dispositivo IFF[1].

Il risultato fu che un aereo si mise a inseguire l’altro nelle vicinanze, senza mai poter raggiungere il nostro Tupolev e dunque la cosa fu di una inutilità pressoché totale.

Ma ormai il Tu-22 era in vista dell’aeroporto.

– Ivanovich: – disse il Comandante – non mi fido. È tutto molto strano. E se fosse una trappola di qualche nemico che non riesco a identificare per prenderci l’aereo e studiarlo?

– Non credo, Comandante. E cosa avrebbe intenzione di fare?

– Diamo prima un’occhiata a bassa quota. Se capiremo di essere in un qualche territorio nemico, mi alzerò sino a 3.000 metri, voi vi getterete col paracadute e io farò schiantare l’aereo così non potranno studiarlo.[2]

Infatti, in vista dell’aeroporto, Chizhov passò a bassissima quota ma non atterrò.

Per fortuna, tutto intorno, c’erano solo aerei con la stella rossa, ma anche quello avrebbe potuto essere un trucco. Il Comandante si convinse definitivamente di essere tornato in Patria quando vide un aviere con la camicia completamente sbottonata e la cintura dei pantaloni che arrivava sino alle ginocchia, tutto intento a bere qualcosa da una bottiglia.

– Solo un russo si comporterebbe così. Signori: siamo in Russia! Preparatevi per l’atterraggio.

Il grosso Tupolev, con il serbatoio completamente all’asciutto, finalmente atterrò e l’equipaggio, l’aereo e gli armamenti erano sani e salvi.

O no?

Cosa sarebbe mai potuto andare male?

Una volta a terra, si accese una spia degli armamenti. Il pericoloso missile KH-22 che trasportava il bombardiere, durante la riattaccata, si era surriscaldato in maniera anomala e aveva creato qualche preoccupazione. Ma fu una questione solo di pochi minuti e tutto ritornò alla normalità.

– Ce l’abbiamo fatta, Comandante. Siamo salvi. – disse l’operatore radio – Ormai cosa potrebbe andare storto?

Cosa potrebbe andare storto?

Ahimè: tutto.

Dopo questa storia assurda, che vorrei ripetere ancora una volta è reale, vennero fatte molte indagini e ricerche con le seguenti conclusioni.

Non era credibile che un aereo sbagliasse completamente rotta.

Non era credibile che gli intercettori, preposti per la difesa dei confini, si siano lasciati scappare un aereo così grande, con un’apertura alare di 23 metri e lungo oltre 40 metri.

Non era credibile che in Iran nessuno avesse provato ad abbatterli.

Non era credibile che fossero riusciti a rientrare ancora una volta attraverso i confini russi senza essere visti.

Non era credibile che nell’ultimo “scramble[3]” i caccia si fossero inseguiti tra di loro e avessero perso il loro obiettivo.

Non era credibile nulla di tutto ciò, specie durante un’esercitazione dove erano presenti più Generali che aerei.

Successivamente, uno dei due piloti decollati da Saidar per intercettare il Tupolev, volle andare a parlare con tutto l’equipaggio e chiese loro: – Cosa avete fatto dato che all’improvviso, mentre vi stavamo inseguendo, l’intero schermo radar si è illuminato con molti bersagli?

Chizhov spiegò che, per puro caso, in quel momento aveva avuto l’ordine, seguendo il piano di volo, di accendere esattamente a quell’ora un disturbatore radar non sapendo ovviamente di essere inseguito.

– Ecco perché non vi ho abbattuto e ho dovuto segnalare che l’obiettivo era scomparso tra le montagne!

Poi, un mese e mezzo dopo, anche il capo delle comunicazioni del reggimento, il Maggiore Linnik, andò dall’equipaggio e chiese all’operatore radio: – Eravate voi a chiamare il Komet usando il nominativo RMVTSF?

Ivanovich rispose: – Sì. Eravamo noi ma nessuno ci ha mai risposto e io ho provato credo almeno un centinaio di volte.

– Caro Ivanovich, ti hanno sentito benissimo. Forte e chiaro. Ma non sono riusciti a capire il motivo per cui un aereo che non si trovava al Polo Nord ma proprio all’opposto, in Iran, avrebbe dovuto contattare il nostro sistema di geolocalizzazione polare. Continuavamo a dirsi tra di loro che tutto questo non poteva essere né vero né logico. Non vi hanno mai risposto poiché pensavano potesse essere una provocazione o un trucco del nemico.

Ma la storia non finisce qui.

Come prima cosa il 203imo cambiò il suo nomignolo in “reggimento Teheran” e poi, in seguito a quel volo, dopo una lunga serie di indagini, circa 2.000 (duemila) persone furono punite, rimosse dagli incarichi, congedate, arrestate o licenziate dall’Aeronautica Militare e dalla Difesa Aerea. E non si guardò in faccia a nessuno: dall’aviere semplice al Generale blasonato.

Il Comandante Chizhov fu messo sotto torchio per un anno e mezzo.

Si congedò lui stesso alla fine e non volò mai più. Lavorò come ingegnere aeronautico in una fabbrica vicino Baranovichi ma, purtroppo, dopo appena un altro anno morì d’infarto per il dispiacere.

L’operatore radio venne degradato e dovette ricominciare da capo tutta la sua carriera.

In tutto questo marasma ci fu uno e uno solo che si salvò: il navigatore. Colui che non sentì gli ordini e colui che non prese nessuna decisione durante il disastroso viaggio. I suoi «santi protettori» dovevano essere molto influenti. Incredibilmente potenti.

E quindi risulta essere l’unico che poté dire a cuor leggero: “cosa potrebbe mai andar storto?”


In ricordo del Comandante Maggiore Mikhail Chizhov.


[1] Identification friend or foe o IFF, in italiano, identificazione amico o nemico, indica un sistema automatico elettronico di riconoscimento amico-nemico progettato per le funzioni di comando e controllo. Si tratta di un sistema che permette, mediante un’interrogazione, di identificare un bersaglio e determinarne la distanza dall’interrogatore. (Da Wikipedia)

[2] Il motivo per cui il Comandante debba prima portare l’aereo a 3.000 metri per far espellere i due membri dell’equipaggio è dovuto al fatto che chi progettò quel velivolo era dedito più alla vodka che all’ingegneria aerea: infatti i seggiolini eiettabili anziché andare verso l’alto come nel 99% dei casi, andavano solo verso il basso e dunque si sarebbero potuti salvare esclusivamente oltre una certa quota.

[3] Lo scramble (o scrambling) è un termine militare che definisce l’atto di far decollare un caccia intercettore per intercettare e identificare un aereo sconosciuto. (Da Wikipedia)



§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§

# proprietà letteraria riservata #


NOTE: nell’immagine di copertina il cockpit pilota del Tu-22 Blinder (proveniente dal sito web https://tu22.ru/)

XII edizione – I vincItori

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XII edizione Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE



COMUNICATO STAMPA

nr 8 del 15 agosto 2024



La Giuria della XII edizione del Premio letterario “RACCONTI TRA LE NUVOLE” ha decretato il racconto vincitore. Ebbene si tratta di:



IL SOGNATORE

di Ersilia Torello



nonché la classifica degli altri 19 racconti finalisti:



2) NON C’E’ DUE SENZA TRE di Giancarlo Gusso

3) IL SOGNO PIU’ DOLCE di Nazarena De Angelis




4) RONDINE di Federica Merlo

5) L’ISTANTE PERFETTO CIELO di Stefania Granata

6) DIZZY MISS LIZZY di Massimo Conti

7) QUARANTATRE’ BIPLANI SULLE ALI di Franco Angelotti

8) I-MODJ di Simone Baldecchi

9) RESURREZIONE di Laura Gallo

10) SCINTILLE DI LUCE RIFLESSA di Rossana Cilli

11) ERA QUELLO ANCORA VOLARE? di Vito Carnimeo

12) LAS MALVINAS SON ARGENTINAS di Gianvincenzo Cantàfora

13) L’ALIANTE SVANITO di Vito Grisoni

14) UNA CORSA CONTRO IL VENTO di Giacomo Da Col

15) IL BOMBARDIERE di Alberto Alparone

16) L’ULTIMA SCALATA di Alessandro Magistri

17) VERSO LE STELLE, NONOSTANTE TUTTO di Gaspare Benenati

18) GINO BATTISTINI di Marco Benedet

19) MISTER BRIDGE: IN VOLO PER LA LIBERTA’ di Carlo Migliavacca

20) VENT’ANNI DI CIELI D’ACCIAIO … di Rodolfo Andrei



Inoltre l’amministratore dell’azienda VR MEDICAL, Arturo Arveni, ha preferito attribuire l’omonimo premio speciale al racconto:



NON C’E’ DUE SENZA TRE

di Giancarlo Gusso

Infine l’ADA – Associazione Donne dell’ARIA ha deciso di consegnare il suo premio speciale al racconto:



IL SOGNO PIU’ DOLCE

di Nazarena De Angelis



Giunti a questo punto, a nome dell’HAG e di VOCI DI HANGAR  permetteteci di ringraziare allo stesso modo tutti coloro che hanno partecipato: finalisti e non, vincitori e non, insomma tutti coloro che hanno speso il loro tempo ed energie mentali nella stesura di un racconto a prescindere dal piazzamento conseguito. Siamo certi che i tutti gli autori/autrici avranno modo di fare di meglio nel corso della prossima edizione mentre esortiamo i non finalisti a non smettere di scrivere … e chissà che l’edizione 2025 non sia loro benigna!?

A tutti gli autori/autrici permetteteci di dire semplicemente: grazie! Grazie per l’impegno e la passione dimostrata nel cimentarsi in una sfida non facile. Grazie per essere stati “dei nostri”, e per aver declinato a modo vostro il cielo, il volo e il mondo aeronautico in tutte le sue sfumature. Grazie davvero.

Naturalmente non possiamo fare a meno di congratularci con i vincitori e i finalisti tutti: bravi! Siamo fieri di voi!

Infine un grazie particolare ai cinque giurati e alle cinque giurate che si sono cimentate nel difficile ruolo di valutare i sessantasei racconti pervenuti in questa edizione da record.

Siamo certi che alcuni dei partecipanti non accetteranno di buon grado il responso della Giuria, tuttavia ci permettiamo di far notare loro che, in definitiva, la vera classifica verrà stilata dai lettori dell’antologia e il loro indice di gradimento dei testi farà davvero la differenza.

Rimandiamo infine al prossimo comunicato, emesso a brevissimo, con le indicazioni circa la premiazione che, come già anticipato, si terrà domenica 6 ottobre 2024 alle ore 11 e 30 presso il Museo Caproni di Trento.

A tutti i gli autori/autrici … auguriamo il nostro più sincero “in becco all’aquila”.

La Segreteria del Premio



Per qualunque comunicazione: raccontitralenuvole@gmail.com



L'unico sito italiano di letteratura inedita (e non) a carattere squisitamente aeronautico.