Da pochi giorni mi è capitato per la prima volta tra le mani questo libro. Avevo letto moltissimi altri libri riguardanti la Seconda Guerra mondiale e in particolare la storia delle battaglie aeree in Europa. Già Pierre Clostermann, con il suo “La Grande Giostra”, aveva descritto tutta la guerra, vista dal suo posto privilegiato nella cabina di pilotaggio del suo Spitfire prima e dei suoi Typhoon e Tempest dopo.
Tutti coloro che hanno scritto libri su questo argomento avevano avuto cura di cominciare proprio dall’inizio, dalla scuola di volo e successivamente dalla battaglia d’Inghilterra, per proseguire negli anni successivi e continuare poi con lo sbarco in Normandia e la lunga marcia verso Berlino. Tanto era il mio interesse per questo argomento che l’ho affrontato con diversi tipi di approccio. Come appassionato di fotografia ero in possesso di tanti libri scritti da famosi fotoreporters di guerra, primo fra tutti Robert Capa. L’approccio fotografico mi ha portato a collezionare centinaia di foto della guerra. E successivamente, da appassionato di viaggi, nel corso degli anni ho visitato ripetutamente i luoghi che avevo trovato descritti da tutti questi autori nei loro libri, fotografici e non.
Ho seguito le orme di molti di questi autori. Sono stato dove erano stati loro e ho visto i luoghi. Ho parlato con le persone. Oggi tutto è cambiato. Ma si riconoscono ancora quasi tutti. Ho fatto migliaia di foto e le ho confrontate con quelle d’epoca. Il risultato, in moltissimi casi, è stato entusiasmante.
Quanto sopra per arrivare a dire che, cominciando questo libro, conoscevo già benissimo i luoghi e la storia dove Johnnie Johnsonn ha ambientato tutti i suoi racconti.
Lui inizia da quando, giovanissimo, cercava di entrare nella Riserva Volontaria Inglese o nell’Aviazione Ausiliaria, nella speranza di poter poi proseguire la carriera nella RAF. Non si sa come sarebbero andate le cose se la guerra non avesse creato la necessità di reperire tanti piloti. Ma di fatto questa necessità si è presentata quasi subito e Johnnie ha iniziato la sua vita di pilota militare, prima con il grado di sergente e poi è passato a quello di sottotenente per proseguire la carriera come ufficiale pilota.
Sin dalle prime pagine ho ritrovato la descrizione della vita delle scuole di volo che tanti altri hanno riportato nei loro libri. E quasi subito, mi è capitato di leggere una sua frase che tanti altri piloti hanno scritto e che per un pilota come me ha un sapore tutto particolare:
“Non potrò mai dimenticare quel giorno in cui feci il mio primo volo sullo Spitfire…”.
E questo pezzo, ovviamente, l’ho divorato con gli occhi…
Nei capitoli successivi, nei racconti che vi sono contenuti, ho ritrovato l’atmosfera dell’epoca, i luoghi e la storia dell’epoca, che avevo conosciuto già attraverso le altre letture. Ma proprio per questo mi è sembrato di tornare dopo tanto tempo in posti familiari. Perfino i personaggi, visti con gli occhi di questo pilota, erano gli stessi visti da altri, o conosciuti direttamente attraverso i loro propri libri. Alcuni di questi personaggi, piloti e non, avevano anche prestato la loro opera come controllori ante litteram, guidando gli stormi ad intercettare i velivoli nemici per mezzo del radar di allora. Sono diventati famosi per questo e i loro nomi compaiono anche qui, dando al lettore l’impressione di ritrovare degli amici.
C’è un altro elemento davvero importante ed oltremodo interessante in questo libro: la descrizione minuziosa ed accurata delle strategie e delle tecniche di combattimento aereo. Qualunque pilota nato dopo la guerra vorrebbe sapere come volavano questi aviatori e come combattevano, come si lanciavano da un aereo colpito, cosa provavano nel vedere un caccia nemico andare in pezzi sotto i loro colpi e cadere al suolo. Oggi per noi è una cosa impensabile ma in quei giorni era consuetudine. E quel tipo di guerra aerea, dalla quale deriva quella odierna, non tornerà mai più.
Sì, decisamente interessante. Entrare nella mentalità di tanti decenni fa, in una situazione drammatica come quella di guerra e soprattutto di guerra aerea, dove già il volo era un pericolo. Non dimentichiamo che il nostro autore volava su un aereo difficile, per quanto stupendo. Non era un mezzo di svago come lo sono oggi i nostri aeroplanetti da turismo o da diporto. Erano strumenti di guerra, di difesa e di attacco, avevano mitragliatrici, otto nel caso dello Spitfire, oppure quattro cannoncini, capaci di un volume di fuoco terrificante. Sotto le ali si potevano collocare delle bombe, anche da duecentocinquanta chili. Tutto questo rendeva le operazioni molto delicate, il decollo e tutte le altre fasi del volo avevano ben altra valenza di quella di un volo di piacere. Eppure i piloti di allora descrivono i loro voli come estremamente piacevoli, il cielo blu, le nubi intorno alle quali giravano o dentro le quali si precipitavano per nascondersi quando serviva, per poi uscirne e attaccare fulmineamente qualche squadriglia nemica. C’era in loro la stessa passione che c’è oggi in noi piloti moderni.
Johnnie Johnson descrive alcuni piloti che sono diventati famosissimi all’epoca e lo sono ancora. Uno di questi è il colonnello Douglas Bader, pilota pluridecorato con alcune delle massime onorificenze. Ma non sono queste che lo hanno reso famoso. Il colonnello Bader aveva perduto le gambe in un incidente e volava con delle protesi, evidentemente neanche troppo sofisticate come potrebbero essere quelle moderne. Nel corso di una battaglia aerea sulla Francia del Nord il colonnello Bader venne colpito e fu costretto a lanciarsi. Nell’emergenza perdette una delle protesi. Quando i tedeschi lo catturarono scoprirono anche di chi si trattava. Lo fecero prigioniero, ma riuscirono anche a far sapere agli Inglesi che Bader era sopravvissuto al lancio, che si trovava in una determinata città e che aveva bisogno di una protesi e offrirono un corridoio sicuro per un aereo inglese che volesse attraversare la Manica per lanciare la protesi in un punto stabilito nei dintorni di quella cittadina. Una storia davvero avvincente.
Un altro pilota era stato ferito durante un combattimento aereo e aveva perduto un occhio. Dopo la convalescenza tornò a volare. Si potrebbe credere, con il senno di oggi, che una simile menomazione non rendesse possibile riottenere l’idoneità al volo. Ma erano altri tempi e c’era la guerra. I piloti esperti erano oro, perciò il nostro pilota, non solo ebbe l’idoneità (si disse che un veterano con un occhio solo valeva molto più di un pilota inesperto con due), ma fece anche diversi voli notturni!
Un libro indimenticabile, che andrebbe letto anche in lingua originale, per scoprire le espressioni tipiche di quegli anni, lo slang e le frasi idiomatiche usate dai piloti che hanno combattuto in quei giorni gloriosi.
Johnnie Johnson non risparmia critiche alla strategia applicata durante la Battaglia d’Inghilterra. Così come non risparmia lodi per il colonnello Bader.
La presentazione del libro, ad opera proprio del colonnello Bader, è breve e bellissima. Vale la pena riportarla qui, perché offre un’idea chiara della qualità di questo libro.
Scrive Bader:
“Caro Johnnie, non avrei mai creduto che tu sapessi leggere e scrivere. Nonostante quel che scrivi di me, penso che il tuo sia uno splendido libro nonostante quella dissertazione sulla strategia della Battaglia d’Inghilterra, con la quale assolutamente non concordo. Mi piace il tuo stile, che si mantiene nella tradizione dei nostri famosi predecessori della prima guerra mondiale, Ball, McCudden, Mannock e Bishop. Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra generazione di piloti imparò proprio da loro le regole fondamentali del combattimento aereo; quando ero allievo a Cranwell, leggevo e rileggevo più e più volte i loro scritti che non ho, poi, mai dimenticato. Sono certo che questo tuo libro sarà letto con lo stesso entusiasmo dalle future generazioni di allievi, alle quali lo raccomando. Tuo Douglas. Londra 7 giugno 1956”.
Una presentazione che non potrebbe essere più efficace nel suo compito.
Recensione a cura di Evandro Detti (Brutus Flyer)
L'unico sito italiano di letteratura inedita (e non) a carattere squisitamente aeronautico.
Aforismi
Capisco come si possa guardare la terra ed essere atei, ma non capisco come si possa guardare il cielo di notte e non credere in Dio.
(Benjamin Franklin)
Q.T.B.
PILOTA: batteria morta dopo due ore di volo. MECCANICO: sostituita con altra viva
(Suggerita da Big Mark)
Check-In
PASSEGGERO: Scusi, io vado in vacanza a Fuerteventura, ma dove devo scendere con l’aereo, alla fermata di Fuerteventura o a quella di Tenerife?