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Mario Trovarelli

spirit of san louis

Vivo la Vita con stupore e con paura. Con rabbia e con amore.

Sono il poeta della campagna.

Disteso sulla terra morbida guardo il mondo e ricordo quando il nonno raccontava le storie di eroi e di battaglie, di viaggi e di notti magiche illuminate da mille e mille fuochi.

Ho volato.

Dalla campagna al mare, dai monti alle metropoli. Ho volato. Ora scrivo per curare.

Mi piace stupire.

Amo comunicare fino in fondo per esprimere me stesso senza veli. Scrivo per commuovere. E per piangere.

Scrivo per dare un volto ai dispiaceri degli uomini che soffrono. Per trasformare in lacrime il loro dolore.

Scrivo per sognare.

Sono il poeta del vento.

Mi stupisco del cristallo che rende azzurro il cielo e bianche le nuvole d’ovatta.

Luminose le stelle.

Scrivo i sogni mai sognati. Offro l’affetto mai provato.

Scrivo per cantare e per lenire il dolore mai sofferto dai prigionieri del pensiero.

Dono me stesso a tutti. Uomini e donne. E mi sento onnipotente. Per questo sono insoddisfatto. E torno a scrivere. Per dare. Per prendere.

Sono il poeta del volo.

Mi tuffo giù in picchiata nelle valli di lacrime e m’impenno su in cabrata per le vette alte dei successi fugaci. Sorvolo campi e boschi.

A volte passo a sfiorare le piccole onde ballerine dei laghi di montagna e attraverso la spuma bianchissima dei ruscelli di campagna. A volo radente.

Posso spingermi fino all’orizzonte estremo dove il mare blu s’incontra col cielo azzurro.

Un giorno punterò dritto le ali in cabrata con manetta avanti a tutto motore. Salirò verso l’alto finché l’elica non avrà più respiro. Né aria da mordere.

Un palpito estremo di vita, prima del grande trapasso. E ancora più su. Fino alle sorgenti della luce, dove non si ha più voglia di tornare indietro.

Scrivo per guarire, e per imparare a volare. Scrivo per guarire.

E per amare.



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Nel sito sono ospitati i seguenti racconti:

Triplano Barone Rosso
Il primo Volo

Un aeroplano per amico

Calanchi

E' scritto nel vento

Il primo volo

Rischio di collisione

L'ultimo volo

Il volo delle pojane

Un volo drammatico
Foto in copertina di Michele Travierso

Il primo volo



Un grosso temporale s’annuncia a nord-est. Nubi alte e cupe s’addensano a ridosso del Monte Calvario.

Il pilota si leva presto al mattino per non perdere il fascino della magnifica preparazione.

Il cielo sta organizzando il suo funerale. Non sarebbe carino perderlo.

Ormai da troppo tempo aspetta il momento propizio: l’incontro con le nubi temporalesche, l’interminabile acrobazia inebriante, la lenta discesa sulla spiaggia (in vite rovescia col motore in fiamme). E finalmente lo schianto.

La morte trionfale!

Un fenomeno della natura trasformato in sinfonia maestosa.

Il pilota scende dalla casa di campagna e imbocca il viale delle Mimose. Varca la soglia del sacro aerodromo. E si sofferma ad ammirare il suo biplano stupendo.

Il vento è forte e mutevole.

Docilmente il fido velivolo si lascia preparare per l’evento. Poi inizia a rullare velocemente, con l’ansia di partire. S’allinea in pista e decolla controvento.

Una rapida salita.

E finalmente l’avvicinamento al cuore del nuvolone. Un gigantesco cumulonembo, fucina di mille temporali.

Momenti sublimi d’eccitazione elettrizzante. Il pilota precede il volo col cuore.

La grande nube avanza rapidamente. Cuore e motore pulsano assieme. In sincronia perfetta. Ma nel momento in cui l’anima assapora l’attimo di gloria, un ricordo improvviso entra nella mente.

Una donna lontana.

L’unica che il pilota abbia mai amata. L’unica dalla quale egli si sia sentito veramente amato.

L’egoismo e la sete di gloria gli avevano dato l’oblio. Ma ora la fata gli torna alla memoria. E la sua volontà vacilla.

Sicché alla turbolenza della prossimità temporalesca fa eco il suo animo inquieto e smarrito.

La mano è salda sulla cloche. Ma il cuore tentenna.

Un lampo accecante lo restituisce alla realtà.

Il pilota è ormai sulla soglia. Folgori spettrali svelano spaventose voragini di niente.

Un attimo d’esitazione senza pensare. Poi d’improvviso pianta una virata a coltello e inizia a lottare col vortice ingordo. Che ormai vuole ingoiarlo.

Come un vecchio asino viene disturbato da un comando inatteso, così il piccolo biplano sembra contrariato dalla brusca virata.

E si oppone decisamente all’istinto del pilota. Scivola, si contorce, oscilla paurosamente. Ma il motore romba strepitoso.

Il pilota rinforza la potenza e afferra saldamente la cloche tra le mani.

La sfida vede fasi alterne. Ora sembra vincere il buio. Ma presto la prua viene domata da una virata di scampo seguita da rovesciamento.

La Fata e la Morte combattono a lungo. Per la vita del pilota.

Forze titaniche. Ma intanto, all’orizzonte lontano, un piccolo lume ha smascherato la notte.

E’ l’aurora.

Il pilota invoca la fata. E finalmente vince sulla tenebra.

Il nero gigante ora s’allontana.

Il fascino della morte è superato. E con esso la paura.

All’alba il pilota rientra alla base. Scende dal suo nobile biplano.

E bacia il suolo accogliente del sacro aerodromo.

Poi, lentamente, s’avvia verso casa.

Nel cuore … la fata.






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Mario Trovarelli
Foto in copertina di NAndy Leonard