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Loro: uomini duri dell’aria

Ciro era seduto al tavolo del bar ristorante dell’Aeroclub. Pervaso da quella strana sensazione di essere ormai finalmente parte di quel gruppo di privilegiati, distaccati e poco disponibili aviatori con centinaia o migliaia di ore di volo segnate sul libretto di volo. Si sa, troppo impegnati a mantenere la concentrazione anche a terra e con quell’espressione da “duro-che-io-sì-che” per concedersi frivolezze da uomo comune. Loro volano, mica giocano a briscola al bar!?.

Tagliatelle con ragù alla bolognese presero per alcuni istanti l’attenzione della tavolata.

Finalmente gli era concesso, immeritatamente pensava (ma non l’avrebbe ammesso mai), di pranzare insieme al presidente dell’Aeroclub, i due istruttori anziani ed alcuni dei più promettenti allievi piloti commerciali che da lì a qualche mese avrebbero preso posto presso qualche compagnia aerea. Volle calarsi nella parte. Ciro lasciò posto ai suoi pensieri che in fondo, volare, era poi una competenza acquisita per nulla particolare. In fin dei conti un po’ come quando iniziò a guidare per la prima volta un’automobile: doveva guardare prima i piedi, poi la mano sul cambio, le mani sul volante, pensare, pensare in fretta alla sequenza di azioni, gas, frizione, cambio, volante, freno, freccia … gli specchietti, ho dimenticato gli specchietti … e ricordarsi di tornare a guardare la strada, accorgendosi che stava andando contro al marciapiede. Impossibile da farsi tutte quelle cose insieme. Ma ben presto, poté osservare che, già dopo poche ore, non aveva più bisogno di pensare a tutte queste cose. Erano diventate automatiche e le effettuava mentre volgeva ogni tanto la testa chiacchierando con il suo passeggero, mentre contemporaneamente smanopolava sui comandi dell’autoradio per cercare una stazione migliore. E magari abbassando pure il finestrino. Volare in fondo non è la stessa cosa? Sì, d’accordo, ci sono i controlli, la navigazione, le regole e le comunicazioni e c’è una dimensione in più; ed in caso di guasto, non c’è, in aria, la corsia d’emergenza dove accostare. Istruttori, e soci esperti dell’Aeroclub non ti hanno mai insegnato i trucchetti che solo l’esperienza ti darà per pilotare meglio. In diverse occasioni s’era reso conto che gli insegnamenti erano più protesi a complicare le cose rispetto a quelle che erano nella realtà, ma perché? L’esperienza, quella, te la devi guadagnare, così come se l’erano guadagnata loro … ma anche dopo, ognuno di loro aveva quell’atteggiamento di “tanto-tu-non-sarai-mai-come-me-e-non-proverai-mai-situazioni-avventurose/difficili-da-cui-io-me-la-sono-cavata-mentre-tu-…-tu-non-te-la-saresti-mai-cavata”. E forse avevano anche ragione. Ciro, Ciro c’aveva messo 34 anni per potersi permettere di prendere l’agognata licenza di volo a vista (VFR Visual Flight Rules, n.d.A.) e già aveva in mente di passare a quello strumentale. E non ultimo, aveva nel cassetto centinaia di fax, e-mail e telefonate ad aziende costruttrici d’aerei perché avrebbe acquistato il suo aereo. Se le cose nella sua azienda fossero andate secondo le previsioni. S’informava, su tutto. Non voleva trovarsi davanti ad imprevisti a cose fatte. Non è questa una sana regola dell’aviazione? Prevenire prima, sempre, tutto. Li voleva prevedere ed evitare i problemi. Niente di più, niente di meno di quello che ognuno fa prima di attraversare la strada o, di compiere un azione sul lavoro o nella vita privata.. Ma non era facile. Spesso Ciro sbatteva contro muri spessi di cemento armato. L’omertà che gravitava, gravita nell’ambiente è quella dettata dal non volere scoprire le carte custodendo gelosamente chissà quali segreti. Non rivelare a chicchessia, nemmeno a chi è ormai dell’ambiente trucchi e segreti (ma quali trucchi e segreti??). Nessuno contribuiva a semplificarti la strada. A nessuno passava nemmeno nell’anticamera del cervello che fornirti la strada più breve, quella da loro già sperimentata, avrebbe permesso ad una persona in più di entrare in quel mondo prima, allargandone le dimensioni e trascinandone probabilmente nuove. La cosa strana, pensava Ciro, è che più importante era la persona o l’Ente che interpellava (che avrebbe potuto prima e meglio fornirgli i consigli più giusti per colmare il ritardo di cui si sentiva parte) e più questi, non sembravano, ma erano davvero reticenti, nel fornire le informazioni richieste. Bho …? La cosa strana, pensava Ciro, è che questi Enti, Aeroclub, istruttori e piloti dilettanti o professionisti, passavano tutto il loro tempo a lagnarsi di quanti pochi siamo e di quanto poco peso si ha per potere allargare i confini del volo. E di quanto racchiusi in un ghetto si sentivano, senza opportunità d’uscirne.. Ma facendo così, nulla cambiava. Ciro era sorpreso di queste stupidaggini. Perché perdere tempo a lagnarsi? Sarebbe, è meglio utilizzare quel tempo, quelle energie per fare qualcosa di positivo, poi le cose sarebbero venute da sole.

Intanto erano passati al secondo.

Renzo entrò nella sala con la sua andatura goffa ed un po’ impacciata. Ciro fu il primo a salutarlo, parte del resto della tavolata non lo salutò nemmeno, l’altra lo fece con sufficienza e qualche risatina. Renzo era reo di avere conseguito la licenza di volo a sessantaquattro anni. Non senza difficoltà. Faticava ad acquisire le nozioni pratiche di volo, teoriche di navigazione e risultava un po’ duro di comprendonio, aveva difficoltà nella gestione delle comunicazioni in volo e l’età non lo favoriva certo nei movimenti. Insomma, era, è la barzelletta dell’Aeroclub. Renzo è un ingegnere meccanico, ha fondato, dirige una azienda che possiede. Affabile, è la persona con cui si passa volentieri piacevoli momenti. Riesce a spiegarti aspetti complessi del suo lavoro con la straordinaria capacità di renderti semplice ciò che non lo è per nulla, almeno per chi non è ingegnere come me. Sciorina formule e concetti matematici da rabbrividire. E’ riuscito a spiegarci in pochi istanti il “sestante” che utilizzava nelle sue numerose navigazioni a vela effettuate in gioventù intorno al mondo, molto prima dell’avvento dei GPS … ed è ricco di tante altre competenze. E’ inoltre reo anche di divulgarle e farle comprendere … Proprio in antitesi alle leggi delle persone del volo. Per questo Ciro, anziché evitarlo, lo accompagna in volo volentieri; anziché rifiutare, cerca di minimizzare ogni suo intervento sugli strumenti e  comunicazioni dove Renzo risulta impacciato, in un rapporto di sana collaborazione nelle cose da fare. Renzo conosce bene i suoi limiti e non affronta voli che possano superare le sue capacità. Per questo preferisce condividere il volo con chi può dargli una mano. E Ciro lo fa volentieri perché sa che Renzo gli renderà qualcosa d’altro in cambio arricchendolo di cose che non conosce. Ciro ha notato che in fondo, volare, non è difficile e che forse, molte persone invece lo ritengono tale. Molti di coloro che volano, invece, non hanno altro che quello ed intendono preservarlo, senza rendersi conto che proprio quell’atteggiamento limiterà l’espandersi delle opportunità per loro stessi. Ciro, nel frattempo, ha ordinato il suo aereo che arriverà nel 2003. Naturalmente questo non gli ha attirato troppe simpatie da parte delle persone gravitanti nell’Aeroclub. Ma come?!? Loro pensano, non di non avergli dato nessuna informazione utile, sono sempre rimasti nel vago e quelle poche fornite gli erano state date con settimane, mesi di ritardo … e, nonostante tutto è arrivato a realizzare il suo sogno?!?

Caffè …

A Ciro spiace per i limiti di queste persone, vorrebbe potere essere loro utile ma si è reso conto che fare il Don Chisciotte non fa per lui. Rimane disponibile ad ogni interrogazione, risponde con dovizia di particolari dove sa di potere fornire esperienza maturata, ammette apertamente i propri errori affinché qualcuno possa evitarli preventivamente. Riceverà il proprio aereo, farà i controlli pre-volo, vi salirà, girerà la chiave mettendo in moto effettuando i controlli pre-decollo e lo utilizzerà nel rispetto delle regole, ben conscio che non esistono corsie di emergenza in aria.

Bene, grazie della compagnia, Ciro torna al lavoro. Una buona giornata a tutti.


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§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§


Maurizio

La farfalla e il cervo volante

La farfalla uscì dal suo bozzolo in cui credeva di rimanere racchiusa per sempre, destinata ad osservare quello che la circondava attraverso le pareti semitrasparenti che la tenevano prigioniera. Aguzzava la vista, l’udito e la propria sensibilità, provava sempre nuovi bramosi desideri per quel mondo che non sembrava poterle essere concesso. Ah, se solo potesse… I suoi sensi si esaltavano… Ma un giorno forse aiutata da qualcosa che lei stessa non è in grado di identificare, il bozzolo che la teneva prigioniera si schiude. Vola libera verso quello che aveva sempre agognato e sembrava non poterle essere accordato. Può finalmente attingere in prima persona attraverso la sua nuova vita… E’ bella, colorata e dispensa felicità tutt’attorno; è felice. Ma non è preparata a riconoscere quello che la circonda per quello che è in realtà. Si trova adulta con la corazza di una bambina in un mondo adulto che ha costruito con il tempo le proprie difese spesse come una corazza di acciaio. E’ una preda facile. Le sembra che il mondo intorno la accolga ansioso, perché sembra abbattere le stesse difese che hanno poi inaridito tutto quanto, grazie alla sua ingenuità. Basta una carezza uno sguardo per farla sentire così importante e accettata, lei che pensava non “essere nulla”… E vola, vive, vuole assaporare tutto e si dona senza riserve, fino a dimenticarsi che la sua vita è fragile e breve, del tutto. Un cervo volante, che non godeva dagli altri della bellezza e leggerezza della farfalla, abituato dietro la sua spessa corazza a ritagliarsi una vita lottando per la sopravvivenza con le sue robuste corna che lo rendevano ancora più brutto di quanto il suo corpo monocolore già non bastasse, aveva, attraverso un percorso diverso sviluppato anch’esso una grande sensibilità. Osservava da lontano la farfalla volteggiare leggera… Lui per cui volare significava dolore ed era necessario tuttalpiù per mettersi al riparo da qualche insidia che lo minacciava, sapeva sì apprezzare il volo di quei colori nell’aria. Grazie all’ingenuità della farfalla che riusciva a trovare qualcosa di interessante in ogni cosa gratificando se stessa e alleviando così il grande dolore di un tempo presente in qualche angolo ancora dentro di lei, il cervo volante ebbe il coraggio di rivolgerle la parola. Era già l’estasi per lui. La farfalla amava ascoltarlo, acquisiva esperienza e sicurezza da lui che, a sua volta sentiva la sua vita per questo meno inutile. Il cervo s’innamorò profondamente della farfalla, ma aveva molti dubbi per quando lei si allontanava per volteggiare nell’aria attratta da un profumo o perché non si sentiva abbastanza all’altezza di sostenere la sua bellezza. Fece del suo meglio per dispensarle consigli, conferme e coraggio e proteggendola da alcuni attacchi ricevuti. C’era però ancora tanto mondo da scoprire che attirava la farfalla, sì il cervo le era stato d’aiuto e avrebbe dato la vita per lei, ma sentiva che ormai aveva già acquisito la giusta esperienza per volteggiare leggera ed arricchirsi maggiormente, senza dovere “dipendere dagli altri”…così come aveva sempre dipeso dal suo bozzolo… Non riconosceva che a volte era il vento a portarla con se, pensando al contrario di avere lei provveduto a spostarsi di sua iniziativa fino a trovare uno splendido nuovo fiore su cui posarsi. A questo contribuiva altresì il fatto che a volte riconoscesse effettivamente un pericolo in tempo e non le occorresse poi molto per tornare ad accucciarsi sotto le grandi corna del cervo volante al sicuro. Smise poi di ringraziarlo per questo, perché in fondo lei le concedeva già le sua presenza così acclamata da tutto il resto. Il bosco e i prati osservavano sorpresi ma lieti quella strana ma altrettanto naturale e così completa coppia volargli intorno. Non era usuale, ma sembrava fossero stati creati l’una per l’altro. Dalla sua spessa, a volte dura esperienza il cervo volante non avrebbe mai potuto, e in nessun modo intenzionalmente, farle del male. Amava dispensarle consigli, ma anche riceverne, attraverso la sensibilità che la farfalla possedeva capace di decifrargli sentimenti che anch’esso aveva provato ma senza riconoscerli così profondamente, che lo miglioravano per se e per gli altri. Sapeva che il dolore da lei provato nel bozzolo era stato grande ma non immaginava fosse così profondo come era stato in realtà, potendolo solamente paragonare al suo, di quando nascosto sotto una foglia su un ramo, rimaneva ad osservare la bellezza del mondo che lo circondava, che in sua presenza sembrava chiudersi a riccio. Il cervo, abituato a soddisfare i bisogni primari alla sopravvivenza, cresceva ogni giorno grazie alla farfalla, comprendendo da lei sempre nuovi e migliorativi comportamenti; le sue precedenti esperienze rendevano però più difficile questo percorso, seppure a più riprese egli avesse riscontrato benefici oggettivi da questi. Le concedeva volentieri di potersi recare ogni volta lo avesse voluto in una stanzetta segreta e ben nascosta da lui ricavata nel tronco di una grossa quercia, in cui teneva gelosamente custodito alcuni per lui cimeli della sua faticosa battaglia con la vita. L’aveva pregata solamente di fare attenzione a maneggiare alcuni di questi, come tre uova disidratate di un grosso ragno da cui era sfuggito alla morte, o, come un pezzo di corna che il tempo aveva ormai reso fragilissimo, conquistato in un attacco subito da un forte e prepotente cervo volante per strappargli il territorio, da cui era uscito vincitore con astuzia e coraggio. La farfalla pure senza esternarlo, gli era grata di questa concessione. Insieme, col tempo, la cupa corazza del cervo sembrava essersi assottigliata, le sue corna sembravano addolcite, meno pungenti e minacciose, anche volare non gli provocava più quel dolore fisico che aveva dovuto ogni volta per necessità sopportare. Una volta la farfalla entrata nella stanza segreta, dove si sentiva partecipe alla vita del cervo, mentre sognava, si fece scivolare dalle mani quel pezzo di corna che finì sulle uova del ragno. Tutto andò in mille pezzi. Non ebbe il coraggio di confessarlo al cervo, non avrebbe dovuto temere la sua reazione per tutto quello che le aveva fino ad allora dimostrato; piuttosto, volle cancellare l’accaduto per evitare, come in altre occasioni, non di sentirsi inferiore al cervo volante, ma di riconoscere a se stessa il proprio errore, che l’avrebbe ricacciata nella lotta eterna che spesso ancora infuocava dentro di lei e che lei stessa cercava di sedare con le sue stesse forze, senza rendersi conto che il grande valore che lei credeva di assegnare alle cose che la circondavano, era a volte superficiale; la sua estrema sensibilità, la sua lotta interiore, le impediva di riconoscere il valore reale di queste, così contemporaneamente a volte preferiva ritenere, credendo di comprendere sempre tutto perché era quello che perseguiva maggiormente, di essere sempre nel giusto, permettendole di giustificare ogni sua azione, pure di non ricadere nelle sensazioni provate nel bozzolo. Fu così che partecipò con stupore insieme al cervo a quella scoperta. Fu sorpresa della sua reazione; sapeva quanto lui tenesse a quelle cose: “sono sconfortato, ma non è dipeso da me e non posso in alcun modo porvi rimedio”, disse, solo un velo di tristezza avvolse il suo viso mentre raccoglieva i cocci per poi buttarli. Quel comportamento ebbe l’effetto di farla sentire ancora peggio. Ella avrebbe voluto essere come il cervo, stava già combattendo per migliorarsi, ma le sembrava di essere costantemente in ritardo o inferiore al proposito, benché il cervo cercasse in cuor suo di confermarle ogni suo nuovo traguardo raggiunto o di dimostrarle quanto fosse stata in realtà capace in diverse occasioni; lui cercava di farglielo notare, ma nonostante avesse già compiuto passi importanti che avrebbero dovuto rassicurarla, il suo stesso impegno al proposito la faceva sprofondare in un conflitto interiore sempre più grande. Ella avrebbe minimizzato tutto ad una veloce alzata di spalle, o, pianto per tre giorni. Si sentì ancora peggio, per non essere neppure riuscita a confessarlo, ma mentre lottava fra questi sentimenti, altri le impedivano di riconoscerli razionalmente per la sua stessa sopravvivenza. Ben presto il cervo volante, contrariamente al suo volere, divenne il nemico principale della stabilità della farfalla. Il suo senno, la sua esperienza, erano le stesse cose che avrebbe voluto vedere riflesse di se stessa in uno specchio, le stesse per cui lei faticosamente lottava ogni giorno con se stessa e ciò la rendeva ancora più fragile; i suoi sentimenti contrastanti sviluppati durante la permanenza nel bozzolo, iniziarono ad individuare ognuno di questi aspetti del cervo, che avrebbero potuto al contrario essere da lei usati per se stessa positivamente, come attacchi personali che il cervo le muoveva ogni giorno. Avrebbe potuto scegliere di approfittarne al meglio, ma accettarlo la avrebbe rimessa in conflitto con se stessa provocandole dolore, quel dolore di cui disperatamente cercava di sbarazzarsi; si limitò a constatare che stare insieme al cervo volante la faceva stare male come un tempo ed iniziò ad allontanarsene. La farfalla volava, pensando, se pure fra qualche dubbio,  di avere ora finalmente in pugno la propria vita, senza più il malessere che il cervo le provocava. Il vento, repentinamente rinforzatosi, continuava a trasportarla con sé, furbescamente fiero di riuscire a farle credere di esserle invece d’aiuto. La stagione delle piogge stava per prendere il posto della primavera e dell’estate fino ad ora vissute dalla farfalla. Il cervo volante tornato ad osservare i movimenti del bosco da un ramo nascosto sotto una foglia, mentre continuava a pensare alla “sua” farfalla così diversa e speciale da altre conosciute nel frattempo, ne uscì per qualche istante. Scelse una foglia più grande e più vicina al ramo sotto cui si rannicchiò. Malinconicamente riconobbe come, ancora una volta, il primo pensiero prima che a se stesso , fosse andato a lei. Stava per arrivare un temporale. Con rimpianto ricordò di non avere avuto il tempo di metterla in guardia da quell’insidia.


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Maurizio

Loro: uomini duri dell’aria

monumento al pilotaChe i piloti siano individui singolari è cosa nota anche all’uomo della strada. Ma cosa ne pensa un pilota di coloro che, come lui, condividono la passione per il volo? Sedetevi al tavolo in compagnia del protagonista di questo racconto e, tra una portata e l’altra, vi rivelerà la sua spassionata opinione circa una specie particolare di umanità: quella che popola gli aeroporti e gli Aeroclub.


Narrativa / Medio-Breve Inedito, in esclusiva per Voci di hangar”

La farfalla e il cervo volante

farfalla verdeIl nostro universo è dominato dal bipolarismo. No, non abbiate timori: non intendiamo fare politica. Giammai. Stiamo semplicemente affermando che, spesso, la realtà che ci circonda è contraddistinta da due elementi diametralmente opposti. Un esempio? … il bianco e il nero, il buono e il cattivo, il buio e la luce, e così via. Anche in questa favola, per l’appunto, troverete contrapposti l’essere volante più leggiadro, multicolore, fragile ed elegante – la farfalla – e quello più sgraziato, opaco, quanto resistente ma greve – il cervo volante -. E non solo. Troverete una farfalla affascinata dall’esperienza del rude cervo, prodigo di consigli e di protezione nei confronti di quell’essere volubile e fors’anche superbo che è la farfalla, appunto. Il loro sarà un amore impossibile eppure completo e travolgente che avrà però il suo naturale epilogo. Perché anche nelle favole, pur attraendosi, due poli tali rimangono: diametralmente opposti. Una prosa introspettiva che non diventa mai noiosa e melensa. Una favola per adulti.


Favola / Medio-breve Pubblicato: sito “Soloparole”

Maurizio

sabreI’m born at Stratford, a small town on the river Avon. No, quello era Shakspere. Dicevo c’ho ormai raggiunto i 40, ho un passato di “Maestro d’arte”(liceo), motocrossista per passione da quando avevo 13 anni, poi diventata una professione fino a 24 (hehehe … ve lo immaginate un rude, grezzo e forte motocrossista che ti scrive: “La Farfalla ed il Cervo Volante”?). Poi ho smesso, poi ho aperto una mia azienda di distribuzione di “cose” per moto, sempre continuando a fare tanti e diversi sports (come Renzo Arbore non dimentico mai la finezza del plurale nelle parole inglesi) e poi, poi ho finalmente preso il brevetto di pilota VFR e ora “mi stimo” d’essere prossimo a quello IFR (se mi becca il mio istruttore ve lo racconta lui cosa combino …).

Per inviare impressioni, minacce ed improperie all’autore:

catamanaputapesa(chiocciola)iol.it


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La farfalla e il cervo volante

Loro: uomini duri dell'aria