titolo: La guerra dell’aria
autore: Pierre Clostermann
editore: Longanesi & C.
anno di pubblicazione: 1964
ISBN: non disponibile
Pierre Clostermann ha scritto questo terzo libro per far conoscere alcune delle storie personali degli aviatori che hanno combattuto nei vari teatri operativi della Seconda Guerra Mondiale.
Le storie sono state scelte “tra le decine di migliaia che resteranno nascoste negli archivi e nei cassetti”. Vi si parla di tutti, dei francesi (lui stesso faceva parte delle Forze Aeree Francesi Libere), degli inglesi, degli americani, dei canadesi, dei tedeschi, dei giapponesi. Ed è questo un elemento di enorme interesse per ogni appassionato di Aviazione, perché permette di scoprire le diverse realtà dell’impiego dell’aviazione in teatri bellici tanto diversi, sia per la mentalità dei popoli che per la posizione geografica dove i fatti si sono svolti. Si va dall’Europa al Pacifico, dai fiordi della Norvegia alle isole Hawaii. Molto interessante.
La traduzione è stata fatta da Corrado Ricci, il quale, almeno nell’edizione da me letta, ha curato anche una presentazione, una sorta di prefazione del libro.
Ed è proprio di questa presentazione che vorrei dire due parole.
Sembra che al traduttore abbia dato notevole fastidio che Clostermann (anzi, “il Clostermann”, come lo chiama lui nella prefazione…) nel corso del libro abbia omesso di sviscerarsi in ogni sorta di possibile elogio verso gli aviatori italiani, che hanno combattuto la stessa guerra con equipaggiamenti inadeguati, in numero sempre molto ridotto contro un nemico sempre soverchiante, armati soltanto di coraggio, cuore e spirito di sacrificio. Il che è anche vero. Gli aviatori italiani hanno scritto pagine di puro eroismo, ma questo Clostermann non lo nega, anzi lo lascia chiaramente intendere. Ma non dimentichiamo che Clostermann combatteva dalla parte degli alleati e contro i tedeschi e gli italiani insieme. Non vedo perché avrebbe dovuto dedicare una parte del libro all’eroismo italiano.
Il Ricci (mi prendo la rivincita di chiamarlo così) forse non si rende conto che lo scopo del libro non è quello di lodare un nemico che, ai suoi occhi, non ha proprio un ruolo di assoluto rilievo nelle vicende della guerra. Si potrà anche avere rispetto per un pilota che da solo, con un CR 42 va incontro ad una formazione di Spitfires e viene alla fine abbattuto, magari dopo aver abbattuto a sua volta qualche avversario. Ma sono episodi che rimpiccioliscono rispetto alle grandi battaglie condotte su larga scala. Clostermann giustamente ne parla, ma nella sua narrazione si riferisce soprattutto allo scontro tra alleati e tedeschi.
Dice il Ricci: “Circa gli italiani, dal testo risulta che i piloti italiani combattevano goffamente…”.
OK. Magari la parola non sarà molto opportuna, ma cosa si deve dire di chi si trova a combattere con un velivolo come “la Caprona”, davvero goffo, se paragonato ad uno Spitfire, o anche ad un Hurricane.
Ho letto tutto il libro, con vivo interesse e senza mai provare il disagio o la stizza provata dal traduttore. Anzi, come sempre Clostermann riesce a descrivere gli avvenimenti trascinando il lettore e facendolo sentire come partecipe delle azioni descritte, quasi come se le vivesse egli stesso. Il che non è poco.
E sinceramente, trovo che ovunque siano descritti gli italiani, a parte la descrizione del loro scarso equipaggiamento, non mi sembra che sia stato loro tolto alcunché.
Un gran bel libro, che consiglio di leggere. L’edizione in mio possesso è della Longanesi § C Milano. E’ una seconda edizione, non ha sovra-copertina e la copertina, rigida, è in tinta unita di colore verde.
Questo fa parte della collana “Il mondo nuovo” ed è il volume 67. Titolo originale francese: “Feu du ciel” mentre in inglese diventa: “Flames in the sky”.
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Recensione a cura di Evandro Detti (Brutus Flyer)
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