autore: John Hersey
editore: Longanesi & C.
anno di pubblicazione: 1969
ISBN: non esistente
pagine: 317
“The War Lover” è il titolo originale di questo libro del 1959.
Lo avevo letto da ragazzo e ne conservo una particolare impressione, perché allora non avevo molte conoscenze sulle vicende storiche dell’Europa in guerra e neppure sugli aerei americani e inglesi, da bombardamento e da caccia. Non c’era internet e non avevo accesso alle immagini dell’interno di una Fortezza Volante, per cui non riuscivo ad immaginarmi tutte quelle descrizioni delle operazioni di volo contenute nel libro.
Dafne, invece, la protagonista femminile, me la raffiguravo benissimo, tanto che mi ero quasi innamorato di lei, come se l’avessi conosciuta davvero.
Nell’edizione “Grandi successi in edizioni tascabili” della Longanesi, c’è un errore sulla copertina, del quale all’epoca non mi ero accorto. Anzi, sebbene avessi riletto questo libro in epoche più recenti, solo oggi, con una preparazione diversa, soprattutto in cose aeronautiche, mi salta agli occhi. Una frase, subito sotto il nome dell’autore, dice:
“Il romanzo di un asso della aviazione da caccia, dominato, dalla folle passione di distruggere”.
Lasciamo stare questioni di apostrofo e virgole; chi ha scritto questa frase non sapeva distinguere un caccia da un bombardiere. Il protagonista, infatti, era un asso di certo, ma non della caccia. Infatti pilotava un B 17 Flying Fortress, cioè un pesante bombardiere.
Il libro riguarda un equipaggio di B 17 che arriva in Inghilterra dall’America per prendere parte alle operazioni di bombardamento della Germania. Sin dalle prime pagine conosciamo i membri uno per uno, faticando un po’ a memorizzare i loro nomi.
Il comandante è il capitano, poi promosso maggiore, William Siddlecoff Marrow, detto Buzz. L’amante della guerra è lui e la sua personalità prenderà forma lentamente nelle 317 pagine del libro.
Il secondo pilota, che è anche il narratore, è il tenente Boman, di cui scopriremo il nome di battesimo più tardi, nel corso della lettura, ma fino ad allora sarà chiamato semplicemente Bo, ed anche dopo si chiamerà così.
Questo equipaggio resterà sempre lo stesso e presto impareremo anche i nomi degli altri. Come era consuetudine all’epoca, ogni equipaggio in zona di guerra doveva compiere obbligatoriamente 25 missioni. Poi sarebbe stato sostituito e rimpatriato.
L’aereo, che come detto era un B 17, aveva anch’esso un nome, non perché dovesse averlo, ma era uso dargliene uno scelto ad hoc secondo l’estro dell’equipaggio. Perché l’aeroplano e l’equipaggio divenivano un’entità unica ed esprimeva il proprio carattere nell’interazione con gli altri. Il nome della Fortezza fu scelto subito dopo l’arrivo in Inghilterra. Fu battezzato in “The Body”.
Tutta la storia si snoda nel corso delle 25 missioni di bombardamento. Ma parallelamente si svolge anche la vita a terra dei giovani componenti l’equipaggio, sullo sfondo di una Londra e cittadine limitrofe che cercavano di superare l’austerità con feste ed eventi organizzati qua e là ad ogni possibile occasione. Dafne compare nel corso di una di queste feste, tra americani ed inglesi. Lei è inglese, ha appena perduto il proprio fidanzato americano e cerca di dimenticare distraendosi un po’. Così conosce Buzz, ma poi anche Bo e con quest’ultimo nasce una storia.
Buzz, il Comandante Marrow, personaggio complesso e misterioso, resta sullo sfondo di questo rapporto tra Bo e Dafne, ma in qualche caso vi entra con una strana invadenza. La torbida interazione fra questi tre personaggi deriva dal fatto che Dafne, prima della sua relazione con il ragazzo americano perduto in azione, aveva avuto un’altra storia con un altro uomo. Quello era, stranamente, una specie di fotocopia di Buzz. Un tipo di uomo che aveva conosciuto nel profondo ed infine lo aveva, forse, odiato. Ma sicuramente lo aveva anche amato. Bo, dal canto suo, era l’esatto contrario dei due. Bo amava la vita, il volo, le cose belle. E Dafne. Buzz, invece, anche se si vantava di aver tanto successo con le donne, di essere un grande pilota, un asso dell’aviazione, era un povero disadattato dall’oscuro passato. Traspare, senza mai divenire nitido ed evidente, un carattere troppo incline alla negatività. Quel carattere che lo porterà lentamente ad amare, non la vita, la bellezza, le donne, il volo, come sosteneva nelle sue conversazioni sguaiate ed arroganti, ma la distruzione e la guerra. In altre parole, ad amare la morte.
La storia è avvincente. Questa storia sorprende, travolge, stupisce. E alla fine scopriamo di averla capita. Ma quello che più ha sorpreso me non è la storia in sé stessa. Piuttosto riguarda l’accuratezza, l’efficacia della descrizioni dell’ambiente, degli usi e costumi del periodo, delle operazioni di volo.
John Hersey, l’autore, non era un pilota. Era stato in Europa come giornalista, aveva partecipato ad alcuni sbarchi alleati, ma non mi risulta avesse mai fatto parte delle operazioni di volo dei reparti da bombardamento. Invece le sue descrizioni, tutte, specialmente quelle che riguardano il pilotaggio del B 17, sono perfette. I movimenti dell’equipaggio all’interno dell’aereo sono quelli giusti. Deve aver avuto un consulente molto in gamba, un vero pilota di bombardiere, altrimenti non si spiega come abbia potuto descrivere così precisamente la gestione dei motori, del passo delle eliche, le reazioni dell’aereo.
Leggendo questo libro mi sono trovato ad aver fatto parte di loro. E’ sembrato anche a me di aver partecipato alle 25 missioni sull’Europa occupata dai nazisti.
Ad un certo punto Bo, il secondo pilota narratore, viene lasciato a terra in una delle missioni, perché il comandante doveva portare, al suo posto, un altro pilota per valutare l’opportunità di promuoverlo a comandante. Bo descrive il senso di frustrazione che prova, nel veder sfilare il suo aereo insieme a tutti gli altri, mentre si dirigono verso la pista e poi mentre decollano. Lui si va a mettere su una piattaforma sotto la torre di controllo, appoggiato alla ringhiera. Gli equipaggi che gli sfilano davanti lo salutano e lui si sente disperato per non essere con loro. Anche al ritorno degli aerei si ripete la stessa storia. Il senso di desolazione, di esclusione, di profonda ingiustizia è talmente forte da farlo star male. Un trauma dal quale non riesce a riprendersi, se non dopo qualche giorno, ma soprattutto grazie alla dolcezza di Dafne, che gli cura sapientemente le ferite psicologiche.
Ho provato la stessa sensazione durante i Campionati europei di Volo a Vela a Rieti, quando ero uno dei dieci piloti trainatori impegnati a portare in quota la novantina di alianti iscritti alla gara. Il mio aereo aveva avuto un problema tecnico che doveva essere risolto, per cui ero stato costretto a sospendere i voli e a portarlo in officina. Intanto, per quel giorno e anche per quello successivo, il carosello dei traini si svolgeva in pieno davanti a me. Mi ero messo anch’io su una piattaforma sopraelevata, appoggiato ad una ringhiera, a riprendere tutta la giostra dei voli con una telecamera. Oppure stavo in piedi davanti all’hangar dell’officina e gli altri piloti trainatori mi facevano un cenno di saluto nel passarmi davanti. In questo libro ho trovato l’esatta descrizione del mio stato di frustrazione di quei momenti. Gli stessi sentimenti, la stessa disperazione e lo stesso senso di esclusione, che si è allontanato da me soltanto quando ho potuto riprendere il mio posto nella giostra.
Da questo libro è stato tratto un film che si intitola “Amante di guerra” in italiano, ma presumo che in inglese abbia invece lo stesso esatto titolo, “The War Lover”. Evidentemente, per ragioni di sceneggiatura, non è stato possibile ricalcare nel film esattamente la storia. Ci sono alcune diversità che si notano abbastanza. La più macroscopica è la fine. Il libro e il film finiscono in modo diverso. Dire di più equivarrebbe a rovinare al lettore il piacere della lettura e la visione del film (che si trova nei negozi di libri, settore video). Diciamo solo che in entrambi i casi accade esattamente quello che durante la guerra accadeva molto di frequente. Libro o film, pur nella finzione del racconto, ci portano ugualmente a rivivere qualcosa che troppe volte è accaduto davvero.
Un libro per piloti? Sì e no. I piloti avranno il piacere di leggere una storia di voli senza incappare in quelle storture, inesattezze, falsità che troppo spesso troviamo nella descrizione di qualcosa che proprio i piloti conoscono così bene. Gli altri, anche loro vi troveranno descrizioni tecniche accurate, che non stancano, che danno occasione di imparare qualcosa di particolare, ma sopratutto vi troveranno una storia d’amore. Quella di Dafne e di Bo.
E anche quella di Buzz Marrow per la guerra.
Recensione a cura di Evandro Detti