titolo: L’asso della bottiglia
autore: Gregory Pappy Boyington
editore: Longanesi
anno di pubblicazione: 1966
ISBN: non disponibile
Quando ero ragazzo leggevo molto, specialmente libri che parlassero in qualche modo di aviazione.
Mi capitò tra le mani, non so come, un libro intitolato: “L’asso della bottiglia”, con la faccia di un pilota sulla copertina.
Che si trattasse di un pilota era evidente: aveva sulla testa la cuffia con tanto di occhialoni, e poi si vedeva anche dalla mimica facciale. Allora ero davvero affascinato da ogni cosa aeronautica e non mi sfuggiva nulla.
Lessi il libro, ma con qualche difficoltà dovuta al gergo usato dall’autore, un modo strano di parlare, inusuale per me, intriso di vocaboli spesso sconosciuti, il cui significato ricavavo dal contesto generale. Ma dopo aver incontrato più volte le stesse espressioni idiomatiche ed averne acquisito il significato andavo avanti più agevolmente. Alla fine non avevo capito proprio tutto, perciò ricominciavo daccapo.
La seconda volta tutto mi appariva molto più chiaro. In questo modo, per me, ragazzo di campagna, sperduto nel paesaggio bucolico della Maremma toscana, senza mezzi e senza i riferimenti che avevano i ragazzi delle città, senza televisione e senza cinema, si apriva una magica cortina e potevo sbirciare oltre, prendendo coscienza di un mondo tanto diverso dal mio e oltremodo affascinante.
Il libro, scritto da un pilota americano (che fascino l’America!), era autobiografico.
L’autore, raccontava la propria vita di pilota combattente, i duelli aerei e le vittorie, la baldoria delle feste a cui partecipava, l’attività di istruttore di volo, i combattimenti in Birmania come membro delle famose “Tigri Volanti” e la guerra nel Pacifico contro i giapponesi. Poi raccontava di come era stato abbattuto e la vita da P.O.W (prigioniero di guerra, ndA), fino alla liberazione al termine del conflitto mondiale e le difficoltà di reinserimento nella vita civile.
Quel libro è stato per me una pietra miliare. Negli anni successivi l’ho letto ancora, credo almeno una quindicina di volte.
Un giorno, ormai in piena era internet, ho ordinato negli Stati Uniti la versione in inglese. Letta di un fiato, sebbene con parecchie difficoltà dovute sempre allo slang usato nella narrazione, ho sentito il desiderio di approfondire la conoscenza di questi fatti di guerra.
Sempre in USA ho ordinato altri libri, tutti sulla guerra del Pacifico. Così ho messo insieme una gran serie di tasselli, pezzi di mosaico che alla fine si sono collocati tutti al loro posto ed ho potuto avere una visione globale degli avvenimenti di quel grande teatro bellico. Ogni autore parlava di quei fatti dal proprio punto di vista. Ho “conosciuto” tutti i protagonisti, arrivando a vedere la stessa guerra con tanti paia di occhi. Nel caso di Boyington, molti hanno scritto sulle vicende della sua squadriglia, la 214, nota anche come “Squadriglia delle pecore nere”. Alla fine conoscevo non solo i fatti, ma anche le persone, una per una, e anche le loro gesta, oppure, la loro sorte. Quasi come fossero stati tutti amici miei, oppure come se io stesso avessi fatto parte della loro squadriglia.
Quando Boyington era prigioniero in Giappone nei due campi di Ofuna e Omori, vicino Tokyo, per due anni aveva vissuto tra indicibili violenze e crudeltà. Ma non erano mancati interessanti episodi di solidarietà e persino di umanità. Nel periodo di prigionia arrivavano nuovi prigionieri, che portavano notizie sull’andamento della guerra, sebbene i prigionieri non potessero parlare tra loro se non a rischio di crudeli ripercussioni o della vita stessa. Uno di questi era Louis Zamperini, ma non avevo mai fatto caso a questo nome italiano. Eppure Boyington ne aveva parlato nel suo libro.
I molti libri di cui ho parlato, tutti in Inglese (tra l’altro mi hanno aiutato ad incrementare e mantenere la conoscenza di questa lingua) ora sono allineati sulle mensole che ornano le pareti di casa mia e ogni tanto ne tiro giù uno e lo leggo qua e là. Ma questo di Zamperini mi mancava. Appena comprato l’ho semplicemente messo in sequenza di lettura, preceduto da parecchi altri. Poi però ho cominciato a leggerlo e, come spesso succede, ho continuato fino alla fine, anche se a volte ero costretto a chiuderlo per il bruciore degli occhi. Un libro che ti tiene incollato come una calamita. Zamperini era arrivato ad Ofuna prima di Boyington, infatti descrive il momento in cui Boyington arriva. Questa descrizione si snoda in poche righe, ma per me che conosco i fatti come se fossi stato con loro nel Pacifico, è fonte di un’emozione incontenibile. Ancora una volta è l’occasione di vedere gli stessi fatti con un altro paio di occhi.
Consiglio questo libro a tutti, sicuro che quelli che mi conoscono mi ringrazieranno. Ma per meglio meritare questi ringraziamenti consiglio di leggere entrambi i libri, quello di Boyington e quello di Zamperini. Il primo si trova nelle bancarelle, usato costa pochi euro. Il libro di Zamperini, invece, è appena uscito nelle librerie.
Gregory “Pappy” Boyington ci ha lasciato all’età di 75 anni nel 1988 (probabilmente a causa di un tumore ai polmoni) mentre Zamperini è morto nel 2014.
Recensione di Evandro Detti
Didascalie a cura della Redazione