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Nel cielo di Cecenia

hh3f“Con Andrej si erano incontrati in un campo di volo militare non distante da Mosca, lei appena sedicenne, selezionata con un numero limitato di ragazze per un corso di pilotaggio, lui pilota ed istruttore di volo, più avanti negli anni, ma non di molto.”

Comincia così lo splendido racconto di Hugo Christensen, un racconto di amore e di volo, di guerra e di patriottismo che vede come protagonisti due piloti: il capitano Andrej Eltsin, capitano dell’aviazione  russa e Irina Alessandrovna, futura astronauta della SSI, la stazione spaziale internazionale.

Grazie ad un lungo flashback li conosceremo nelle vesti di istruttore di volo a vela il primo e di allieva pilota la seconda. Vivremo con loro le missioni di addestramento, il volo solista della bella Irina e lo sbocciare della passione. Ma le vie del cielo, come si suol dire, sono infinite e i due si rivredanno solo diversi anni, mentre  la guerra in Cecenia imperversa in tutta la sua crudeltà fino al terribile epilogo.

Il racconto, estratto dal romanzo “Dove il tempo non era mai stato” pubblicato dall’editore Logisma, partecipò al Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE senza giungere però tra i racconti finalisti.


Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

Nel cielo di Cecenia

Con Andrej si erano incontrati in un campo di volo militare non distante da Mosca, lei appena sedicenne, selezionata con un numero limitato di ragazze per un corso di pilotaggio, lui pilota ed istruttore di volo, più avanti negli anni, ma non di molto. Era rimasta colpita dalla espressività del suo volto; gli occhi, scuri e profondi, non celavano la sua interiorità, consentendo a chi lo volesse, di leggervi determinazione, stupore, ilarità commozione a seconda delle circostanze. Le piacque la disinvoltura con cui portava la tuta di volo, una o due taglie più del necessario. Le stellette di tenente dell’aviazione militare russa, cucite sull’indumento, le ricordarono il padre elicotterista, abbattuto durante il conflitto in Afghanistan. L’occasione per ritrovare il suo ex istruttore di volo si verificò diversi anni dopo. Irina aveva appreso da un’amica, “stretta” collaboratrice del generale responsabile delle operazioni in territorio ceceno, che Andrej era tornato a combattere sul fronte caucasico nel nuovo conflitto contro i separatisti ceceni. Approfittò del rapporto dell’amica con il generale per ottenere l’autorizzazione a recarsi nella zona dei combattimenti. Quante volte aveva fantasticato su quell’incontro! Andrej l’avrebbe presa tra le braccia e si sarebbero amati. Andò diversamente. Lì per lì non lo riconobbe, neppure quando lo incontrò nei locali del Comando Strategico. Mio Dio, quanto era dimagrito, pensò Irina. Gli occhi di Andrei tradivano una stanchezza più interiore che fisica. Lui non l’aveva abbracciata, le era sembrato assente, l’aveva sorpresa per l’amarezza che traspariva dai suoi racconti. “Irina questa guerra non finirà mai”, le confessò appena rimasero soli, “sono stanco di uccidere e al tempo stesso di assistere ogni giorno alla morte dei miei compagni, per non parlare degli stupri e delle torture denunciate da entrambe le parti”. Lo lasciò parlare a lungo. Andrej le confidò aspetti della sua interiorità che solo ora lei era in grado di capire profondamente. Poi lui volle informarsi sulla sua carriera e le chiese la ragione della sua presenza in quel luogo insanguinato dalle ostilità in corso. Irina sentì che era venuto il momento di aprirsi ma doveva creare l’occasione per realizzare il suo sogno. Azzardò una proposta, perché le parole non dette quando si erano lasciati anni prima, erano tuttora nel suo cuore: “Andrej”, esordì con fermezza, “non esiste solo la guerra”, poi addolcendo il tono della voce aggiunse: “hai bisogno di allontanarti da queste terribili esperienze. Ho una piccola dacia sulle sponde del mare d’Azov … potremmo andarci insieme, ci faremo compagnia. Anche io desidero un po’ di riposo. Dimmi di sì!” Infine,certa che la sua amica se ne sarebbe occupata, senza dubbio con successo, concluse: “Troverò il modo di farti avere una licenza” . “Irina dici sul serio?!” “Ne dubiti capo?” disse Irina convinta. Andrej non accettò subito l’invito, la proposta lo attraeva e Irina era ormai una donna molto affascinante ma il senso del dovere gli creava problemi. A risolverli sopraggiunse la convocazione del suo comandante che lo sorprese comunicandogli che era venuto il momento di godersi qualche giorno di riposo. “Allora si va?! compagna Alessandrovna”, le disse la sera a cena dopo il colloquio con il superiore. “E’ un ordine capo?” chiese lei. “Ne dubiti?” fu la risposta di Andrej. Così erano partiti. La casa ad un piano con ampie vetrate, vicino al mare, piacque ad Andrej. Trascorsero le giornate nuotando, facendo lunghe passeggiate e leggendo romanzi la sera davanti al caminetto acceso. Nei primi giorni, la grande stanchezza accumulata da Andrej sottrasse Irina dall’imbarazzo di scegliere se dormire insieme o separati. Nessuno dei due ebbe voglia di forzare i tempi. Una volta si erano addormentati vicino alla fiamma del caminetto; un’altra, lei sull’ampio divano, lui sulla morbida pelle d’orso che copriva parte del pavimento di legno; un’altra ancora, interamente vestiti, sul letto matrimoniale, un tempo occupato dai genitori di Irina. La scoperta di provare un sentimento diverso e più intenso dell’amicizia non sorprese Andrej, più volte in passato era andato con il pensiero al suo incontro con la giovane allieva, ai voli fatti insieme e alla notte dell’addio quando lei si era stretta forte forte a lui. Una sera, dopo aver recuperato le reti che ogni tanto stendevano all’imboccatura del porticciolo nei pressi della dacia di Irina, si accorsero che un solo grosso pesce dagli occhi peduncolati era rimasto prigioniero, dovettero tagliare la rete per liberarlo, prima di metterlo in un secchio mentre si dimenava più vivo che mai. “Andrej che vuoi fare?” gli chiese. “Divorarlo Irina! è un pesce saporitissimo e raro” “Quanti anni avrà?” “Tanti Irina … ma è venuto il suo momento” “Mi sta guardando con gli occhi imploranti!” “Ma che dici?! Corri in casa e fai bollire la pentola, sarà una cena con i fiocchi!” “Sei senza cuore … lui mi ha guardata davvero …” e corse via. Dopo aver riordinato la barca, Andrej salì al loro nido. La porta della cucina era aperta, la lampada a petrolio illuminava il piccolo locale, nella stanza si diffondevano il calore e il borbottio dell’acqua che bolliva. Ed anche il profumo di Irina. “Andrej”, esordì lei a bruciapelo con aria accattivante, “saresti capace di fare l’amore con me, mentre la nostra preda agonizza nell’acqua bollente?”Non diede tempo al compagno di rispondere e prese a spogliarsi … maglione, reggiseno, i lunghi pantaloni che le aderivano al corpo come una seconda pelle, calze e mutandine caddero sul pavimento rivelando lo splendore della sua nudità. Era la prima volta che Andrej guardava il corpo di Irina senza alcun indumento, neppure quelli intimi: stupore, ammirazione ed eccitazione si succedettero in pochi istanti, depose delicatamente il secchio con il grosso pesce, sollevò Irina con entrambe le braccia, lei gli cinse il collo con le sue, un lampo le balenò negli occhi. Andrej capì che a provocarlo non era stata la soddisfazione di Irina per averla spuntata con il pesce, ma la consapevolezza di lei di averlo conquistato. “Pensi che il tuo orrido pesce occhiuto sia più impaziente di tornare nel suo elemento di quanto lo sia io di fare l’amore con te?” le chiese. “Credo che siate impazienti tutti e due, ma dei tre la più impaziente sono io”. Si amarono donandosi reciprocamente con naturalezza, senza inibizioni, senza esibizioni, né finzioni. Dopo aver fatto l’amore si addormentarono. Irina non subito e neppure Andrej; si guardarono a lungo lasciando che i loro sguardi più ancora che le parole parlassero della loro felicità. Nei giorni successivi risero tanto, ma spesso gli occhi di Irina si riempivano di lacrime e Andrej si commuoveva. Erano consapevoli che per i militari in guerra la vita poteva essere effimera, quanto non avrebbero voluto che lo fosse il loro amore. Il tempo trascorse in fretta. Il dovere li costrinse ad interrompere quel periodo magico sulle sponde del mare d’Azov. Al termine della terza settimana si presentò una pattuglia con un messaggio urgente per Andrej. “Irina non ce lo siamo mai detto in questi giorni, ma sapevamo bene che poteva accadere. Devo rientrare subito per un’importante missione in Cecenia, All’aeroporto di Rostov sul Don mi attende un aereo militare, ho appena il tempo di riempire lo zaino con i miei indumenti!” “Certo, Andrej capisco …” Irina fece uno sforzo enorme per trattenere le lacrime. Non voleva turbare ulteriormente l’uomo che ormai era parte della sua vita e aggiunse: “Ti do una mano a riporre le tue cose …”. Non avrebbe dovuto, perché ogni indumento le ricordava i momenti felici trascorsi nella dacia “Andrej non farti ammazzare, ti prego, ti prego …” gli sussurrò mentre si abbracciavano un’ultima volta sulla porta. Nell’attesa, fuori dalla dacia i militari non si erano astenuti dal fare qualche commento. “Si tratta bene il nostro bel Capitano!” “Bene è dir poco! Le fighe, più o meno, sono tutte uguali, ma questa ha davvero tanta roba dietro e davanti!” “Bravo stronzo, fatti sentire! Guarda che Lei è un ufficiale della nostra aviazione militare, e lui è stato promosso al grado superiore per meriti di guerra; parla un po’ più forte e finirai a lavare le latrine per il resto dei tuoi giorni” “Lo prendo come un augurio: meglio i cessi che finire accecato e castrato dai ceceni con i miei preziosi attributi cacciati in bocca!” All’uscita di Andrej dalla dacia i militari si precipitarono a prendere il suo bagaglio per caricarlo sulla UAZ. Irina con grande disappunto della pattuglia rimase in casa. Da dietro la finestra seguì sino a perderlo di vista il veicolo militare che a forte andatura si diresse verso l’aeroporto. In quell’istante le riaffiorò alla mente il ricordo del loro primo incontro, vivido e reale come mai le era capitato in quegli anni di attesa …

Alla presentazione del corso,il comandante dell’aeroporto si era dilungato sulle qualifiche degli istruttori ai quali lei e le altre allieve sarebbero state affidate. Si era distratta ma si riscosse quando sentì pronunciare il suo nome: “Alessandrovna, avrai come istruttore uno dei nostri più valorosi piloti militari il tenente Andrej Eltsin” Gli occhi del giovane ufficiale si erano fissati sui suoi provocandole un turbamento insospettato. Sperò ardentemente che non se ne fosse accorto … La notte precedente alla prima lezione pratica, le allieve rischiarono di trascorrere ore insonni, eccitate dalla prospettiva di volare l’indomani. Anche Irina aveva preso sonno con difficoltà, non per l’ansia di ciò che l’aspettava il giorno seguente, ma per la voglia di conservare l’immagine di Andrej nella sua mente il più a lungo possibile prima di addormentarsi. Si era svegliata che albeggiava ed era uscita dalla camerata. Si sedette sull’erba umida, al bordo di una delle piste di decollo e atterraggio, assaporando gli odori del mattino, incurante dell’umidità che dal terreno si trasferiva ai suoi indumenti; ma presto i primi raggi del sole le regalarono un piacevole tepore. Alcuni militari aprirono le grandi porte di uno degli hangars facendole scorrere rumorosamente sulle guide. Ne era uscito l’aliante su cui avrebbe volato tra breve. Era grande, tutto di metallo, sembrava impossibile che potesse mantenersi in volo in mancanza del motore. Subito dopo venne spinto all’esterno anche l’aereo destinato al traino, una macchina dalla forma molto più goffa e sproporzionata, con la cabina di pilotaggio che dava l’impressione di una gobba; sul davanti la prua tozza e rotondeggiante dell’aeromobile, contrastava con la fusoliera lunga e sottile. La voce dell’istruttore la fece sobbalzare. “Dormito bene Irina” “Mica tanto tenente” “Poco male, i piloti sono lucidi e pronti a reagire anche con qualche ora di sonno in meno, un po’ come i marinai” “Cos’altro avete in comune con i marinai?” “Gli spazi aperti, le stelle e …” “… donne in ogni porto, anzi in ogni aeroporto …” “Anche quelle, perché?!” “Le mie amiche, quasi tutte più grandi di me, mi hanno messo in guardia quando hanno saputo che il mio ragazzo era entrato nella nostra valorosa marina”. “Dunque Irina vuoi diventare pilota anche tu …” “Non sarei qui, tenente” “La mia più che una domanda era un’affermazione, Irina, se ti riesce chiamami Andrej, è il mio nome, nel caso lo avessi dimenticato dopo le presentazioni. Per cominciare voleremo su un aliante biposto. Il volo a vela è ideale per acquisire sensibilità e coordinazione sui comandi. Dopo circa sei o sette ore di pilotaggio, in doppio comando, dovresti essere pronta per il tuo decollo da sola, se hai la stoffa”. Si avvicinarono all’aliante, un modello di produzione cecoslovacca un po’ datato, tuttavia ideale per la scuola. Andrej si dilungò mostrando ad Irina le superfici di comando del velivolo, alettoni, flaps, impennaggi di coda e diruttori. Precisò che gli alettoni e gli impennaggi di coda orizzontali erano governati dalla cloche, mentre quello verticale era attivato dalla pedaliera; diruttori e flaps venivano messi in funzione tirando apposite leve. Nozioni che Irina conosceva per averle lette e studiate sul libro che si era procurata prima della partenza per la scuola di volo; ma evitò di confessarlo ad Andrej, perché le piaceva l’impegno che metteva in quei primi insegnamenti, diretti a lei e non ad altre compagne del gruppo, alle quali erano stati assegnati altri istruttori. “Toglimi una curiosità Andrej, come mai gli altri istruttori hanno tre allieve ciascuno e tu hai solo me?” “Se non ti va si può rimediare …” “Ma no, va benissimo! Figurati, se rinuncio ad avere l’istruttore personale. Piuttosto a cosa è dovuto questo trattamento privilegiato?” “Dimentichi che a tuo padre è stato riconosciuto il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica, la più alta onorificenza militare. La propaganda dell’epoca dette molto risalto alle sue imprese durante la guerra afghana.” “Lo so Andrej nell’ultima missione salvò un elicottero stracarico di combattenti facendo da scudo con il proprio elicottero contro un missile terra aria, trasformandosi in una palla di fuoco” Irina si pentì di aver rivolto ad Andrej la domanda che l’aveva costretta a ricordare l’eroica morte del padre. Era ancora turbata a distanza di anni. Non avrebbe voluto che Andrej si accorgesse delle lacrime che le stavano colmando gli occhi ma non era riuscita a trattenerle. Le tamponò con il dorso della mano mentre scorrevano lungo le guance. Il desiderio di stringere a sé l’allieva fece irruzione prepotentemente nell’animo dell’istruttore, “Irina non sono certo che avrei fatto lo stesso” si limitò a dire. “Può darsi che mio padre avrebbe avuto le tue stesse incertezze se glielo avessero chiesto in anticipo” rispose Irina, riprendendosi dalla forte commozione in cui era sprofondata,“eppure, in quei millesimi di secondo, ha preso la decisione che più corrispondeva alla sua natura di uomo e di combattente. L’alternativa di salvarsi non deve essergli passata per la mente, benché potesse immaginare che molti dei militari da lui salvati non sarebbero sopravvissuti al termine della lunga guerra in Afganisthan.” Andrej la guardò restando a lungo in silenzio, Irina rimase impressionata, notando che gli occhi del giovane tenente rivelavano l’accettazione serena della fine, in qualunque momento si fosse verificata. Si era riscosso quasi subito: “Irina tu siedi al posto di pilotaggio anteriore, l’assistente di volo aggancerà il cavo di traino all’aliante e si porterà al terminale dell’ala sinistra, l’alzerà solo quando gli comunicherai che sei pronta per il decollo ritraendo i diruttori. Nel frattempo avrai regolato l’altimetro a quota zero, quella cioè del campo da cui stiamo per decollare, acceso la radio, controllata la tensione del cavo, abbassati i flaps e accertato che i tuoi piedi riescano a spingere a fine corsa la pedaliera. Pronta?!” “Andrej posso chiamarti capo?” “Certo!” “Allora sono pronta capo!” Irina chiuse i diruttori, sentì la sua schiena premere contro il sedile, quando il Wilga, iniziò la corsa di decollo, spinto dal potente motore. Vedendo il traino più alto rispetto a lei, Irina tirò a sé la cloche, non riuscì a portarsi alla sua stessa altezza ed iniziò a pendolare ora sopra ora sotto ed anche a sinistra e a destra, avvertendo ogni volta gli strattoni del cavo che la teneva avvinta all’aereo. “Capo, ce la sto mettendo tutta, non riesco a seguire il traino!” esclamò non senza apprensione. “Irina, non preoccuparti degli spostamenti laterali, perché se sono poco accentuati, sarà la stessa tensione del cavo ad allineare l’aliante con il traino. Se fossero eccessivi, interverrò io sulla pedaliera, tu continua con la cloche cercando di non trovarti più alta o più bassa del Wilga … è importante che quando cabri, tirando a te la cloche delicatamente, la devi subito dopo riportare al centro, altrimenti l’aliante continuerà ad alzarsi rispetto al traino; se sei più alta picchia spingendo avanti la cloche per poi richiamarla al centro, se no ti troverai più bassa rispetto all’aereo.” Il traino continuò a salire, le oscillazioni dell’aliante diminuirono, ed Irina iniziò a familiarizzarsi con le manovre. Raggiunta la quota di mille metri, Andrej comunicò al traino di proseguire in volo livellato. “Ora viene il bello Irina, tira la leva di sgancio e metti i flaps a zero” Eseguito l’ordine, Irina vide il potente aereo da traino scendere bruscamente in picchiata. Si sentì libera e a suo agio. Andrej le aveva spiegato che per virare a sinistra doveva spingere la pedaliera con il piede sinistro, accompagnando il movimento con una lieve pressione della mano sulla cloche verso sinistra. Lo stesso doveva fare virando a destra. “Ricordati di riportare sempre i comandi al centro, diversamente l’aliante si inclinerà sempre di più e noi ci troveremo capovolti in volo rovescio”. Effettuarono numerose virate sino a trovarsi alla quota di 250 metri per l’inizio della procedura di atterraggio. “In prossimità del suolo si devono evitare errori, perché a questa altezza non c’è molto tempo per rimediare. Guarda la pista! … è alla nostra sinistra, dovrai volare parallela al suo asse. Non devi essere troppo vicina lateralmente, né troppo distante; le prime volte per regolarti puoi guardare l’estremità dell’ala facendo in modo che scorra sul bordo esterno della pista; prosegui fin quando sarai scesa alla quota di centro metri, poi vira a sinistra, per allinearti con l’asse pista; a questo punto dovrai estrarre flaps e diruttori, mantieni la velocità di novanta chilometri orari, lascia che l’aliante scenda fino a lambire il terreno, effettua una leggera cabrata e il gioco è fatto!”. Nei giorni successivi i progressi dell’ allieva furono costanti e sorprendentemente rapidi. Eseguirono anche manovre acrobatiche, nel corso delle quali cielo e terra si alternavano in una avvincente mescolanza di colori;Irina prese confidenza con le sensazioni causate dalle variazioni della forza di gravità; senza peso a testa in giù nel volo rovescio, schiacciata al suo posto di pilotaggio nelle cabrate successive alle forti picchiate. Dopo cinque ore di doppio comando era pronta per il decollo. “Penso che tu ne abbia abbastanza di volare in doppio comando, perciò oggi, prima del tramonto, volerai da sola, ti traino io”, le disse Andrej. “Capo, portami sino a 1000 metri e, possibilmente, anche più in alto” gli rispose Irina. “Gli standards della scuola prevedono, per il primo decollo dell’allievo, lo sgancio a 600 metri, per te farò un’eccezione, tuttavia non fino al punto di superare la quota di 1000 metri” “Va bene, Capo” Irina si concentrò sui comandi. Era eccitata dall’idea che tra breve sarebbe stata la sola padrona dell’aliante, libera, dopo lo sgancio dal traino di manovrare come voleva, salire, scendere in picchiata, virare a destra o a sinistra. Eppure nell’effettuare i controlli pre-volo si stupì dalla propria freddezza. “Cavo teso, pronta al decollo!” comunicò ad Andrej. Il traino nella tranquilla aria serale si svolse senza problemi. “Siamo a 1000 metri sganciati!” Irina eseguì l’ordine a malincuore, avrebbe voluto salire ancora più in alto. Da quell’altezza poté osservare a perdita d’occhio i campi di grano e di erba medica alternati a vaste zone brulle. Si sentì tutt’uno con l’aliante, pilotandolo con dolcezza, quasi ad accarezzare l’aria con le lunghe ali metalliche che riflettevano i raggi rossi del sole al tramonto. Immedesimata nelle sensazioni che l’avevano completamente catturata si dimenticò dello scorrere del tempo. “Irina da Andrej!” “Ci sono, Capo” “Dove ti trovi? Ti ho persa di vista! Torna sul campo e atterra, a quest’ora il terreno restituisce il calore assorbito durante il giorno, l’aria sale, se non apri gli aerofreni per scendere finirai con l’effettuare un atterraggio notturno, cosa assolutamente da scongiurare. “ Già, il campo di volo? Irina guardò un po’ dappertutto, ma … il campo non lo vedeva più! Come era possibile? I capannoni e gli hangar della base non potevano essersi dissolti nel nulla! L’angoscia per essersi persa si impossessò di lei provocandole una morsa allo stomaco. Più ancora la tormentava l’idea di comunicare ad Andrej di essersi smarrita, dopo che lui si era assunto la responsabilità di consentirle lo sgancio a 1000 metri, oltre la quota di sicurezza stabilita per gli allievi al primo decollo. Vedeva in lontananza le luci della città dove era stata giorni prima con le compagne di corso. Gli strumenti di bordo assunsero una strana fosforescenza … non poteva aver sorvolato quel centro urbano senza accorgersene. Effettuò una virata fermando la prua dell’aliante verso le luci, la bussola segnava nord, dunque lei doveva trovarsi a sud della città. Riflettendo le alternative erano due. Se aveva superato l’area aeroportuale, la pista non poteva essere che alle sue spalle, verso sud; se non l’aveva oltrepassata, la pista era davanti a lei, verso nord. Persa per persa aveva scelto la seconda … Un attimo prima di chiedere aiuto ad Andrej riconobbe le costruzioni ai lati dell’aeroporto e individuò la lunga striscia asfaltata sulla quale avrebbe posato l’aliante. “Arrivo Capo!” Irina eseguì un atterraggio perfetto, quando ormai non le restava che il chiarore della luna ad indicarle la pista di atterraggio. L’euforia del volo, la soddisfazione di aver pilotato da sola l’aliante, furono attenuate dal timore di creare ad Andrej problemi. Non si era aspettata elogi dal suo istruttore, ma neppure la durezza con cui la trattò, appena scesa dall’aliante. “Dopo questa bravata, dubito che otterrai l’ammissione alla Scuola Superiore di Aviazione Militare! Nella sicurezza del volo la disciplina riveste un ruolo determinante, Irina”. “Hai ragione Capo. Ma, credimi, ora sono soprattutto preoccupata per te; e mi addolora l’averti deluso”. Il suo sincero stato d’animo fece presa sui sentimenti di Andrej e ne attenuò l’inflessibilità tipica dei militari. Nella relazione di fine corso, l’istruttore evidenziò l’abilità non comune dimostrata dall’allieva nel pilotaggio e ne caldeggiò l’avvio alla carriera nella aviazione militare. La sera successiva all’atterraggio notturno, durante la festa di fine corso, Irina si incamminò tutta sola verso la pista degli aerei. Non era stato facile allontanarsi perché molti giovani piloti militari si erano avvicendati per invitarla a ballare o per offrirle da bere. I più audaci non avevano esitato a proporle con frasi allusive una passeggiata notturna, ma i suoi occhi non avevano lasciato un solo istante Andrej. Vedendolo allontanarsi avvertì una morsa allo stomaco. Se ne andava senza neppure rivolgerle un saluto! Si accorse che una delle allieve si era assentata dalla festa quasi contemporaneamente. Si sentì gelosa e stupida allo stesso tempo. Non sarebbe rimasta un solo minuto di più! Invece Andrej la sorprese comparendo all’improvviso. Un attimo prima era nei suoi pensieri, ora le stava davanti con quel suo sguardo intenso. Il cuore prese a batterle come non le era mai accaduto. “Irina ti ho spaventata?” senza darle il tempo di risponderle proseguì “devo partire questa notte stessa. In Cecenia è scoppiato un conflitto. Domani la notizia sarà di dominio pubblico”. “Come farò senza il mio istruttore?!” mentre pronunciava la frase, Irina si sforzò di esprimere con parole appropriate ciò che sentiva realmente, ma non le trovò, prevalse in lei il timore di apparire come la solita studentessa infatuata del suo professore. Del resto non era neppure sicura che Andrej ricambiasse il suo sentimento. “Ormai non ne hai più bisogno … hai imparato a volare da sola” le rispose Andrej. Gli si avvicinò spinta da un impulso al quale non tentò neppure di resistere, sperando che lui la stringesse a sé. Non rimase delusa, Andrej la prese tra le braccia e le accarezzò i lunghi capelli. “Ciao pilota.” le sussurrò. In quegli istanti Irina si sentì donna, la sua donna, non la ragazzina di qualche mese prima. Poi Andrej si sciolse dall’abbraccio e scomparve nella notte …

La UAZ sollevò grandi nugoli di polvere che le nascosero, diluendola nelle lacrime, l’immagine dell’uomo. Ebbe un presentimento che la sconvolse: Andrej non l’avrebbe più tenuta tra le braccia. Un mese dopo, l’amica, collaboratrice del comandante delle forze anti sommossa, le comunicò, con la voce rotta dall’emozione, che Andrej era caduto nel corso di un’azione bellica. Irina seppe solo in seguito che, finite le munizioni, il pilota del caccia abbattuto, poi identificato in Andrej, aveva intenzionalmente intercettato un missile che stava per abbattere un aereo da trasporto truppe, pieno di militari. Come il padre di lei … ma nel cielo della Cecenia.


Narrativa / Medio-Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”