Il fumo non ha odore, ma é definito acre. Penetra le narici e ti disgusta. A volte é spesso, palpabile, accarezza la pelle con un abbraccio fastidioso. Quando raggiunge gli occhi le lacrime compaiono spontanee, strofinarli é inutile, anzi é peggio. Ma il fumo non esiste da solo. Non può nascere se non c’è lui: il fuoco. Il fumo é il suo maggiordomo, però manca di discrezione, entra senza bussare.
Arriva sempre prima il fumo, ci informa, ci pone in stato di veglia. Poi il fuoco. Se non ci fosse il fumo ci sorprenderebbe. Compare improvviso. Fa paura. Si muove, avanza, ondeggia con il vento, si inclina, si estende verso l’alto. Si alimenta con la vita delle piante che bruciando si contorcono, scrocchiano gemendo nella sua presa. È il loro urlo prima di morire.
Il fuoco si inerpica lungo la collina, animato di vita propria. Segue la traccia della vegetazione e si dirige dove gli alberi sono più densi. Sembra che la natura sia inchiodata dalla sua minaccia, schiaffeggiata dal vento, prepotente protagonista. Attoniti osserviamo il devastante spettacolo, il fronte del fuoco é stretto, ma “lui” é impetuoso.
Ci sono i ragazzi della forestale in tuta arancione, ma poco possono contro una tale forza della natura. Un rumore, un rombo cupo, un motore? Una macchia volante colorata passa poco più in alto, un aereo! Punta il fuoco e vicinissimo, di colpo, scarica una quantità d’acqua impressionante. Il fuoco colpito a morte ansima, si arresta quasi dubbioso, non riesce più ad andare avanti.
Forse vorrebbe tornare indietro … forse, ma invece svanisce nel nulla.
Sono proprio arrivati i nostri, invece che a cavallo su un Canadair, preceduti dal rombo di un motore invece degli squilli di tromba.
Ma chi cavalca il Canadair? Ormai si sa che il Canadair é l’arma più efficace a disposizione per lottare contro il fuoco che minaccia l’inestimabile patrimonio boschivo della nostra Italia, ma che tipo di pilota vola su tale aeroplano? Cosa accade dentro questo mezzo che a seconda dei momenti é motoscafo o aereo?
A bordo i piloti sono due: comandante e co-pilota, come gli altri velivoli commerciali. Quindi stessi standard, stessi criteri di base, stessa professionalità? La risposta é si a tutte queste domande, ma il pilota di Canadair deve avere un quid in più.
La posizione del fuoco é sconosciuta fin quando esso si manifesta. Non é segnata sulle carte, non ci si arriva tramite aerovia o seguendo le indicazioni di un segnale radio. Il fuoco viene raggiunto navigando a bassa quota ed utilizzando delle carte geografiche totalmente diverse da quelle che usano i colleghi di linea. L’ente responsabile della Protezione Civile individua l’«obiettivo» con coordinate inutilizzate dai più, quando non addirittura sconosciute.
E ci vuole confidenza. Non si pensi di essere capaci a leggere una carta di navigazione a bassa quota, a riconoscere ferrovie, seguire valli, individuare ponti e paesi solo con la navigazione stimata se non lo si é mai fatto, se non si é adusi a tale pratica.
Bussola ed orologio, come agli albori dell’aviazione o come i piloti cacciabombardieri. A questo si aggiunga la frenesia della fretta. Bisogna decollare entro 15 minuti dall’assegnazione dell’obiettivo. Il punto si traccia in rullaggio, assieme alla prima tratta di navigazione poi si decolla, il resto in volo.
Durante la navigazione si cerca di mettere ordine, ci sono navigazioni di un’ora o navigazioni di otto minuti. Il tempo a volte é tiranno. Poi, trovato l’obiettivo, si deve individuare la migliore traiettoria per avvicinare il fuoco e colpirlo, avendo sempre la “via di scampo” da seguire nell’eventualità che un motore smetta di girare.
Orografia e micro-meteorologia giocano contro di noi. Venti di caduta, termiche, fumo. I piloti di aliante conoscono le prime due, i pompieri il terzo.
Tutto ciò accade in aderenza al vecchio, proverbiale consiglio di mamma, quello che tutti i piloti sanno di non dover seguire mai: “Mi raccomando, vola basso e piano”. Sicché a 30 metri dal suolo, indipendentemente dalla sagoma del terreno, ed a 205 km/h (1.3 Vs per chi se ne intende) il velivolo viene impostato per percorrere la sua traiettoria in discesa, tenendo presente la rotta di scampo e, nel caso occorra fronteggiare un imprevisto, pronti a scaricare l’acqua per diminuire di 5400 kg il suo peso.
Sul fuoco i piloti sono al massimo senso di veglia, il nemico é lì che aspetta. Non ti spara, ma ti inganna. È pronto a ghermirti, modifica la densità dell’aria in cui voli, intensifica l’opacità del fumo, quasi a nascondersi. A volte invece si manifesta veemente, con fiamme alte e voraci, vogliose di distruggere prima di essere fermate.
Tieni conto del vento. È in coda, di fronte, di lato.. c’è deriva, l’acqua che traiettoria seguirà? Bisogna prevedere tutto. Se abbiamo aggiunto la schiuma in dotazione l’acqua tenderà a volatilizzarsi prima, altrimenti sarà più densa. Che tipo di alberi sono? Eucalipti oppure oleandri? Dov’è questo fuoco rispetto al fumo? L’intensità del vento é di 35 nodi (65 km/h), il fumo viene spinto avanti, il fuoco é ancora dietro.
Il tempo scorre, ma sembra rallentato. Il co-pilota controlla gli strumenti motore, ricorda i valori di velocità, ripercorre la posizione degli interruttori, ricorda la quota di sgancio. Gli occhi del Comandante tengono puntato il nemico, rapidissime scansioni agli strumenti: velocità e quota, velocità e quota, velocità e quota. Il pollice sinistro contratto é predisposto sul pulsante di sgancio. Il respiro sospeso: ci siamo. Una pressione sul pulsante, il rumore secco delle porte acqua che si aprono. Il carico d’acqua affronta il suo nemico. Lo colpisce dall’alto con l’energia del suo peso e la velocità dell’aeroplano. Il resto é fisica: II principio della termodinamica.
Il velivolo, improvvisamente alleggerito, ruota il muso verso l’alto. Motore, controllare l’assetto, verificare la velocità, chiedere al co-pilota la variazione delle superfici di iper-sostentamento, seguire la traiettoria di scampo. Direzione: verso la sorgente di rifornimento idrico.
Di nuovo controlli, predisposizione interruttori, giù per l’ammaraggio. Il 60% degli incidenti aerei avvengono durante l’atterraggio. Un pilota di Canadair può anche farne trenta di atterraggi sull’acqua. Non ci sarebbe differenza con la terra, ma qui c’é un particolare: si muove. Il lago si muove poco, ma il mare….. Lui ha la vita, sembra ti aspetti. Quando sei alto ti invita a scendere, azzurro, trasparente, immenso, poi quando sei a tre metri ti rendi conto dell’altezza delle onde, sempre troppo alte.
Abbiamo scelto la migliore direzione di ammaraggio? Siamo fra il vento frontale e l’onda lunga? Ultime verifiche. “Probes down” dice la luce arancione sul cruscotto. Il velivolo é pronto a fare acqua attraverso due bocchette che sporgono dalla chiglia per circa 12 cm. Ammaraggio, l’aereo si trasforma in un off-shore (145 km/h).
Le bocchette agganciano il mare, l’acqua irrompe nei serbatoi, il muso ha una decisa tendenza verso il basso, il peso aumenta.
Il volantino viene tirato, i muscoli del braccio sinistro si contraggono. La presa é salda, l’assetto DEVE rimanere costante. La mano destra spinge le manette, i sensi sono tesi pronti a percepire una condizione anormale che potrebbe comportare l’interruzione della manovra.
Il mare non accetta l’intruso, le onde fanno da rampa di lancio, il velivolo esce dall’acqua. Via motore ma poco, piccola variazione d’assetto, controllo del peso attuale per essere sicuri di non aver superato il peso massimo di contatto, di nuovo in acqua per completare il carico. Stille di sudore solcano il viso, altre scendono lungo la schiena, non puoi competere con il mare, é più forte lui, allora lo assecondi, oppure lo eviti.
L’indicatore dei serbatoi acqua indica pieno, “probes up” la luce diventa verde, le bocchette vengono retratte. Il motore spinge, l’aeroplano saltella sulle onde. A pieno carico, arrancando, si sforza per contrastare la forza di gravità. La velocità cresce e la novella imbarcazione transita di nuovo al suo stadio originale, ritorna ad essere un aereo. Controlli, predisposizione per lo sgancio d’emergenza, il cervello ripercorre già la traiettoria di attacco. La giostra continua.
Ecco, questo é ciò che, di massima, accade.
Chi é questo pilota, un super uomo? No, é un professionista del volo. Un pilota che oltre a saper decollare ed atterrare, a conoscere le regole del volo strumentale ed a vista, sa navigare a bassa quota, sa capire quando le condizioni meteorologiche consentono di passare in una valle o quando deve tornare indietro.
È un pilota con una grande resistenza fisica. Volare un aeroplano senza condizionamento, senza asservimento idraulico dei comandi, ed effettuare tanti atterraggi su una superficie che si muove senza preavviso é una cosa faticosa. Far seguire, ad ogni ammaraggio e relativo prelievo d’acqua, un attacco al suolo assecondando l’orografia del terreno, con un mezzo che non ha le prestazioni di un Tornado e che richiede un orecchio sempre teso ai singulti dei motori ed un occhio guardingo alla traiettoria di scampo é cosa che richiede molta attenzione fisica e psichica. E questo avviene anche per sei ore di fila nello stesso giorno.
Ecco chi é che “cavalca” il Canadair. È un professionista con uno spiccato amore per l’ambiente, con una grande passione per questa singolare forma di volo; molto pilota ed un po’ marinaio, con l’indole e la forza del guerriero per affrontare il nemico nelle sue multiformi apparenze e la pazienza di Giobbe per le lunghe ore trascorse in attesa che esso si manifesti.
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