Archivi tag: Racconto I

MA INFATTI IO PIANGO!


E’ da poco terminata la XI edizione del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE e già abbiamo il piacere e l’onore di pubblicare il primo dei racconti che, purtroppo, – e sottolineiamo purtroppo – non sono stati ammessi alla fase finale del Premio malgrado sia manifesta la loro bontà. D’altra parte sono solo 20 i racconti finalisti previsti da regolamento e dunque, in un’edizione particolarmente affollata con ben 55 racconti partecipanti, era inevitabile che alla giuria fosse demandata la difficilissima scelta dei racconti meritevoli della finale, ossia della pubblicazione nell’antologia del Premio e – inevitabilmente  -l’esclusione dei restanti.

Nel corso degli anni, Evandro Detti ha accumulato una notevolissima esperienza aviatoria nell’ambito dell’Aviazione Generale e – senza paura di essere smentiti – ha volato praticamente con tutto quanto potessero offrire gli Aeroclub italiani negli ultimi 40 anni … tuttavia se c’è un rammarico che ancora oggi lo perseguita è quello di non aver mai potuto volare con il T6-Texan, addestratore per antonomasia della rinata Aeronautica Militare. Mai dire mai, caro Evandro, chissà che un giorno tu non possa sanare questa carenza! (foto fornita dall’autore)

A dimostrazione della correttezza dell’operato della giuria che – lo ricordiamo – valuta i racconti in formato assolutamente anonimo, e anche a testimoniare la profonda gratitudine che nutriamo nei confronti di uno dei più prolifici e apprezzati redattori del nostro hangar, il primo racconto che andremo ad ospitare sarà proprio quello del “nostro” Evandro Detti.

Perfettamente in linea con la sua pluriennale linea narrativa, il buon Evandro ci ha regalato un suo sag-conto (un po’ saggio e un po’ racconto) che stavolta ha per protagonisti i veterani di quella che fu la Regia Aeronautica italiana, antesignana dell’odierna AMI – Aeronautica Militare Italiana.

Chi pilotava questo tipo di velivolo – biciclo – godeva automaticamente del rispetto dei veterani della Regia e così, quando il buon Evandro raccontava loro delle le sue esperienze di pilota civile, beh … saliva di un gradino nella scala della considerazione di cui godeva. Questa foto lo ritrae in quella specie di portaerei rocciosa che prende il nome di Giannutri, isola dell’arcipelago toscano che misura 500 metri in larghezza e 5 chilometri in lunghezza in cui, ancora oggi, non sono ammesse automobili né sono presenti strade asfaltate e dunque ci si muove solo a piedi. Fino al 2000 esisteva un’aviosuperficie priva di hangar e carburante lunga solo 500 metri e proprio su quella l’autore posò le ruote per lo scatto incriminato. In verità egli ha ammesso che, per scattare questa fotografia, poiché il velivolo non disponeva di avviamento elettrico, lui e il suo copilota lo frenarono lasciando il motore al minimo, gusto il tempo per ottenere immortalarsi sulla “pista” di Giannutri. (foto fornita dall’autore)

Esprimere questo termine – v e t e r a n o – in presenza di un giovanissimo nato e cresciuto dopo l’anno 2000 provocherà di sicuro in lui un certo stupore perché i drammi, le privazioni e le distruzioni della II Guerra Mondiale appartengono ormai solo alla memoria di coloro che, alla soglia degli 80 o 90 anni di età, li hanno vissuti sulla loro pelle e che all’epoca erano poco più che bambini o al massimo adolescenti. Viceversa, per Evandro – che anagraficamente non è proprio un ventenne sebbene ne abbia la vitalità – l’esperienza di frequentare i veterani lo ha accompagnato spesso nel corso delle sue scorribande aviatorie e inevitabilmente lo ha  in qualche modo maturato. E proprio di loro ci racconterà … ma con quella delicatezza e il pudore che riserveremmo solo a un nostro congiunto benché si tratti quasi sempre di emeriti sconosciuti.

Evandro, da ottimo autore ligio alla veridicità storica ma anche da abile narratore quale è, sa benissimo come toccare le corde della sensibilità del lettore e – ne siamo certi – scorrendo le righe del racconto,  vi salirà letteralmente un groppo alla gola perché si concretizzerà sotto i vostri occhi l’immagine di uomini che sono stati profondamente segnati dal conflitto mondiale e che, nonostante siano trascorsi ormai diversi anni, si trascinano con grande dignità sempre inseguiti dalle ombre dei loro commilitoni defunti e degli indicibili strazi che patirono in prima persona o di cui furono testimoni.

Correva l’anno del signore 1968 quando, a bordo di questo Fairchild C-119 Flying Boxcar l’autore riceveva il battesimo del volo e da quel giorno in poi egli ha praticato molto intensamente la fede del pilota civile … (foto fornita dall’autore)

A distanza di 80 anni e più dal conflitto mondiale,  di veterani ne rimangono in vita pochissimi; un’intera generazione se n’è letteralmente andata e di loro ci rimangano solo le testimonianze o le confidenze come quelle riportate da Evandro Detti che all’epoca le raccolse, non senza difficoltà, superando la feroce riservatezza degli interlocutori.

Il racconto si avvia con il pretesto di una vecchia canzone degli Abba (glorioso gruppo musicale svedese) i cui versi si ritornano qua e là nel corso della composizione a mo’ di pretesto per riportare situazioni e aneddoti vari legati appunto ai veterani; racconto che fila via – come siamo ormai abituati nei migliori a firma di Evandro – fino all’epilogo con la frase che troviamo nel titolo dandone così una spiegazione assolutamente pertinente e creando un impeccabile circolo logico.

Ancora una bella immagine dell’autore giusto appollaiato sull’ala del Morane Saulnier MS 892A dotato di un motore con la ragguardevole potenza di 150 Hp: il sogno negli anni ’80!

Grazie, Evandro perché hai reso vivida la memoria di quelle tante persone alle quali dobbiamo davvero molto e che viceversa, sono ormai cadute nell’oblio, specie da parte delle generazioni più giovani per le quali la bandiera e la patria assumono un qualche significato solo in occasioni di grandi eventi sportivi, specie calcistici.

Grazie ancora, Evandro, e onore ai veterani!



Narrativa / Medio – lungo

Inedito

Ha partecipato alla XI edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2023


Nota della Redazione: nella foto in evidenza sarà possibile individuare l’autore negli anni ’80 a bordo di un aliante Grob Twin Astir in atterraggio per la pista 36 dell’aeroporto di Guidonia.

I have control

ulm deltaplanoUn giovane ormai alla soglia dell’età adulta racconta l’origine della sua passione per il volo, l’influenza della stessa nella sua vita, a volte ancora di salvezza, a volte causa di tormento interiore, ma sempre e comunque fattore importante nella sua crescita e formazione.

Per inviare impressioni, minaccie ed improperie all’autore:

auditore.mauro(chiocciola)yahoo.com


 

Nel sito sono ospitati i seguenti racconti:


I have control

Mario Antonio Corrado Auditore

virata strettissimaCorrado per gli amici, Mauro per la famiglia, Antonio solo per l’anagrafe, nasce a Maratea (PZ), sulla costa tirrenica della Basilicata, nel 1991.

Appassionato dell’aviazione praticamente da sempre, è stato titolare di un attestato VDS-M basico, seppur costretto da problemi personali a sospendere l’attività di volo. Attualmente, in attesa di poter ricominciare a pilotare, frequenta il corso di lingue e culture dell’Asia e dell’Africa presso l’Università degli Studi di Torino.


Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

Incontri tra piloti

biplano a mollaNon mi è mai capitato di sbellicarmi letteralmente dalle risate; rarissimamente ho avvertito un piacevole dolore alla muscolaura del viso procurato dall’eccesso di riso; mi è capitato ancor più di rado ascoltando una storia improbabile di piloti e sedicenti piloti  … almeno non fino a quando, per una serie di fortunose combinazioni, ho avuto il privilegio di ascoltare in anteprima e, soprattutto animata dalla voce del protagonista – Luigi Aldini – la vicenda narrata in questo racconto dal titolo tutto sommato “generico” che non lascia presagire i reali contenuti.

Comunque nulla di comparabile all’enorme stupore quando, alla mia provocazione di farne un un racconto (affinchè altri potessero godere del piacere di apprendere una storia così surreale), il buon Aldini mi confessò che quella storia l’aveva già scritta … tanto che faceva parte del manoscritto del suo libro: “Passione e i sogni diventano realtà” ma che, per una imperscrutabile scelta editoriale (di cui sono rimasto altrettanto stupito) era stato stralciato dalla stesura definitiva poi consegnata alle stampe.

Di quel libro rammentavo benissimo alcune parti assai spassose, scritte con leggerezza e disincanto, talmente lontane dalla realtà contemporanea da risultare improbabili e al contempo comiche … sicchè circuire l’autore (che una fortuna sfacciata mi consentiva di avere davanti a me in carne ed ossa) e fare leva sull’antica conoscenza, fu questione di un istante. Quando poi aggiunsi che si trattava di una causa nobile e comunque dal sapore agonistico (la II edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole”) egli ruppe gli indugi e mi promise che avrebbe inviato il capitolo incriminato alla Segreteria del Premio.

Il file giunse il giorno stesso e non venne meno alle mie aspettative: forse perchè già conoscevo la vicenda, forse perchè ancora echeggiavano in me le battute in emiliano schietto del protagonista, sembrava che l’autore si materializzasse davanti a me provocando di nuovo un sorriso modello Joker, il famoso personaggio della saga di Batman.

Il testo funzionava, eccome se funzionava! Però c’era un però e neanche trascurabile.

Quasi non mi accorsi che il numero di battute di cui era composto il racconto era pressochè doppio rispetto a quello massimo stabilito dal regolamento del Premio dunque, con sommo rammarico, lo comunicai al povero Aldini non senza esortarlo a rivedere il testo e a ricavarne, seppure a malincuore, una versione più breve affinchè potesse partecipare al Premio.

Il risultato è quello che potete leggere.


Narrativa / Medio-lungo Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

 

 

Incontro tra piloti

“Sono in anticipo … mi posso fermare a prendere un caffè …”

Era un giovedì mattina ed ero sul raccordo anulare di Roma. Normalmente arrivo agli appuntamenti sempre in orario o in leggero ritardo e il fatto di essere in anticipo mi dava finalmente un po’ di tranquillità.

L’autogrill era là davanti a me, per cui misi la freccia ed entrai nella corsia che immetteva al piazzale davanti al bar. Parcheggiai vicino a una station wagon scura con una targa inglese. Notai un signore distinto, non molto alto, con pochi capelli bianchi, vestito di un completo marrone con una cravatta sul rosso che mi osservava stranamente.

Scesi dall’auto e la chiusi, avviandomi in direzione del bar.

Mentre camminavo ebbi una strana impressione … cosa faceva quella persona ferma e perché mi guardava con interesse?

Da più 20 anni frequentavo quasi quotidianamente l’autostrada e gli autogrill e avevo avuto la sensazione che non avesse il solito comportamento di chi si ferma per una sosta. Fu però una riflessione di mezzo secondo, perché salii le scale ed entrai nel bar. Avevo tutto il tempo per un buon caffè da gustare in pace. Anzi dovevo cercare di fare trascorrere il tempo.

Dopo il caffè mi attardai a guardare i libri ammucchiati su un tavolo, poi uscii. Mentre mi avvicinavo all’auto, vidi il signore notato precedentemente che stava telefonando. Notai nuovamente qualcosa di strano nel suo modo di telefonare, perché mentre parlava seguiva i miei movimenti.

Salii in auto e vidi che mi veniva incontro con il telefonino in mano. Avevo aperto il finestrino per arieggiare l’auto in quanto quella mattina di aprile faceva caldo.

“Mi scusi, mi vergogno … ma non so come fare … avrei bisogno di una cortesia …”, mi disse avvicinandosi e riponendo il telefonino nella tasca interna della giacca.

Rimasi un attimo stupito e, osservandolo meglio, mi dette veramente l’impressione di una persona in difficoltà. Collegai le mie riflessioni precedenti trovando la spiegazione ai miei dubbi. In quel momento venne fuori quel po’ di generosità che ho dentro, unito anche alla necessità di fare trascorrere più di mezz’ora … Sempre seduto in auto, affacciandomi al finestrino aperto gli dissi: “Mi dica, se posso …”.

Mi rispose: “Sono un pilota dell’Alitalia, e ho un volo cargo tra 40 minuti per Amsterdam. Mi vergogno a dirlo ma, questa mattina, uscendo da casa, ho chiuso la porta lasciando dentro le chiavi di casa e il portafoglio. A casa non c’è nessuno e mia moglie è all’ospedale a fare una visita, per cui ha il telefonino spento. Ho finito la benzina e non so come fare …”.

Sapevo, per esperienza, che non bisognava fidarsi degli incontri fatti sui piazzali dell’autogrill, per cui pensai di entrare in argomento e vedere se effettivamente era del settore. “Sono anch’io un pilota e istruttore di volo”.

“Ma tu dove voli?”, mi chiese passando al tu come si usa fare tra piloti.

Rimasi stupito da questa pronta richiesta. Aveva superato l’esame, e ora potevo anche dare notizie in più. “A Rieti”.

“Ho un carissimo collega a Rieti, si chiama Carlo Alberto. Lo conosci?”. Io cercai nei meandri della mia memoria, ma non trovai nessun pilota che rispondesse a quel nome. “No, purtroppo non lo conosco”, risposi.

A questo punto era lui in vantaggio per cui visto che avevo tempo e inoltre voleva fare bella figura, gli domandai: “Conosci Manlio Lello?”

“Certo, è passato da poco sui cargo e lo incontro spesso”.

Effettivamente era vero. Rincarai la dose: “E Rossi?”.

“Di Rossi ce ne sono tanti. Conoscevo bene Walter che è stato uno dei primi a volare sul Caravelle, però purtroppo è morto alcuni anni fa, e poi Piero, che è appena andato in pensione. Lo incontro ancora al simulatore, però sempre più di rado …”.

Effettivamente era tutto esatto, e solo uno dell’ambiente poteva sapere queste cose.

“ … se mi puoi prestare dieci euro metto la benzina che è sufficiente per tornare a casa. Lunedì sera vengo a Rieti, ti invito a cena e ti restituisco i dieci euro”.

Mi aveva convinto. Salì sulla station wagon con targa inglese che aveva sicuramente le sospensioni posteriori scariche perché era tutta accucciata, mise in moto, fece retromarcia per uscire dal parcheggio, e si avviò in direzione del distributore che distava una cinquantina di metri. Io lo seguii, e vidi che a pochi metri dalla pompa si fermò.

Mi accostai e lui mi disse: “Guarda che fortuna, è finita la benzina proprio qui” e, mentre mi parlava con lo sportello aperto, vidi che girava la chiavetta di avviamento con la marcia innestata per percorrere i pochi metri che lo separavano dalla pompa.

Rimasi fermo ad aspettare con dentro la soddisfazione di stare compiendo un’opera buona.

Scese dall’auto, prese la pistola della pompa, si avvicinò alla parte posteriore dell’auto, aprì il tappo del serbatoio e iniziò a mettere benzina. Notai che si era fermato alla pompa “servito”, però non gli diedi importanza.

“Mi sono distratto e ho superato i 10 Euro. Ti dispiace se faccio 20, così domenica sera sono più tranquillo? Comunque lunedì sera ti restituisco tutti i soldi e ti offro la cena!”

Cosa potevo rispondere? Oramai ero in ballo e … aveva già messo 20 euro. Pagai l’addetto del distributore che mi guardò con aria compassionevole, per cui mi sentii in dovere di dirgli: “Ogni tanto bisogna fare anche delle buone azioni”.

Mise i soldi nella borsa che aveva alla tracolla e guardandomi mi rispose: “Aho, ma che bona azione. Dije che andasse a lavorà come faccio io!”, e girandomi le spalle si allontanò.

Mi sentii chiamare, per cui mi avvicinai all’auto del mio “nuovo amico”. Aveva la portiera aperta e stava scrivendo su un bigliettino da visita. “Questo è il mio biglietto da visita e questo che ti ho scritto è il mio telefonino, se mi puoi dare il tuo così lunedì ti chiamo e ci mettiamo d’accordo per la cena”.

Presi dal portafoglio il mio bigliettino e con la sua biro scrissi il numero del mio portatile e glielo diedi. Mentre io leggevo il suo bigliettino mi ringraziò moltissimo. Vidi solo allora che era del pilota Carlo Alberto. Rimasi perplesso e gli chiesi: “Scusa ma Carlo Alberto non è il tuo collega che abita a Rieti?”

“No, come vedi sono io. Ciao ci vediamo lunedì”, chiuse lo sportello, avviò il motore e partì.

Mi rigiravo il bigliettino in mano, ma i conti non mi tornavano. E scuotendo la testa salii sulla mia auto e mi avviai.

Mentre guidavo mi sorse il dubbio di essere rimasto fregato. Ma ero ormai vicino al luogo dell’appuntamento per cui, poco dopo, uscii dal raccordo e percorsi la strada che mi portava al parcheggio degli uffici. Entrai nella sala delle riunioni. Arrivarono anche gli altri invitati e iniziai a esporre gli argomenti della riunione. Mentre gli altri presenti presero la parola, io purtroppo tornavo con la mente all’autogrill e ripercorrevo, come fosse un film rivisto alla moviola, tutti gli attimi appena vissuti e che mi avevano lasciato perplesso. Più il tempo passava più i tasselli che non coincidevano si ammucchiavano in un lato della mia mente e mi distraevano dagli argomenti della riunione.

Terminata la riunione salutai tutti e mi avviai giù per le scale per non attendere l’ascensore, perché mi era venuta l’idea di telefonare urgentemente al mio amico Marcello, comandante dell’Alitalia. Arrivato in prossimità dell’auto, composi il numero e lo chiamai con la segreta speranza che non fosse in volo. Mi rispose subito e dopo i saluti gli chiesi: “Conosci Carlo Alberto comandante che vive a Rieti?”

“Certo che lo conosco!”, mi rispose.

“Che aspetto ha, è piccolo e con pochi capelli?”.

“No, hai presente Bud Spencer? … è identico: grande grosso e un buono”, mi rispose.

A questo punto non c’erano più dubbi. Ci salutammo e, dopo avere chiuso la comunicazione, rimasi pensieroso. Dentro di me iniziò a crescere l’entusiasmo della possibilità di iniziare quella che noi emiliani chiamiamo “la gara”. C’erano tutti i presupposti per impostare un rapporto tipo gatto-topo, partendo ora da una posizione di favore. Al diavolo i 20 euro! Li consideravo come il costo del biglietto per giocare la partita. L’entusiasmo mi cresceva dentro, assieme al calore che prende il corpo quando si sta iniziando un’avventura. Salii in auto e mentre guidavo riflettevo sulle varie opportunità in gioco …

Questo signore, non era certamente un dilettante, e neanche un poveraccio, quindi vi erano serie probabilità che fosse un professionista astuto.

“Bene, il gioco si fa duro e non devo farmi fregare un’altra volta … esaminiamo bene la situazione e cerchiamo di scoprire i suoi lati deboli …. ha usato il trucco delle chiavi rimaste in casa … bastava che ci riflettessi un attimo per capire che uno può dimenticare le chiavi, ma se è un pilota che gira il mondo non può dimenticare il portafoglio con i documenti … poi mi parla di un pilota di Rieti suo amico e mi da il suo biglietto da visita dicendomi che è lui… e qui ha commesso un errore grave perché doveva prevedere che in due minuti avrei scoperto tutto telefonando a un amico dell’Alitalia. Forse poi non è così scaltro . Bene, io qui ho un numero di cellulare che il truffatore ha scritto sul bigliettino di Carlo. Strano che mi abbia lasciato il suo numero. In quel modo sarebbe facilmente rintracciabile. Vuoi scommettere che è il numero di Carlo e lui ha fatto finta di scriverlo … basta fare il numero e vedere chi risponde … no, ferma tutto: devo lasciare a lui la prossima mossa stando al suo gioco.

La mia mente continuava a girare pregustando “la gara” e sorridevo tra me e me … Arrivai così in azienda e proprio mentre stavo parcheggiando, il telefono squilla. Era un numero di un cellulare che mi risultava nuovo. “Pronto!”, risposi.

“Sono il comandante Alitalia di questa mattina. Desideravo ringraziarti per il tuo gesto. Sono arrivato in tempo a Fiumicino e ora sono ad Amsterdam. Lunedì rientro e vorrei averti a cena con me, così ti restituisco i soldi che mi hai prestato. Ho visto dal tuo bigliettino che sei il dirigente di una società. Complimenti! Sarà un onore averti mio ospite…”.

A quel punto giocai duro e dissi: “Sei un simpaticone che si diverte a fare le candid camera. Però il comandante Carlo di Rieti è un mio carissimo amico e io ti ho lasciato credere di non conoscerlo perché volevo vedere fin dove saresti arrivato …”, risposi bluffando in modo da metterlo in difficoltà.

“No, io non sono Carlo, ma il comandante Serafini!”, mi rispose.

“Bene, e il biglietto da visita che mi hai dato?”.

“Perché non è il mio biglietto col nome Serafini?”.

“Allora insisti a mentire sapendo di mentire. Quando te l’ho fatto notare tu mi hai risposto dicendo che Carlo eri tu! Quindi il gioco è finito troppo presto e mi sono divertito poco …”, risposi.

“Ti chiedo scusa, ma questa mattina ero molto confuso perché temevo di non fare in tempo ad arrivare a Fiumicino, per cui è facile che mi sia sbagliato. Lunedì ti dimostrerò che sono veramente Serafini, e che sono una persona che mantiene gli impegni. Ti devo lasciare perché sto decollando. Grazie ancora. Ciao a lunedì!”, e chiuse la comunicazione.

Ottimo, ora avevo il suo numero di cellulare, per cui potevo impostare qualche azione. Lo registrai in rubrica sotto il nome di “Simpaticone” ed entrai in ufficio.

La sera, mentre cenavo a casa, raccontai la storia accaduta. Quando parlai del comandante Carlo, mia moglie mi interruppe: “Il mondo è piccolo. Pensa che l’ho visto questa mattina in banca …era vestito da pilota ed era andato a protestare dal cassiere perché al bancomat, all’esterno, aveva avuto 250 Euro tutti in banconote da 10 e non da 50 come normalmente accadeva. Ho chiesto all’impiegato che mi stava servendo chi fosse, ed egli mi ha risposto che era il comandante Carlo Alberto, persona molto simpatica, e loro cliente da anni”.

“Ferma tutto! Lo chiamiamo subito e ridiamo un po’!”, dissi avendo una piccolo lampo … Presi dal portafoglio il suo bigliettino, chiesi a mia moglie l’ora precisa che ebbe modo di riscontrare sulla ricevuta della banca, e feci il numero di cellulare di Carlo Alberto, sperando che fosse il suo. Infatti mi rispose pronunciando il suo nome.

“Lei questa mattina con l’inganno mi ha derubato di 20 Euro! Ora me li restituisce subito o la denuncio …” Avevo messo il telefonino in viva-voce per fare sentire a mia moglie e ai miei figli.

“Chi? … io … derubato lei? … è uno scherzo …”, mi rispose sorpreso.

“Confermo, stamani all’autogrill, sul raccordo. Ho qui il suo biglietto da visita che mi ha dato personalmente. In più, da indagini fatte, risulta chiaramente che lei questa mattina era rimasto senza soldi … per cui li ha estorti a me con l’inganno …”.

“Come fa a sapere che ero senza soldi?”, mi chiese preoccupato.

“Confermo! Lei questa mattina ha prelevato 250 Euro in banca perché aveva già dopo che lei mi aveva estorto i 20 euro di benzina alle nove e trenta sul raccordo anulare. Ha prelevato alle ore undici e zero sette 250 Euro in banconote da 10 euro! Mi conferma tutto questo o vuole mentire?”.

“Come fa a sapere tutto questo? Chi è lei?”.

“Sono un agente dei servizi segreti per cui non posso darle il mio nome. Giovanotto. hai finito di giocare al pilota che ha lasciato le chiavi in casa e di appostarti negli autogrill per derubare la gente … per mettere la benzina nell’auto e girare a sbafo con i soldi degli altri. Io ti rovino!”

Silenzio assoluto. I miei figli ridevano a crepapelle e mi imploravano di finirla.

“… e poi perché quando prima ti ho chiamato mi hai detto di essere il comandante Serafini, dandomi delle false generalità?”

“Ascolti … forse ho capito di chi si tratta … io non c’entro. C’è in giro nel nostro ambiente un truffatore che si spaccia per pilota. Purtroppo ha fregato anche me e anche Serafini. Senta io ora sto per decollare. Se vuole ci possiamo vedere domani a Roma …”.

A questo punto era il caso di interrompere lo scherzo, soprattutto pensando ai passeggeri che aveva dietro.

“Tranquillo! Sono un amico di Marcello e non sono un agente segreto. Scusa se ho scherzato. Penso sia il caso che ci vediamo, perché la situazione è seria … chiamami pure a questo numero quando rientri, visto che anche io abito a Rieti”.

Chiusa la comunicazione, rimasi a parlare con i miei famigliari dell’accaduto, cercando di capire meglio la situazione. Il giorno successivo, avendo dormito sopra “l’argomento”, iniziai a fare delle considerazioni meno goliardiche: e se quel signore utilizzasse il mio biglietto da visita spacciandosi per me mettendomi in una situazione critica di fronte alla giustizia? … poi hai voglia a spiegare che io non c’entro e che sono vittima di una truffa … niente, bisogna che vada a denunciare l’accaduto alla Polizia. Intanto metto un punto fermo … Mentre ero assorto in queste riflessioni mi arrivò la telefonata di Carlo.

“Scusa se non ci possiamo vedere direttamente perché ho un impegno qui a Roma, però ti posso spiegare la situazione anche per telefono … ho incontrato quel signore una sera tardi mentre rientravo a casa all’autogrill di Settebagni. Ero in divisa Alitalia e stavo prendendo un caffè quando questo si avvicinò spacciandosi per un collega. Parlammo un po’ del nostro lavoro poi mi disse che aveva ricevuto l’incarico da una compagnia inglese che stava nascendo, di selezionare dei piloti. La compagnia era seria e disponeva di mezzi sia tecnici che finanziari, per cui gli stipendi erano sicuri e più alti di circa un 50% rispetto all’Alitalia. Gli risposi che io stavo bene dove ero per cui non ero interessato. Ci scambiammo i biglietti da visita e io scrissi sul mio, dietro sua richiesta, il numero del cellulare. Dopo circa un mese mi arrivò una telefonata. Era lui che mi confermava che la compagnia aveva iniziato l’attività e che aveva assolutamente bisogno di vedermi. Fissammo un appuntamento in un albergo non distante da Fiumicino. Accettai solo per una curiosità personale in quanto non avevo nessuna intenzione di cambiare “bandiera”. Quando arrivai era nella hall, seduto in una poltrona, davanti ad un tavolo di cristallo pieno di fogli di carta. Aveva in mano una cartellina che stava leggendo con gli occhiali sulla punta del naso. Vicino ai piedi, una borsa da pilota di cuoio nero, aperta. Fece finta di vedermi solo quando fui vicino e con la cartella in mano si alzò per salutarmi. Aveva l’aria di chi è molto indaffarato e che non può perdere un secondo del suo tempo prezioso … io lo guardavo incuriosito cercando di capire dove volesse arrivare. – Come puoi vedere quello che ti avevo detto si sta concretizzando – mi disse.- La compagnia ha iniziato la sua attività e io sono il responsabile della selezione dei piloti. Mi hanno dato un mese per completare l’organico e mi mancano ancora solo due piloti. Tutti quelli che ho contattato hanno accettato con entusiasmo sia per la serietà della compagnia che per i soldi in più che ho offerto loro. Conto molto su di te perché le informazioni che ho avuto sul tuo conto sono ottime e, dopo il necessario addestramento, potresti diventare capo pilota della compagnia. Ho già preparato una lettera di assunzione e se tu firmi sei già dei nostri -. Mi mise in mano una lettera con tanto di intestazione di una compagnia aerea e stipendio da sogno … e, dato che era più piccolo di me, mi guardava da sopra gli occhiali che teneva sulla punta del naso. Nella mia vita non avevo mai creduto ai colpi di fortuna, per cui ero molto perplesso sull’operazione, anche se mi incuriosiva. Inoltre ero nato in Alitalia e mi sembrava di commettere un tradimento, solo a leggere quella proposta. Mentre mi rigiravo fra le mani quei fogli, lui si allontanò di circa un metro, prese il cellulare dalla tasca interna della giacca, compose un numero e iniziò a parlare avvicinandosi a me. – … come vogliono degli altri soldi per l’operazione? Come faccio se al momento non ne ho più sul conto! … li vogliono subito?”, in quel momento il telefonino squillò.

– Strano! – Pensai io. Sta telefonando e sullo stesso telefonino arriva una telefonata? Devo dire che la cosa mi lasciava molto perplesso.

Rispose a questa nuova telefonata allontanandosi in modo che io non lo potessi udire. Avevo capito che dall’altra parte c’era uno che doveva subire un’operazione e che occorrevano dei soldi.

Finita la telefonata, si riavvicinò e, chiedendomi scusa, mi disse che era in una situazione terribile, perché sua figlia, ammalata di tumore, doveva subire una delicata operazione in una clinica inglese per la quale lui aveva già pagato 5000 sterline. Ora, all’ultimo minuto, volevano altri soldi e lui non sapeva come fare … e mi guardava implorandomi.

Era una situazione imbarazzante, per cui, preso da un momento di compassione, aprii il portafoglio. Avevo solo due pezzi da 50 euro, ne presi uno e glielo diedi, contento di fare una buona azione. Li prese immediatamente facendoli sparire nella tasca interna della giacca e ringraziandomi in un modo esagerato. A quel punto mi venne un dubbio: con 50 euro poteva fare ben poco, allora perché era così contento … poi il telefonino che squillava mentre lui telefonava …

– Scusa, come mai mentre telefonavi ti è arrivata una telefonata? -, gli chiesi.

– Questo è un telefono ultima generazione che ha due schede. Ce ne sono pochi in giro perché sono appena usciti -, mi rispose mentre riponeva i fogli di carta dentro la borsa.

– Mi devi scusare, ma devo scappare per mandare i soldi alla clinica per l’operazione di mia figlia … ti richiamo io appena potrò … -, mi disse scuotendo la testa e dandomi la mano. Sparì in un attimo e io rimasi pensieroso. La faccenda non mi tornava.

Dopo circa due settimane mi richiamò per dirmi che sua figlia, grazie anche a me, stava meglio e che potevamo incontrarci per definire la mia assunzione. Gli dissi di no, pur sapendo che in questo modo non avrei più visto i miei 50 euro. Pazienza … non mi interessava la sua offerta e non mi piaceva la persona. Percepivo un’aria poco “pulita”, anche senza andare a indagare troppo … alla larga da certe persone!!!”.

“Hai certamente fatto bene”, gli risposi, dopo aver ascoltato la sua storia. “Ora però è opportuno che mettiamo un fermo a questo individuo, perché va in giro a spacciarsi per uno di noi. In questo momento ha in mano un mio biglietto da visita. Non vorrei che mi mettesse nei pasticci facendo una truffa a mio nome … penso sia il caso di tutelarci con una denuncia. Anzi se sei d’accordo potremmo andare al più presto in Questura …”.

“Va bene”

“Ok, vedrò di prendere un appuntamento, ho qualche amico lì”.

Trovai il capo della Squadra Mobile disponibile ad ascoltarci. Così, dopo due giorni, incontrai davanti alla Questura il pilota “alla Bud Spencer” … alto, grande e simpatico. Camminava proprio come il grande attore. Salimmo insieme le scale e arrivammo in una saletta, in attesa di essere ricevuti.

Sapevo che il capo della Squadra Mobile era una persona dinamica e valida, con dei notevoli risultati alle spalle. Le pagine dei quotidiani erano sempre occupate a riportare le sue imprese, non solo a livello locale ma anche nazionale. Passava per uno che non perdonava nulla e che portava sempre a termine le sue indagini con l’arresto di chi commetteva reati nella speranza di farla franca.

Entrammo poco dopo nel suo ufficio. Lui si alzò e ci venne incontro, dandoci la mano con un largo sorriso sincero. Ci fece accomodare e ci chiese di raccontare la nostra avventura. Iniziai io, poi proseguì Carlo Alberto. Ci ascoltava in silenzio e con la massima attenzione. La storia gli piaceva tanto che alla fine disse: “Gli possiamo fare un bel trappolone! … avete idea dove possa abitare o, meglio ancora, quale sia il suo nome?”

Carlo Alberto si prodigò in un grande sforzo di memoria e a poco a poco iniziò a pronunciare delle lettere che non avevano senso, poi man mano, tra un aggrottamento di ciglia e un sorriso di compiacimento, spuntò dalla sua bocca un nome: “Franceschini, sì, proprio Fanceschini! Ma il nome non lo ricordo. Mi sembra però che abitasse nella zona di Passo Corese”.

Il poliziotto sorrise soddisfatto e iniziò una ricerca sul computer dei “Franceschini” con precedenti penali. “Questo … guida in stato di ebbrezza … quest’altro abita a Milano … questo è troppo giovane … no così non arriviamo da nessuna parte … proviamo a chiamare la stazione dei Carabinieri di Passo Corese!”.

Mise il telefono in viva-voce chiedendoci di intervenire per fornire eventuali chiarimenti. Dopo 4 squilli: “Stazione dei Carabinieri di Passo Corese …”.

“Sono il capo della Squadra Mobile di Rieti e avevo bisogno di sapere se conoscete un certo “Franceschini” che si presenta in giro con falsi nomi …”.

Dopo un istante di silenzio, la risposta arrivò in perfetto accento romanesco sottoforma di urlo: “Miiitticooo!!! … è il migliore che c’è sulla piazza!!! Le sue imprese sono memorabili!”

“Lo conoscete bene?”, domandò stupito il capo della Squadra Mobile.

“Certo che lo conosciamo bene! Gline potrei raccontare diverse … ma la più bella è la cena di Capodanno. Essendo un impiegato Alitalia, aveva affisso nelle varie bacheche della compagnia l’avviso che era stata organizzato una cena per il Capodanno, riservata solo ai dipendenti Alitalia … in un castello della Sabina al prezzo di 40 mila lire, di cui 20 da pagare subito e il resto in sede, prima della cena. Seguiva naturalmente la descrizione dettagliata del menù e del programma della serata. L’incontro era fissato a Fiumicino, dove un pullman avrebbe prelevato i partecipanti, alle 20 in punto. Le adesioni furono tante e tutti anticiparono volentieri le 20 mila lire, considerato il prezzo esiguo rispetto a quanto veniva offerto. La sera di Capodanno … tutti puntuali a Fiumicino in completo scuro, come richiesto, ad aspettare il pullman. Dopo circa due di ritardo e il telefono da chiamare in caso di bisogno che segnalava un numero sbagliato, i convenuti si resero conto di essere incappati in una truffa”.

Ci guardammo l’un l’altro e ci rendemmo conto che a noi, in fondo, era andata anche bene.

Il poliziotto, ritenendo di avere acquisito sufficienti notizie, ringraziò e chiuse la telefonata.

A quel punto Carlo Alberto disse: “Ora mi ricordo di Serafini, e posso spiegare perché abbia fatto quel nome. Serafini è un comandante della nostra compagnia che ha avuto la disavventura di incontrarlo e di dargli il suo biglietto da visita. Infatti, il gioco è sempre lo stesso. Questo Franceschini incontrò una giornalista e, con i suoi modi gentili, le racconta chissà quale storia e riesce a farsi “prestare” 3 milioni di lire con la promessa di restituirli dopo qualche giorno. Come garanzia, le lascia il biglietto da visita del comandante Serafini. Poi, naturalmente, sparisce, per cui alla malcapitata giornalista non resta che telefonare ai numeri riportati sul biglietto di Serafini. Dall’altra parte risponde la moglie di Serafini, il numero era proprio quello di casa, che dice che il marito non è in casa. Il giorno dopo la malcapitata richiama e trova ancora la moglie che inizia a insospettirsi per cui, al ritorno del marito, lo interroga su chi è questa Francesca che è la seconda volta che lo cerca a casa. Naturalmente Serafini non ne sa niente ed è vero. La giornalista richiama e la moglie un po’ alterata chiede spiegazioni. Questa racconta la storia del prestito, pregando la moglie di dire al comandante che lei esige la restituzione dei 3 milioni di lire. Potete immaginarvi la reazione della moglie che immaginava chissà quale relazione esistesse tra il marito, che continuava a negare tutto, e questa signora che continuava a chiamare … Alla fine Serafini incontra la giornalista che, sorpresa, si trovò di fronte ad un’altra persona, capì la situazione e, purtroppo, la malcapitata, come da copione, rimase con un pugno di mosche in mano.”

“Bene, bene … gli facciamo un trappolone noi, questa volta”, disse il capo della squadra Mobile, poi rivolgendosi a Carlo Alberto: “Ha possibilità di contattarlo al cellulare in modo che possiamo fissare un appuntamento e …”.

Carlo Alberto rimase interdetto.

Mi ricordai che io l’avevo. Era registrato sotto il nome di “Simpaticone”. Infatti lo trovai subito. “Eccolo qui il suo numero di telefono!”.

Entrambe lo registrarono.

“Ottimo, la richiamo io per dirle quando e dove fissare l’appuntamento, sperando che questo ci caschi. Però ora serve che facciate una denuncia ufficiale scritta, in modo che io possa muovermi. Se passate nell’altro ufficio c’è un Ispettore che può raccogliere la vostra denuncia.”

Lo ringraziammo, ci salutammo e passammo a fare la nostra deposizione scritta e firmata.

Uscimmo dalla Questura con uno spirito più sollevato in quanto ora era ufficiale che, se quel signore avesse utilizzato i nostri biglietti da visita per commettere dei reati, noi saremmo stati coperti legalmente.

Dopo circa un mese Carlo Alberto mi chiamò per dirmi che il trappolone era stato preparato al bar dell’aeroporto di Fiumicino e che Franceschini si era presentato puntuale all’appuntamento.

Due agenti, prontamente intervenuti, lo identificarono e lo condussero via.

E questa fu la fine dell’Arsenio Lupin della Sabina, il sedicente pilota dalle mille identità.






Narrativa / Medio-Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”