In un ampio alveare naturale nell’alta e verde valle del Sol, viveva una numerosa famiglia di api e tra di esse: Uco il più giovane e piccolo fuco.
Trascorreva il tempo imitando gli altri maschi, bighellonando nell’alveare, disturbando le api indaffarate e commentando e sparlando su di loro. Ma i discorsi più frequenti ed interessanti riguardavano il mitico incontro con Ozia, la regina; lui, come molti altri, non l’avevano mai vista eppure s’infervoravano nel descriverla facendo leva sulle proprie fantasie giurando agli altri di averla incontrata veramente.
Il più loquace del gruppo era Ioluco, il più anziano, più grosso ed arrogante, vantava incontri si prodigava in descrizioni lasciando gli altri stupiti ed invidiosi; fra i tanti, per l’eccessiva manifestazione di ammirazione, spiccava Soluco che non perdeva occasione per imitarlo ed incoraggiarlo.
Il piccolo Uco invece era da lui e da tutti gli altri bersagliato, deriso umiliato e, non potendo competere nei racconti, emarginato e, se chiedeva spiegazioni, gli altri per confonderlo gli indicavano le più goffe fra le api comuni giurandogli: “Quella lì è Ozia!”.
I fuchi avevano anche individuato un’area da usare come pista di simulazione dove allenarsi a correre, organizzando fra loro gare informali a cui tutti partecipavano ma che terminavano sempre col medesimo risultato: correttamente o scorrettamente il vincitore era sempre l’ irruente Ioluco tallonato da Soluco.
Proprio durante lo svolgimento dell’ennesima gara, la stessa zona fu pervasa da un grande fermento per il passaggio del corteo reale; allora tutto il gruppo abbandonò la corsa e s’accalcò per vedere Ozia, ma la calca rese difficile la visione.
Uco giunse per ultimo, trafelato e dovette arrampicarsi sugli altri. “Eccola Ozia” gli disse qualcuno e lui seguendo l’indicazione finalmente la vide. “Questa volta l’ho vista veramente, anzi sono sicuro che lei ha guardato nella mia direzione. E’ proprio bella non come le api noiose che ci ronzano intorno cariche di cibarie!” urlò felice e da quel momento non pensò ad altro, si isolò, sopportò indifferente scherzi ed angherie, non s’impegnò più nemmeno nelle gare preferendo rimanere disteso ad immaginare Ozia.
Passò del tempo e venne al momento del volo nuziale: Ozia si liberò nell’aria limpida e tutti i fuchi iniziarono ad inseguirla. Caparbio e rapido Ioluco superò gli altri concorrenti ed ingaggiò un vero duello aereo con la regina e riuscì a raggiungerla ma per meglio impressionarla volle superarla e girargli intorno bruciando così importanti energie ed acconsentendo a Soluco, secondo inseguitore, di agganciare Ozia ed accoppiarsi con lei. Il presuntuoso Ioluco non ebbe nemmeno il tempo di stupirsi ed indignarsi perché venne eliminato e dopo di lui tutti gli altri maschi.
Solo Uco continuò a volare indisturbato seguendo una sua propria pista: in tutto il tempo trascorso nell’alveare aveva immaginato l’inseguimento della sua regina e quando la vide ancora più bella rispetto la prima fugace visione, ignorando gli altri, si tuffò all’ inseguimento, per ben due volte la raggiunse ma lei riuscì a sfuggire, al terzo tentativo lui l’anticipò parandosi davanti a lei nei pressi di una cima di ciliegio, si meravigliò e si congratulò con se stesso per aver anticipato tutti (infatti nessun altro maschio era ancora nelle vicinanze). Ma con suo stupore l’ape che stava di fronte a lui l’apostrofò così: “Stai perdendo tempo, devi seguire il corteo degli altri perché io non sono Ozia la regina ma solo Jolia la sua ancella! Quindi lasciami” e tentò di riprendere il volo ma lui non volle sentire ragione e continuò a fiancheggiarla allontanandosi sempre più dalla sfida regale e iniziando a tesserle continui elogi e raffronti: ” La regina non è forse l’ape più bella dell’alveare? Ebbene tu sei la più graziosa e leggiadra delle api! La regina sa eseguire con maestria voli acrobatici? Sono sicuro che tu sia ancora più abile basta che provi!”
Lentamente Jolia si lasciò convincere, smise di respingerlo e continuò a volare con lui e quando Uco si fermò stremato ed affamato lei lo preservò e lo nutrì pur di continuare ad ascoltare i suoi incoraggiamenti. Poi lo condusse al riparo in un favo situato vicino all’alveare in modo di poterlo visitare e nutrire tutti i giorni volando con lui per sentirsi Regina.
L’accordo fra i due proseguì fino alla successiva primavera con reciproco vantaggio: il fuco ignorato dalle altre api visse indisturbato forte e ben pasciuto; l”ancella rinfrancata dai continui incoraggiamenti iniziò a raffrontarsi veramente con Ozia, durante il passaggio del corteo reale spesso riusciva già ad attirare su di se l’attenzione offuscando la sovrana, riuscì anche a creare attorno a se un clan di api convincendone alcune a lavorare per lei.
Quando il tempo fu maturo per un nuovo volo nuziale Jolia si prodigò per interferire col viaggio di Ozia per sostituirsi ad essa e riuscì a trascinare a se molti giovani fuchi, giunta nelle vicinanze della cima del noto ciliegio si ricordò di Uco ( che nei giorni precedenti al volo aveva trascurato) e s’accorse che non era tra gli inseguitori!
Infatti Uco sbaragliando tutti aveva raggiunto Ozia e … si era accoppiato con lei.
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