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La tartaruga

C’era una volta una tartaruga che voleva volare. Le altre le ripetevano che non era possibile. Ma lei testarda insisteva e non convinta si recò dal gufo che aveva fama di essere il più saggio degli animali. Giunta da lui gli espose il suo desiderio. – La volpe furba mi chiamata pazza. Il forte leone mi ha deriso. Il tenero agnello ancora si rammarica della mia stoltezza. Ma dimmi tu vecchio saggio è  davvero il mio desiderio irrealizzabile? – Sorella mia -, le rispose, – in vero nella mia lunga vita ho udito cose strane e inusitate. Ma mai ho sentito di una tartaruga che potesse volare. Orbene, sappi che la mia ignoranza di fatti simili non significa per te un divieto. Tu vieni ad abbeverarti alla fonte della mia saggezza, ma io posso offrire un magro ristoro alla tua sete. In sincerità l’unica cosa certa che posso dirti è  che non so nulla in proposito. Inutili fandonie sarebbero i miei consigli. Ora va,insegui il tuo sogno. Se non perderai la testa troverai la tua strada. – La tartaruga si mise in cammino per il mondo alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che potesse esaudire il suo desiderio. Oppure cercava la certezza di non poter volare. Giunta in una terra lontana le sembrò di aver trovato tale certezza. Un grosso avvoltoio aveva finito da poco di consumare il uso macabro pasto. La tartaruga gli si avvicinò e gli chiese: – Signore dei cieli, cerco una risposta, quale è  il segreto della tua maestosa arte ? Come ti è  possibile librarti nei cieli ?  E’ un dono di natura o si può acquisire ? Se ti annoia darmi una risposta dimmi solo se posso volare. – Tu sei cieca, rispose duro l’ uccello, – perché  non vuoi vedere. Recati  presso uno specchio d’acqua e li vedrai perché  ti precluso il volo. Non ci sono risposte da dare. Guarda il tuo corpo pesante. Guarda i tuoi arti privi di piume: solo se apri gli occhi puoi vedere quanto cerchi. – La tartaruga si mise in cerca di un corso d’acqua. Non cercava però uno specchio. Voleva uccidersi. Poi si ricordò delle parole del saggio gufo. Seguì il suo cuore e decise di non morire. La tartaruga camminò a lungo per valli e monti. Dalle steppe brulle alle umide savane. Girovagando per il mondo incontrò una volpe bianca. Narrati alla volpe i suoi desideri catturò la sua attenzione. Il furbo animale le disse di poterla aiutare. Conosceva delle pietre che posseggono la stessa forza misteriosa delle ali dei volatili. Tenendole in bocca la tartaruga avrebbe potuto volare. Non doveva che lanciarsi da una collina nelle vicinanze. Da principio la tartaruga fu entusiasta. Il cuore le batteva forte ed era decisa a realizzare il suo sogno. Poi salendo sulla collina notò alcuni animali che si raccoglievano a valle esattamente sotto il punto da cui lei avrebbe dovuto prendere il volo. La assalì un dubbio, immediatamente fugato dall’ entusiasmo. Quando però fu sul punto di spiccare il volo si ricordò delle parole del gufo. Allora usò la testa e decise di non  buttarsi. Scesa dall’altro lato scoprì che la volpe l’aveva ingannata e aveva venduto la sua carcassa. Ripreso il viaggio la tartaruga giunse ai piedi di un monte. Il cuore le diceva che il momento della verità era vicino. La testa decise di salire verso gli strani bagliori che si trovavano in cima al monte. La scalata fu dura e richiese molto tempo. Sulla sommità, la tartaruga era ormai stremata e vide la causa dei bagliori visti prima. Un angelo sedeva in cima al monte sorridendo. Prima che l’animale proferisse parola, la lucente figura alata lo prese per mano. La tartaruga volò insieme all’angelo. Vide i monti e le valli che aveva percorso nel suo viaggio, e mille altri ancora di cui non aveva mai neanche udito parlare. Vide coste dalla forma inusitata, corsi d’acqua larghi come laghi e laghi ampi come mari, vide uccelli che non sapevano volare e  gatti maculati veloci come il vento, vide cavalli striati e uccelli colorati, vide pesci enormi e topi volanti, alberi eterni e fiori carnivori. Soprattutto vide bestie folli ed incoscienti distruggersi a vicenda o lasciarsi marcire nell’ animo come cadaveri ancora in vita: vide esseri nati per correre e volare ridotti a vegetali per loro scelta. –  Sciagurati -, pensò, – tutti perdono la testa e nessuno è  più capace di seguire il cuore -. Il volo durò a lungo. O forse un attimo. Fatto sta che la tartaruga si trovò in una terra sconosciuta. Il suo sogno era stato esaudito.


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Massimo Famularo

Aeroporto

Ecco che sento di nuovo quella vibrazione. Quel senso di eccitazione e piacere, quasi come se il viaggio fosse lo scopo e non il mezzo. Le migliaia di persone che formicolano nelle sale d’attesa, con mille storie, i negozi cari e ovvi, il profumo artificiale e soprattutto quel ronzare basso degli aerei che atterrano e partono, portando con loro carichi di pensieri. Come sembrano grandi nel buio. Le piccole finestrelle come cento occhi e quella grande coda colorata. Un paesaggio del futuro, fuori di questo terminal che sembra anch’esso la pancia di un aereo. La luce dell’alba si fa avanti piano sul grande campo di operazioni. Non c’é nessuna piccola sagoma umana là fuori. Solo grossi mostri alati che vibrano, luci intermittenti e macchine di servizio ausiliarie.

Iniziano ad arrivare persone. Come sempre sono in un tremendo anticipo, per godermi con calma le sensazioni che si incollano piano sulla mia pelle, una dopo l’altra, una alla volta. Libertà, calore, solitudine, malinconia.

Iniziano ad arrivare persone e con loro anche la luce oscena. É come svegliarsi un’altra volta. Un altro traumatico passaggio alla coscienza. Voci forti, chiassose. Luce chiara, appuntita. I grossi mostri alati non fanno più paura, non sembrano più venuti da un altro mondo. Non sembrano più Dei alieni da adorare e temere. La gente aspetta di riempirli. Come semplici aerei da trasporto passeggeri. La luce é apparsa del tutto.


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Fabbrix

Il volo

Tutti da bambini voliamo! Anzi la cosa certa è che iniziamo a volare prima di saper camminare. Perché, mentre la capacità di volare è una qualità che nasce con noi, quella di camminare bisogna acquisirla. Poi crescendo, la qualità innata, è sostituita da quella acquisita. Da piccoli si comincia a volare subito appena nati e se non fosse per gli adulti, si rimarrebbe sempre in volo. Sì perché il volo avviene sempre durante le distrazioni degli adulti. Più si distraggono più si vola. Ogni occasione è buona per librarsi in aria, prima solo per pochi attimi perché genitori e parenti ci controllano continuamente, poi sempre di più, minuti, ore. Alcuni bambini prendono il volo per sempre, beati loro! Senza nessuno che li controlli! È una sensazione straordinaria, e riviverla da adulti lo è molto di più, qualcosa di indescrivibile. Sentire l’aria fresca avvolgerti, guardare negli occhi gli uccelli dentro il loro nido, sfiorare un aereo con le mani. Favoloso! Non crediate che sia una cosa semplice, anche se tutti possono riuscire a farlo. È necessario però credere fermamente e tornare indietro, non solo con i ricordi, ma con l’anima, di più, sempre più indietro nel tempo, fino al momento della nascita. I ricordi sono ben custoditi, al sicuro in un angolo della mente. È lì che bisogna arrivare, lì c’è spiegato tutto. Non è come credete e come anch’io credevo prima! Non è necessario agitare freneticamente le braccia, non serve. Non bisogna assumere una posizione simile a quella di Superman, sarebbe ridicola. Poi bisogna fare molta attenzione a non cercare di allenarsi volando giù dalla finestra o da un precipizio. Servirebbe solo a lasciaci la pelle. Non è così che si vola. Vi renderete conto da soli che siete pronti quando, concentrandovi sui primi attimi della vostra esistenza, sentirete un brivido improvviso percorrervi dalla testa ai piedi, entrarvi nelle ossa, nei muscoli, nel sangue e liberarvi da tutto il peso del vostro corpo. Come per magia, pian piano vi solleverete dal suolo. Bastano già pochi centimetri per darvi quella sensazione meravigliosa che è il volo. E un nuovo mondo insospettato vi si mostrerà nella sua interezza. Vedrete tutti quanti gli altri che hanno reimparato a volare. Non siamo in molti per la verità, a parte i bambini. Ma anche quelli cominciano a scarseggiare. È inutile che vi sbracciate a salutare parenti e conoscenti mentre siete in aria, nessuno può vedervi. Solo chi vola vede chi vola! Avete mai visto nessuno volare?


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Emtes

Volare

Mi ricordo che quando ero vecchio scoprii un luogo che, per me, poi diventò sacro. Quel posto, forse dimora dei sogni, rimarrà per sempre avvolto nel mistero. Era un luogo ove trascorrevo buona parte delle mie giornate. Quando avvertivo una leggera brezza, capivo di essere giunto quasi alla fine del sentiero. In quel momento, il corpo cominciava a svuotarsi donandomi una sensazione di pace. In quel magico stato chiudevo gli occhi, continuavo a camminare solo di qualche passo e poi mi fermavo. Quando riaprivo gli occhi, dinanzi a me, si presentava un panorama stupendo. Il mio sguardo finalmente poteva spaziare senza incontrare alcun ostacolo: era libero! Gioiosamente libero! Allora, esso scendeva giù a strapiombo sfiorando le onde del mare. Risaliva rapidamente attraversando, con rispetto, i secolari alberi d’olivo; e, ancora, arrivava a sfiorare quelle casette bianche per poi sparire dietro le isolette sparse sul mare. Eccolo, ricomparire eccitato, accompagna in volo dei gabbiani, lasciandoli poi per ritornare sempre triste, dopo aver finito troppo in fretta quella gioiosa corsa. Ecco, forse, in quella visione e in quelle sensazioni era racchiuso il senso di tutta un’esistenza. Un giorno, proprio in quel luogo, mi accadde qualcosa di prodigioso. Ascoltate. Dopo aver liberato il mio sguardo, come sempre, nel panorama stupendo, mi accorsi che dietro di me cominciavano a fermarsi dei gabbiani. Erano tanti, tutti alle mie spalle; immobili, come incantati, osservavano il vuoto dinanzi, così come facevo io. D’improvviso, quelle creature, cominciarono a danzare ed emettere dei suoni che crearono una musica irreale. Si strinsero intorno a me e sollevarono il mio corpo. Incantato li lasciai fare. Sentii nascere dai piedi qualcosa d’indescrivibile che iniziò ad investirmi tutto. Stava per accadere qualcosa di straordinario. Un attimo e i gabbiani mi lanciarono nel vuoto! Ebbi paura. Provai terrore, ma tutto svanì quando avvertii di abbandonare per sempre il mio corpo. Ebbi la sensazione di abbracciare tutto lo spazio intorno, poi la Terra ed infine l’Universo intero. Fu, in quell’istante, che realizzai: stavo volando! I gabbiani mi guidarono delicatamente e mi portarono a sfiorare la superficie del mare. Attraversammo gli olivi secolari, passammo dinanzi alle casette bianche e dietro le isolette, dove sparimmo per sempre. Questa è l’ultima cosa che ricordo della mia vita da umano: l’ultima e sola splendida esperienza. Ma, prima di allora, cosa era stata la mia vita? Era esistita realmente? Avevo amato? Avevo sofferto? Avevo gioito? Sono domande che oggi non hanno più alcun senso. Oggi, è un giorno speciale! L’Universo mi ha donato una nuova vita. Mi ha donato le ali e la libertà. Oggi, sono rinato gabbiano e sono immensamente felice. Da oggi, ogni giorno sarà semplicemente meraviglioso, perché da qualche parte, sulla Terra, qualcun altro aspetterà di volare.

E, ascolteremo così, un nuovo e silenzioso battito d’ali.


 

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Maribù Duniverse

Il coniglio si prende senza correre

Era la sua centotreesima ora di volo per quella compagnia. Duecentodue in tutta la sua giovane carriera. Sua moglie si chiamava Patrizia ed era di Pachino, provincia di Siracusa. Era siciliana come lui, con la differenza che, compiuti sei anni, la sua famiglia l’aveva trascinata a spasso per il nord del paese, Lombardia prima (Monza, Milano, Lodi), a Torino ed Asti, in Veneto poi (Verona). Salvo scelse il continente dopo aver completato gli studi tecnici nella sua città natale, Messina. Servizio militare nell’aeronautica italiana, poi la decisione di voler fare il pilota. Era rimasto nell’esercito dai diciotto ai ventinove anni, poi il matrimonio con Patrizia, la casa a Verona (di lei), il passaggio agli aerei civili nella più grande compagnia nazionale. Pilotare aerei era per lui un lavoro come gli altri. Se fosse rimasto nella sua città probabilmente sarebbe finito su di una nave traghetto a solcare giornalmente lo Stretto di Messina; aveva scelto il cielo al mare. Salvo e Patrizia non avevano avuto figli, per volontà di lei. Patrizia non aveva mai lavorato, era laureata in Economia e Commercio ma, tranne qualche timido tentativo nello studio di un suo zio commercialista di Asti, aveva preferito fare la casalinga. Salvo era il suo secondo marito. Il primo si chiamava Enrico ed era un avvocato milanese con interessi lavorativi in Veneto. Salvo aveva trentasette anni quando si sposò con Patrizia. Patrizia ventinove. Enrico cinquanta quando si separò da Patrizia dopo due anni di pacata convivenza coniugale. Nessun figlio nemmeno dal primo matrimonio. La scatola nera appartenuta all’aereo pilotato da Salvo e precipitato la mattina del diciannove Settembre fu ritrovata nel mare Adriatico solo sei giorni dopo. Tutti i corpi dei passeggeri e dell’equipaggio furono restituiti dal mare dopo tre giorni di ricerche da parte delle squadre di soccorso. Tutti tranne il corpo del capo pilota, Salvo. L’aereo si era inabissato nell’Adriatico alle ore sette e trentadue minuti. Nessuna perturbazione in corso, nessuna comunicazione via radio, nessun segnale di difficoltà. Nulla. A bordo vi erano centotrenta passeggeri e sette membri d’equipaggio. Ecco quanto è stato reso noto dell’ultimo dialogo fra il secondo pilota, Paolo Anselmi, e Salvo. Sono le ore sette e cinque minuti di Martedì diciannove Settembre: – Paolo – “Sette per sette?” – Salvo – “Quarantanove…” – P – “Sette per sei?” – S – “Quarantadue…noiose le tabelline eh!!!” – P – “Allora…Vediamo un po’…Picasso?” – S – “Il Foggia di Zeman” – P – “Stagione?” – S – “Mmmm non lo so.” – P – “Adesso tocca a te” – S – “Il coniglio si prende…?” – P – “Cosa???” – S – “Il coniglio si prende?” – P – “Ah…Il Coniglio si prende…Senza correre…!!! Giusto?” – S – “Si. Facciamo perdere quota all’aereo, ci schiantiamo e moriamo tutti in un botto?” – P – “Solo se finiamo in mare!” – S – “Lo faccio piano piano così lì dietro non se ne rendono conto.” – P – “Ci vorrà un tocco vellutato!!” – S – “Chiudi la Porta e ti faccio vedere io!” – P – “OK!” – S – “Riprendiamo il gioco intanto” – P – “OK! Secondo me fra poco inizieranno ad accorgersene…” – S – “Gerico?” – – P – “Mmmmm, non lo so…” – S – “A te!” – P – “Non mi viene niente, si può passare?” – S – “Non lo so. Facciamo di no.” – P – “Va bene, trovato!” – S – “Spara!” – P – “With a little help for my friends?” – S – “Joe Coker” – P – “Sbagliato, Beatles!” – S – “No no, Joe Coker!!!” – P – “Prima Beatles…” – S – “Conosco solo la versione di Woodstock. Li senti? Hanno incominciato a sbraitare!” – P – “Continuiamo il gioco”.


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Graziano Delorda