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Un dono d’ali

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina

titolo: Un dono d’ali

autore: Richard Bach

editore: Rizzoli

anno di pubblicazione:  1987

ISBN versione cartacea: 9788817851060





Richard Bach ha scritto parecchi libri. Il primo è stato subito un successo. Si tratta di “Il gabbiano Jonathan Livingston”. Poi ne sono seguiti altri, tutti bellissimi.

Insieme a “Biplano”, questo è forse il mio preferito.

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
La copertina del libro semplice ed evocativa: in uno sfondo piuttosto scuro, l’unico bagliore di cielo chiaro avvolge il biplano in volo

“Un dono d’ali” contiene i punti salienti di quindici anni di vita di Bach. Lui ha imparato a scrivere intanto che imparava a volare.

Non è un libro riservato a chi vola. Però chi vola capisce immediatamente ogni parola, ogni sillaba di questo libro.

Gli altri, quelli che non volano, sono forse coloro che più possono beneficiare della lettura di “Un dono d’ali”, perché saranno portati alla comprensione della gioia e del significato del volo. Ne conosceranno gli ingredienti straordinari fatti di avventura, libertà, ricerca della perfezione, tecnica e filosofia della vita.

Il lettore verrà proiettato in un mondo fatto di persone un po’ “speciali”, che potrebbe incontrare nella vita di tutti i giorni senza riconoscerle. Dal fornaio, al supermercato o all’ufficio postale, l’uomo tranquillo che sta facendo la fila potrebbe essere un pilota appena sceso da un mondo fatto di nuvole e sole, orizzonte piatto o montagne altissime, che sotto di lui apparivano come un’increspatura della terra.

Bach stesso incontra una di queste persone, su un aereo di linea che attraversava l’America da S. Francisco a Denver. Per novecento miglia l’uomo gli racconta della sua vita di pilota, della guerra, dei trasporti di soldati, di Iwo Jima etc. Poi, in cinque secondi gli liquida i ventitré anni passati dopo la guerra, a fare il commesso viaggiatore.

Perché volare è una passione fortissima, talmente forte che a volte si considera questa come l’unica ragione di vita.

Bach dice:

”Chiedimi perché volo e non saprei cosa dire. Invece, potrei portarti su un aeroporto, un sabato mattina, alla fine di agosto….”

E’ quello che facciamo noi piloti. Non possiamo spiegare la passione per il volo, ma spesso portiamo qualcuno con noi in aeroporto, andiamo in volo e dopo, forse, il nostro passeggero ha un’idea più chiara del perché voliamo.

Un dono d'ali - Richard Bach - Retro
La retrocopertina del libro con l’elenco degli altri volumi di questo autore, informazione assai utile per chi voglia leggerli o collezionarli.

Ogni capitolo contiene un pezzettino di spiegazione del perché amiamo così tanto questo mondo fatto di macchine di legno e tela, o di metallo lucidissimo, di motori che hanno ognuno la propria voce caratteristica, fatto di odori tipici, di olio e benzina, fatto di racconti, di meccanici sui quali riponiamo una fiducia assoluta, fatto di comunicazioni radio, fatto di numeri e sistemi di misura aeronautici, di vento, di temporali, piste, circuiti di traffico, navigazione…

Ogni capitolo trasferisce nella mente del lettore un po’ della mente di un pilota. Alla fine il lettore non diventerà pilota, ma comprenderà meglio la sua mentalità.

I libri di Bach non sono difficili da trovare. Basta entrare in qualunque libreria e se proprio non lo troviamo da soli, chiedere al commesso … sicuramente ve ne troverà una copia.



Recensione a cura di Evandro Detti

Biplano - Richard Bach - Copertina
Biplano
Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
Un dono d'ali

Biplano

Biplano - Richard Bach - Copertina

titolo: Biplano

autore: Richard 1981

editore: Rizzoli

anno di pubblicazione: 1981

ISBN versione cartacea: non disponibile





All’inizio degli anni sessanta Richard Bach possedeva un meraviglioso aeroplano Fairchild 24 del 1946, modernissimo per l’epoca. Era completamente rifatto, come nuovo di zecca, anzi, meglio che nuovo di zecca.

Biplano - Richard Bach - Retro
La retrocopertina del libro di una delle prime edizioni in italiano. Da notare il prezzo ancora espresso in lire.

Con quella macchina meravigliosa aveva volato per migliaia di chilometri per tutti Gli Stati Uniti. Da solo o con la famiglia, a bordo di quell’affidabile aeroplano era andato ovunque senza il minimo problema.

Un giorno si mise alla ricerca di un vecchio biplano e alla fine lo trovò.

Era un Parks P-2A. Anzi, per dirla tutta era uno Speedster Detroit-Ryan 1929, modello Parks P-2A.

Un vecchio aeroplano.

Dopo una amichevole trattativa concluse l’affare. Avrebbe preso il biplano scambiandolo con il Fairchild. Una vera follia.

Il biplano apparteneva ad un certo Evander M. Britt, il quale non era neanche troppo convinto di fare un gran buon affare, ma gli aerei vennero scambiati. Bach partì quindi dalla costa Est degli Stati Uniti per portarsi a casa il biplano, fino alla costa Ovest. Un viaggio di più di cinquemila chilometri.

Il libro parla di questo viaggio.

Ma un aereo può non essere semplicemente un mezzo per andare da un posto all’altro. Spesso è molto di più.

Anche questo “molto di più” costituisce il contenuto del libro. Come al solito lascio a chi legge il piacere di scoprire di cosa si tratti.

La bella copertina dell’edizione pubblicata nel 2012 del libro di Richard Bach

Posso solo aggiungere che in questo caso il viaggio si sdoppia. Oltre a quello attraverso gli spazi immensi dell’America c’è un altro viaggio attraverso il tempo. Il biplano è del 1929 e insieme a lui Bach ha comprato la tecnologia del 1929, i problemi, i criteri, il rumore del motore del 1929, gli odori della cabina, della tela e dei coloranti e delle colle del 1929 e così via.

Pian piano, lungo questi due viaggi paralleli, il biplano riporta in vita una gran quantità di elementi di cui si era perduta la memoria. Sono tutti lì, nel libro, ed emergono uno alla volta, ininterrottamente, sorprendendo anche noi piloti che ci crediamo tanto esperti.

Il motore, ad esempio, è un cinque cilindri stellare, senza cappottatura, la corrente per il suo funzionamento è assicurata da due magneti, anch’essi esterni e quindi poco protetti. In caso di pioggia, se i magneti si bagnassero, il motore si pianterebbe. E sul fatto che il motore si pianti, prima o poi e per un motivo o per un altro, ci si può contare. Dunque, secondo la mentalità dei piloti del 1929, durante il volo la rotta deve necessariamente andare da un campo atterrabile ad un altro. E se la distanza tra due campi atterrabili fosse troppa, allora bisogna salire di quota, per avere comunque una planata utile per raggiungere un punto dove posarsi sani e salvi.

Biplano - Richard Bach - Copertina
La copertina del libro. Si notino i segni di consuzione, dimostrazione di quante volte il libro sia stato letto dalla medesima persona

L’aereo teme il vento laterale all’atterraggio.

Se si rompe qualcosa bisogna sapere come riparare il danno, secondo le tecniche del 1929.

La potenza è quella che è. Il motore gira a 1750 giri al minuto, con il suo caratteristico rumore che richiama la sequenza degli scoppi nei cilindri: 1 3 5 2 4. Basta pronunciare questi numeri in sequenza ripetutamente per “sentirne” il rumore, la voce del Parks.

Indubbiamente una macchina di gran fascino. Anche se questo, per le nostre menti moderne, non spiega come si possa scambiare un Fairchild con un Parks.

Bach stesso è consapevole di fare una follia, ma in poche parole riesce a darcene una sorta di ragione. Dice:

“So soltanto che voglio questo biplano. Lo voglio perché voglio viaggiare attraverso il tempo e voglio pilotare un aereo difficile e sentire il vento mentre volo, e che la gente guardi, veda, sappia che la gloria esiste ancora. Voglio esser parte di qualcosa di grande e di magnifico”.

Ci riuscirà? Se leggerete il libro lo saprete, ma aspettatevi di passare attraverso un mare di disavventure insieme a Bach.

Di solito non si dice mai come una storia va a finire. Stavolta farò un’eccezione. Volete sapere quali sono le parole che chiudono il libro?

Sono quattro: ne valeva la pena.



Recensione a cura di Evandro Detti

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
Un dono d'ali

Storia di un Aeroporto – Da Roma Littorio a Roma Urbe

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina Fronte

titolo: Storia di un aeroporto – Da Roma Littorio a Roma Urbe

autore: Alfredo Stinellis

editore: IBN editore

anno di pubblicazione: 2007

ISBN versione cartacea: 978-8875650391





Ogni aeroporto ha una storia. E spesso si tratta di una lunga storia, intrisa di fatti e avvenimenti che si intrecciano con l’intera storia di una nazione e del mondo intero.

Molti aeroporti erano, all’origine, semplici campi pianeggianti, neanche troppo ampi, dove, agli albori della storia dell’aviazione, fragili accrocchi di legno e tela avevano avuto l’ardire di staccarsi da terra per pochi istanti.

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina retro
Il retro del libro con una serie di fotografie che lasciano presagire le molteplici attività svolte nell’aeroporto cittadino nel corso degli anni. Sono tutte raccontate all’interno delle 255 pagine di questo lodevole volume

Dopo, quei campetti erano cresciuti, in dimensioni e dotazioni tecniche, man mano che le necessità operative aumentavano di giorno in giorno. Il loro sviluppo ha seguito di pari passo quello degli aeroplani, fino ai giorni nostri e ancora continua.

Altri aeroporti, inclusi gli idroscali (e soprattutto gli attracchi per i dirigibili) sono stati abbandonati. E oggi di loro resta ben poco se non niente. Nel nostro paese sono in stato di abbandono parecchi siti che hanno un altissimo valore storico. Solo per nominarne alcuni: Centocelle a Roma, Vigna di Valle sul lago di Bracciano, Furbara, Orbetello, ma anche Gorizia etc. Ma potrei continuare per una pagina intera.

L’aeroporto dell’Urbe, ormai divenuto il city airport di Roma, ha seguito la stessa evoluzione.

Un sito storico per eccellenza, ha visto scorrere la storia della nostra aviazione adeguandosi e pagandone le conseguenze: inondazioni da parte del vicinissimo Tevere, lavori mal eseguiti, bombardamenti e mala gestione, ma anche tanta autentica passione per il volo e dedizione da parte di personaggi illustri che hanno lottato per preservarlo. Ebbene questi sono i fatti salienti che lo hanno portato fin qui.

Oggi l’aeroporto dell’Urbe funziona ancora, vi risiedono diverse scuole di volo, un reparto volo della Guardia Forestale e altre società che operano con elicotteri. Infatti l’aeroporto dell’Urbe guarda ora al futuro più come eliporto. E questo tende a nasconderne il glorioso passato.

Per fortuna esistono persone che, dopo aver attraversato la storia da protagonisti, prendono una penna e un pacco di carta, oppure afferrano la tastiera di un computer e scrivono le loro memorie. Di solito si tratta di persone generose che vogliono condividere la loro conoscenza con altri che vorrebbero conoscerla, ma non ne avrebbero la possibilità. Spesso sono collezionisti che per anni e anni accumulano in una stanza o in un garage ogni genere di documento. E poi un giorno rispolverano tutto e pubblicano un libro.

Uno di questi è un mio collega, controllore del traffico aereo, attualmente in pensione, ma che all’Urbe ha lavorato qualche decennio proprio in Torre di controllo.

Lavoravamo insieme, in turno e spesso lo vedevo trafficare con pacchi di fogli scritti e documenti. Nelle pause di lavoro si metteva a scrivere e a correggere. Un giorno non ho resistito alla curiosità: gli ho chiesto cosa stesse facendo. Scriveva la storia dell’aeroporto dell’Urbe.

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina Fronte
In copertina l’ingresso monumentale dell’aeroporto. Lo stile umbertino  della colossale porta di accesso oggi spicca più che mai lungo l’austero muro di cinta dell’area aeroportuale, diventato il margine di  separazione da un’arteria trafficatissima come la strada consolare SS-4 Salaria.

 “Storia di un aeroporto” è nato così.

Alfredo Stinellis è un collezionista e anche un grande appassionato di storia. Fa parte della storia del controllo del traffico aereo e di quella dell’Urbe. Nessuno meglio di lui poteva scrivere un libro simile.

Pur non avendo il brevetto volava spesso con qualcuno di noi piloti, come passeggero, ma un passeggero molto autorevole. Quando sorvolavamo il Tevere, noi piloti vedevamo il fiume. Lui vedeva invece i punti del fiume dove ammaravano gli idrovolanti quasi un secolo fa, i punti di attracco e gli scivoli dai quali gli idro scendevano in acqua o risalivano sulla terraferma anche a mezzo di una gru. Oggi non resta più nulla di tutto ciò, ma lui conosceva la storia e i documenti fotografici in suo possesso. Per questo i suoi occhi potevano vedere tanto più dei nostri. Ne ebbi la conferma quando, un giorno in una escursione sull’argine, ritrovammo i resti della gru sepolti sotto la vegetazione.

Nel libro ha inserito una mole di documenti notevole, moltissimi inediti e quindi interessantissimi.

Ha narrato aneddoti inediti e documentati, molti dei quali sarebbero andati perduti per sempre, se non li avesse condivisi con noi.

Per inciso, è stato grazie a questo libro che ho scoperto un fatto straordinario: l’aeroporto dell’Urbe è stato intitolato (per un certo periodo) a Cesare Carra. Così, anche stimolato dal libro dell’amico Stinellis, e dopo ulteriori ricerche, ho potuto scrivere la biografia di questo pilota, vero pioniere dell’idroaviazione.



Recensione a cura di Evandro Detti

Didascalie delle foto a cura della Redazione


Il cane e l’arte del volo a vela

Il cane e l'arte del volo a vela - Maurizio Landi - Copertina

titolo: Il cane e l’arte del volo a vela

autore: Maurizio Landi

editore: Neftasia editore

anno di pubblicazione: 2008

ISBN versione cartacea: 978-8860380197





Un giornalista televisivo italiano, un cane meticcio dal muso lupoide e un vecchio aliante tedesco in legno e tela.

Sono fondamentalmente questi i protagonisti del romanzo di esordio di Maurizio Landi dal titolo: “Il cane e l’arte del volo a vela”. E sono dunque le vicende relative a questi tre soggetti, peraltro alquanto singolari, che, incrociandosi e sovrapponendosi, costituiscono il cuore del romanzo.

Il cane e l'arte del volo a vela - Maurizio Landi - Terza Copertina
Come nelle migliori tradizioni editoriali, anche la III di copertina del “Il cane e l’arte del vol a vela” contiene la foto dell’autore e delle brevi note biografiche

Il giornalista, di cui non è dato sapere il nome di battesimo, è il rampollo di una casata benestante che per generazioni ha vissuto nello stesso luogo e che, dalla coltivazione della terra, in particolare dalla spremitura delle olive, e poi dal classico emporio di paese, ha tratto la propria ricchezza.

E’ un pilota di alianti e di aeroplani, grande amante dei cani quanto del volo. Giunto alla soglia dei quarantanni e disgustato dall’esistenza vuota e artefatta della grande città, decide di tornare nel paese di origine dei nonni materni.

Ugo, il cane meticcio dalla notevole mole, è invece un randagio intelligente e astuto che le amorevoli cure del giornalista hanno riportato alla vita dopo che:

“[…] gli stenti e la calura dell’estate l’avevano ridotto ad un agglomerato di insetti […]”.

E’ un animale sornione benché vivace che ha instaurato con il padrone una perfetta simbiosi, un compagno di vita ideale, prodigo di slinguazzate e di affetto ma bisognoso anche di passeggiate quotidiane e di rincorse sfrenate.

Il D-4654 è infine un L55 Spatz (che si traduce letteralmente dal tedesco in un italianissimo: “Passero”), un aliante costruito nel 1957 (dunque ben più datato del giornalista) che era stato:

“[…] dimenticato in fondo all’hangar, con le ali smontate dalla fusoliera e ricoperto da decennali depositi di polvere […]”,

acquistato dal giornalista al prezzo simbolico di un semplice caffè in quanto bisognoso di riparazioni e di un restauro radicale.

Pilot Sabine Bergner
L’aliante Scheibe L-Spatz 55 in volo visto dal basso. Si noti la struttura lignea esaltata dall’intelaggio trasparente

Ecco allora che i tre protagonisti si ritrovano nell’ogliara (lo stanzone che per due secoli era stato utilizzato dalla casata come frantoio) in quella che sarà un lenta e faticosa opera di rinascita dell’aliante. E non solo. Sì, perché l’istante in cui la macchina volante tornerà finalmente a librarsi nel cielo sancirà definitivamente anche il ritorno del suo restauratore ad una sana vita, semplice, scandita dai cicli delle stagioni e dai ritmi del lavoro manuale.

Non è usuale vederlo privo della copertura in tela ma questo Spatz, momentaneamente conservato presso l’area  tìdel The Aeroseum, Gothenburg Save si mostra in tutte le sue splendide le sue forme così come l’azienda costruttrice Scheibe lo ha realizzò e così come apparirebbe a chi si volesse cimentarsi nel suo restauro. Che poi è proprio il l’invenzione narrativa su cui si basa il romanzo di Maurizio Landi  (foto proveniente da www.flickr.com)

In realtà, il vento di rinascita lambirà anche l’uliveto, l’ogliara, e la cascina del nonno del giornalista giacché l’astrologo (questo è il nomignolo che i paesani hanno affibbiato al giornalista, oggettivamente un po’ matto e un po’ sognatore) e il contadino con i baffi alla Stalin, decideranno di creare, proprio in quei locali, un museo della cultura contadina vivo e fruibile, ove i visitatori potranno soggiornare, raccogliere le olive, spremerle personalmente e portarsi a casa l’olio prodotto.

Il cane e l'arte del volo a vela - Maurizio Landi - Copertina
La copertina del romanzo che mostra un improbabile dalmata pilota. Improbabile perchè nel testo non si trova alcun riferimento a questa specifica razza canina e dunque non si comprende come mai il curatore della copertina abbia osato una soluzione così audace. E con l’avallo dell’autore, per giunta. 

Ovviamente il restauro del fantomatico aliante è solo un artificio narrativo che, come un metronomo, scandisce i tempi della narrazione. Il risultato è un romanzo dai ritmi lenti tipici della vita rurale e lontanissimi da quelli frenetici cui è abituato il protagonista. E sono proprio questi tempi a consentire all’autore una serie di considerazioni circa il mondo dell’informazione, il proprio lavoro di giornalista, il volo, la vita moderna con le sue nevrosi e contraddizioni, la vita in provincia, il ritorno alla terra.

Di certo l’operazione di restauro dell’aliante viene raccontata con una tale dovizia di particolari e proprietà di esecuzione che appare credibile che il buon Maurizio Landi l’abbia compiuta veramente o, quantomeno, abbia assistito ad una tale iniziativa.

Anche la spy-story che avvolge invece gli ultimi proprietari “volanti” dell’aliante appare del tutto verosimile e, se non lo fosse davvero, è un espediente narrativo che riesce a creare un clima di tensione tale da indurre il lettore a giungere quasi fino all’ultima pagina del romanzo anche se – occorre ricordarlo – non si tratta di un tipico romanzo giallo.

Scheibe L-Spatz 55
Con lo L-Spatz 55 si è riusciti a coprire una distanza di oltre 600 km in singolo volo

L’identificazione autore/protagonista è invece naturale e automatica già dalle primissime pagine giacché il Landi non si prende neanche la briga di attribuire un nome fittizio al suo personaggio principale. Egli, di fatto, non viene mai nominato nel libro. Stesso dicasi per alcuni personaggi secondari o la località ove si svolge tutto il romanzo: una mite località collinare italiana con il mare poco distante, seppure imbiancata di neve nel corso dell’inverno, che si trova a mezz’ora di automobile da una grande città. Insomma un modo per proteggere quanto di più caro l’autore ha e al contempo metterlo in primo piano.

Uno splendido Scheibe L-Spatz 55 con le marche austriache fa bella mostra di sè appeso al soffitto del Luftfahrtmuseum Laatzen-Hannover (foto proveniente da www.flickr.com)

Il tema si ripete anche per quanto riguarda i capitoli relativi ai voli compiuti dal protagonista a bordo dell’aliante biposto (per prepararsi al pilotaggio di un aliante vetusto come lo Spatz) e quello finale proprio con il redivivo Spatz. Tutto è estremamente verosimile perché l’autore ha raccontato nient’altro che le sue esperienze di pilota di volo a vela; eppure nessun cenno all’aeroporto, alle persone che lo animano: tutto appare sbiadito in un alone di mistero seppure vivido e verosimile.

Da qui la conferma, se ce ne fosse bisogno, che il romanzo di esordio di uno scrittore è sempre fortissimamente autobiografico.

Il cane e l'arte del volo a vela - Maurizio Landi - Seconda Copertina
La II di copertina con la breve sinossi del romanzo

Mario Landi è davvero un giornalista professionista e la sua confidenza con le parole, la facilità di costruzione di periodi elaborati seppure snelli lo confermano allo stesso modo delle sue buoni doti di restauratore o di pilota.

Certo è che scrivere un intero romanzo senza uno straccio di discorso diretto, con una voce narrante sempre e costantemente presente … beh, risulta una scelta audace e, in certe situazione, il lettore quasi sente la mancanza di un dialogo tra i personaggi, uno scambio di battute … e invece niente. Pazienza.

In verità le 148 pagine del romanzo, peraltro stampate con un carattere minuto e dunque fittissime di testo, filano lisce e, salvo qualche considerazione di natura filosofica, tranne qualche riflessione che ha necessità di un ritmo ancora più lento della narrazione, il libro si legge che è un vero piacere.

Purtroppo – occorre ammetterlo – pur non essendo un testo per soli “addetti ai lavori”, verrà apprezzato particolarmente dai piloti di alianti d’epoca e dai filantropi canini più che dal lettore generico in cerca di un’occasione di riflessione. Ma questo è un limite di tutti i testi di “nicchia” e a Maurizio Landi non possiamo farne una colpa.

Un ultima annotazione non può non riguardare la copertina del libro: indubbiamente pertinente, simpatica e accattivante … peccato che il cane dalmata con occhialoni da pilota della I guerra mondiale e sciarpa di seta rossa disegnato da Giovanni Nori, non corrisponda minimamente a Ugo, il co-protagonista del romanzo. Peccato davvero.



Recensione e didascalie a cura della Redazione


7 giorni tra le nuvole

7 giorni tra le nuvole - Giuseppe Santucci - Copertina

titolo: Sette giorni tra le nuvole

autore: Giuseppe Santucci

editore: CreateSpace Independent Publishing Platform

anno di pubblicazione:  2013

ISBN versione cartacea: 978-1492336471





Per chi non è un volovelista (così si chiamano i praticanti del volo effettuato a mezzo degli alianti), Rieti è semplicemente una provincia della regione Lazio, la più nordica e anche la più orientale del Lazio; forse a qualcuno è noto che Rieti costituisce l’ombelico d’Italia (essendo posizionata esattamente al centro del nostro paese) ma, di sicuro, solo i praticanti del volo a vela la ritengono una tappa obbligata nella lunga e variegata carriera di pilota di volo a vela.

7 giorni tra le nuvole - Giuseppe Santucci - Copertina
La copertina di “7 giorni tra le nuvole” che ritrae il classico schieramento dello “stage”, ossia: alianti uno dietro l’altro pronti al decollo durante i corsi di perfezionamento dei piloti di alianti provenienti da tutta Italia e non solo. Il cielo è quello di Rieti, ricco di cumuli e di energia, ideali per il volo a vela. E non sono i reatini a dirlo bensì i piloti stranieri di mezza Europa che a Rieti si ritrovano regolarmente a ogni estate. 

Oltre ad essere sede di una delle migliori scuole di volo a vela basico del nostro paese (l’AeroClub di Rieti, appunto), l’aeroporto di Rieti ospita anche un centro di specializzazione e di alta performance (l’AeroClub Centrale di Volo a Vela) che consente ai piloti appena brevettati (poco più che pollastri) di diventare degli ottimi piloti fino, addirittura, a piloti agonistici (vere e proprie aquile) attraverso la frequentazione di corsi intensivi della durata di una settimana.

Dunque non poteva avere titolo più esemplificativo questo godibilissimo romanzo che racconta proprio un’intensissima settimana di voli in aliante vissuta dal protagonista in quella che, senza ombra di dubbio, è considerata la Mecca tricolore del volo a vela.

Una settimana vissuta tutta in aeroporto, un’immersione totale nella dimensione cielo-volo, condivisa con gli altri piloti che, spalla a spalla (ma sarebbe meglio dire ala contro ala), solidarizzano e quasi sempre fraternizzano tra loro. Non fosse altro perché li accomuna un’unica intensa passione: il volo in aliante.

Beninteso, i lunghi voli saltando da un cumulo all’altro, sfiorando i crinali delle montagne e attraversando valli e vallette, rincorrendo la termo-onda, insperate convergenze o il cielo perfetto per coprire la distanza di 500 km, costituiscono una frazione corposa dei contenuti di questo libro dal formato squisitamente tascabile, tuttavia sono solo un abile pretesto dell’autore, attraverso il protagonista, per raccontarsi, per scrutare sé stesso, per ritrovarsi, per fare chiarezza circa i propri affetti, i propri sentimenti e da quelli ripartire … che poi è proprio un po’ come accade a piloti di aliante i quali, una volta esaurita un’ascendenza si lanciano di nuvola in nuvola, di costone in costone, fino alla meta finale.

Dunque il volo a vela come metafora della propria esistenza … perché volare in aliante richiede scelte continue, talvolta audaci, quasi sempre meditate, basate sull’osservazione del terreno e del cielo, dell’insolazione e del vento … proprio come nella vita, metaforicamente parlando.

7 giorni tra le nuvole - Giuseppe Santucci - Retro
La retrocopertina del volume: “7 giorni tra le nuvole” che riesce a malapena a contenere le semiali degli alianti presenti in copertina. Non è facile inquadrare una macchina volante con  minimo  15 metri di apertura alare perciò quello che non entra nella foto la lasciamo all’immaginazione del lettore

In definitiva un romanzo che parla di volo e di piloti di aliante ma che è anche un esercizio di profonda introspezione. Sicuramente meritevole di essere letto. Peccato che duri solo spazio di sette giorni … sì, ma fra le nuvole!



Recensione a cura della Redazione